Ci
svegliamo nella comodità dello sconfinato letto King size in cui due
personcine della taglia mia e di Lucetta potrebbero nuotare nel mare dei
sogni per tutta la notte senza mai incontrarsi... Comodo si, ma non fa
certo per noi.
A
colazione ci accomodiamo in un'ampia sala con delle grandi vetrate che
danno su splendidi laghetti separati qua e la da verdissimi campi da
golf e alberi secolari.
Siamo
ancora molto assonnati per via della serata precedente ma non abbiamo
molto tempo, entro le dieci dobbiamo restituire la nostra fedele
compagna di viaggio, l'auto che ci ha portato per millecinquecento
chilometri d'Irlanda.
Durante
il tragitto fino a Dublino abbiamo l’occasione di riascoltare i cd che
hanno fatto da colonna sonora al nostro viaggio: Amy MacDonald, i
Cramberries, gli U2, i B 52, un po’ di musica Celtica varia, Daniele
Silvestri, i Baustelle, i Dream Theatre, e gli immancabili Porcupine
Tree.
Purtroppo
al nostro arrivo la camera dell'hotel non è ancora pronta, così
lasciamo le valigie in custodia e ci dirigiamo verso il centro.
Il
traffico qui è molto più europeo ma come in ogni angolo d'Irlanda a
tutti gli attraversamento per terra c’è scritto di guardare a sinistra
prima e a destra poi.
Prima sinistra e poi destra. Mi piace.
Dublino è il posto più caotico che abbiamo incontrato finora ma paragonato a casa nostra è un paradiso di pace e tranquillità.
Passando
a fianco del vicinissimo St. Stephens Park, arriviamo a Grafton Street,
una strada pedonale di soli negozi e locali, una piccola Corso Vittorio
Emanuele.
Lungo la via ci sono diversi artisti di strada, la maggior parte dei quali musicisti. Tutti molto bravi.
Nel
pomeriggio dopo aver preso possesso della camera iniziamo la caccia ai
souvenir che dovranno essere pochissimi e soprattutto piccolissimi a
causa dello spazio quasi nullo che abbiamo in valigia.
Dopo
aver girato quasi tutti i negozi del centro ed un paio di centri
commerciali ci dirigiamo affamati come belve feroci verso il
caratteristico quartiere di Temple Bar.
Proprio
il primo giorno ci era stato sconsigliato da quel simpatico signore sul
pullman che dall'aeroporto ci ha portato a Dublino.
A noi però è piaciuto subito. Ad ogni angolo c’è un gruppo di ragazzi che suonano, tutti divinamente.
In
particolare ci colpiscono i "Busketeers", soprattutto per il violinista
pazzo in grado di suonare il suo strumento nelle posizioni più strane
come quando si mette il violino dietro la testa o l'archetto in mezzo
alle gambe e ci scorre sopra lo strumento come fosse una pialla. Il
tutto senza mai sbagliare una nota della loro musica a metà strada tra
il “Rithm’n’Blues” e la celtica. In poco tempo i Busketeers accentrano
l'attenzione dell'intero quartiere su di loro ma noi stiamo svenendo
dalla fame e a malincuore ci tocca salutarli per entrare in un pub
vicino dove suona un artista più tradizionale.
Dopo
un'ottima cena ritorniamo in strada e loro sono ancora li che suonano.
La folla però é così fitta che per due "giganti" come me e Lucetta è
quasi impossibile vederli.
Ormai
stanchi ci dirigiamo verso casa. Un appunto sulla camera: è grande,
anzi grandissima! Probabilmente cinquanta o sessanta metri quadri.
Purtroppo però non è il massimo della pulizia.
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