martedì 6 dicembre 2011

Belgio - Olanda - Belgio: secondo giorno / Bruxelles - Utrecht

E’ domenica mattina, stasera si giocherà la finale della coppa del mondo, ma noi siamo ancora in Belgio baciati dal sole. Partiamo subito dopo aver fatto un giro d’esplorazione in cerca di un Mc Donald in cui fare colazione ma l’unico che troviamo è assediato da una troupe che sta girando un film e non possiamo fare altro che fare finta di essere delle comparse ed andarcene a bocca asciutta.
In autostrada verso Utrecht piove. Il tragitto è lungo, circa 200 chilometri, ma la strada è pressoché vuota, del resto è domenica. Finalmente vediamo i famosi vecchi mulini a vento, ma solo da lontano e molto velocemente…
Arriviamo all'hotel sotto un piccolo diluvio. Il posto non è proprio in centro a Utrecht, ma a circa 5 chilometri, in compenso la camera è bella e molto grande, come il bagno. Ci sarebbe pure la piscina ma non avremo nemmeno il tempo di usarla.
Prima di affittare un paio di biciclette proviamo ad andare in città in auto per valutarne la distanza.
Tutto ok, si può fare.
Con le bici arriviamo a Utrecht in 15 minuti e iniziamo subito ad esplorare le piste ciclabili, una dopo l'altra.
Innamorati della viabilità quasi completamente a due ruote, ci perdiamo nella splendida cittadina e attorno ai pochi e piccoli canali che la percorrono.
In tutto questo girare però non possiamo fare a meno di notare che quasi tutte le persone che incontriamo indossano una maglia o almeno qualcosa di arancione. Stasera c’è la finale.
Non appena troviamo una bancarella compro subito una maglietta dell'Olanda. L’idea sarebbe quella di confonderci tra la folla per tutta la sera facendo finta di essere olandesi talmente ubriachi che non riescono più a mettere assieme una parola comprensibile.
Capiamo subito che non siamo gli unici ad aver avuto la stessa idea perché in giro c’è sempre più gente bizzarra e strana, chiaramente alterata fisicamente e mentalmente. Loro però sono veramente olandesi. Ce la possiamo fare.
Man mano che si avvicina l’ora della partita ci rendiamo conto che l’intera popolazione è vestita con qualcosa di arancione. All'ora di cena troviamo un posticino tranquillo dove mangiare e guardare la partita. Sempre travestiti da olandesi, ci mettiamo a fare il tifo assieme ad un centinaio di tifosi scatenati. Ad ogni azione, cartellino giallo inferto agli spagnoli o perfino una rimessa laterale guadagnata scoppia una festa da tifo. Il nostro camuffamento è talmente perfetto che a fine primo tempo siamo ci siamo talmente immedesimati da sentirci molto nervosi per l'andamento della gara. Senza rendercene conto abbiamo anche imparato a dire qualche parolaccia in olandese.

Alla fine secondo tempo, con il risultato ancora in pareggio, spiccicheremo qualche parola in olandese come:

scheidsrechter de tag!
Arbitro, il cartellino!

Alla fine del primo supplementare abbiamo imparato a cantare l'inno olandese e a dire alcune frasi molto utili per la nostra sopravvivenza:

was strikt!
Era rigore!

Referee're een Spaanse inquisiteur!
L'arbitro è un inquisitore spagnolo!

Dat vlag Zet hem in de kont

Quella bandierina mettitela nel…

verso la fine della partita parleremo fluentemente di alcuni argomenti filosofico calcistici:

Hoe kan een speler van dit kaliber, die is mede Robben twee doelstellingen zijn niet verkeerd, ik zeggen, maar twee doelpunten in de WK-finale? Het is zo waar dat het voetbal niet altijd de sterkste winnen?
Come può un giocatore di co tal levatura quale è Robben aver sbagliato due gol, dico, ben due gol, in una finale di coppa del mondo? E’ dunque vero che nel calcio non sempre vince il più forte?

Abbiamo perso.
Cioè, l'Olanda ha perso.
Ma ormai è come se avesse perso la nostra squadra.


Prima che il popolo dei paesi bassi possa iniziare a sfogare la sua rabbia su lampioni, sedie, auto e soprattutto turisti italiani, ce ne torniamo a casa.
Senza rendercene conto la notte è scesa sulla città. Eppure fino alle dieci e mezza passate c'era ancora molta luce.
Non abbiamo tempo da perdere, c'è buio. Seguendo a naso la strada per tornare a casa ci ritroviamo nel parco che avevamo attraversato alla periferia della città, ma c'è un imprevisto: la strada ciclabile è stata chiusa. Davanti a noi un gruppo di olandesi volanti, con le biciclette sono velocissimi, evita in modo convinto la deviazione e fila sparata su una strada alternativa. Io cerco di stargli dietro, ma Lucetta, che ha una bici più piccola, non riesce a mantenere il passo.
In un attimo perdiamo il gruppo dei fuggitivi.
Lucetta, che si fidava di me per trovare la strada giusta, comincia a sospettare qualcosa.
Per tranquillizzarla mi fermo a chiedere indicazioni. Le seguiamo fino a un certo punto in cui non si capisce più dove dobbiamo andare.
Chiediamo nuovamente indicazioni, ce le danno, facciamo altri dieci minuti e poi ci ritroviamo in mezzo ad un università.
Troviamo allora un ragazzo che, mosso a compassione, ci guida in una stradina buia di campagna che costeggia l'autostrada.

Anche Lucetta ormai si è resa conto che brancoliamo, letteralmente, nel buio.
Il ragazzo olandese ci conduce fino ad un bivio in mezzo ad un parco in aperta campagna. Ci lascia su una strada completamente priva di luci dicendo: se andate a destra avete altri 15 minuti di strada, se andate a sinistra o siete arrivati o vi siete persi. Optiamo per la sinistra, come sempre...
Dietro di me sento Lucetta che prega ed invoca qualche spirito perché venga a proteggerci ed indicarci la strada giusta.
Attraversiamo il ponte sopra l'autostrada e finiamo per trovarci davanti ad un paio di case sperdute che hanno un'aria piuttosto sinistra, sembrano uscite da quel film horror: il massacro del Texas.
Lucetta ha una crisi isterica e prima vuole tornare indietro, poi pensa al ponte buio e decide di tirare dritto.
Poco più avanti vediamo un'altra casa con luci e TV accese. Proviamo a citofonare sperando che non esca qualche serial killer. Sembra non ci sia nessuno.
È mezzanotte passata.
Andiamo più avanti dove nel buio più totale si intravede una strada. Troviamo un'altra casa in cui vediamo gente ancora sveglia. Cerco di convincere Lucetta che dobbiamo chiedere informazioni a questa casa ma lei non vuole tornare nel buio.
Mi butto allora letteralmente in casa di questa famiglia olandese apparendo come un profugo.
Non appena capiscono che ci siamo persi e dove siamo diretti ci dicono molto gentilmente che se seguiamo la strada li davanti saremo quasi arrivati.
Riprendiamo la strada e in lontananza vedo il semaforo che cercavamo. Purtroppo non è ancora finita: scopro di aver bucato. Per fare l'ultimo chilometro invece di 5 minuti che ci volevano ci metteremo 20 minuti.
Stremati, ma contenti di essere vivi, arriveremo in camera verso l'una...

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