Lasciamo
Arequipa e il suo traffico verso le otto di mattina, oggi ci aspetta
uno dei punti più alti della vacanza, il passo Patapampa a 4900
metri.
Iniziamo
a salire con calma sulla strada che porta in alto, sempre più in
alto, dove nessun Baraonda è mai giunto prima.
Passiamo
dai 2300 della partenza ai 3000, poi 3300, 3700. Giriamo attorno ai
vulcani Misti e Chachani per ritrovarci su un immenso altipiano dove
spuntano i primi alpaca e vigogne allo stato brado. Ci fermiamo a
fare alcune fotografie e nonostante l'altitudine non sento più il
leggero soroche di ieri, solo un fiato un po' corto. Perseguiamo e
l'altezza aumenta. A 4000 ci fermiamo a fare foto ad una signora con
la figlia ed il loro Alpaca di nome Blanca. Ora inizio a sentire la
testa un po' nel pallone e faccio più fatica a respirare. Cassandra
invece non ha problemi.
Continuiamo
a salire finché arriviamo al Patapampa, 4910 metri.
La
testa gira, me la sento un pallone leggero leggero e anche pochi
passi sono faticosi. Il panorama in compenso è molto bello: si vede
il vulcano Ampato che dalla cima fuma le uniche nuvole bianche
presenti in quella porzione di cielo. Placide e leggere sembrano
identiche alle altre nuvole a cui si stanno unendo. Che siano nate
anche loro dal vulcano?
Scendiamo
dopo pochi minuti e arriviamo alla valle del Colca, a Chivay, un
piccolo centro urbano molto caratteristico con strade per la maggior
parte non ancora asfaltate e persone dal viso simpatico e
innegabilmente andino.
In
paese non c'è molto da vedere, anche girando un pochino l'unica cosa
che si può fare bene è perdersi nelle piccolissime vie battute
quasi esclusivamente da moto taxi con i simboli dei gettonati batman,
naruto o altri eroi.
La
valle è famosa per i suoi trekking nei canyon del Colca o del
Cotohausi, conosciuti come i più profondi del mondo, sono perfino il
doppio del gran canyon.
Purtroppo
non abbiamo tutto il tempo necessario per acclimatarci abbastanza e
così quasi tutti ce ne andiamo alle terme. Sulla riva del fiume che
ha scavato il canyon del Colca, c'è una sorgente solforosa di cento
gradi che, scorrendo in varie vasche a diverse temperature, si
raffredda quel tanto che basta per permetterci di fare il bagno.
Ci
buttiamo subito nella vasca a media temperatura, anche perché fuori
soffia un bel vento fresco. Poi passiamo alla vasca più calda dove
rimaniamo fin quasi a cottura raggiunta. Come i romani insegnavano si
dovrebbe cominciare dalla calda, passare alla tiepida e poi finire
con la fredda. I romani però sono estinti e io preferisco cuocermi a
puntino.
Rientriamo
in hotel dove ci aspetta una camera ghiacciata e la sveglia per
domani mattina è fissata alle 4:45.
Cena
veloce con filetto di muscolo di grano e a letto a gelarsi i piedi e
combattere con delle coperte così pesanti che si fa fatica perfino a
sollevarle.
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