E’ ora.
L’aereo ha finito di rullare sulla pista e sta iniziando l’accelerazione.
In un attimo rimaniamo appiccicati ai sedili con la famigliare sensazione di ascesa.
Con un sorriso mi volto verso Lucetta, ma lei non c’è più.
Al suo posto vedo una ragazza terrorizzata che cerca di aggrapparsi al mio braccio come fosse una manopola d’emergenza per fermare l’aereo e farla scendere.
Inizia così il viaggio di Gino e Lucetta diretti all’esplorazione dell’Irlanda.
A mezz’ora dal decollo Lucetta non accenna a tranquillizzarsi, anzi sembra peggiorare ancora di più. Per calmarla mi viene in mente una sola cosa: stordirla con qualche sostanza stupefacente. Il problema è che siamo a 10000 metri di quota e trovare qualcosa non è facile…
Ordino una bottiglietta di Chardonnay con ghiaccio e prontamente lo somministro alla mia paziente che in pochi minuti dimostra di rispondere positivamente alla cura.
Quando atterriamo Lucetta è ancora leggermente scossa ma felice di avere toccato terra.
L’aereo ha finito di rullare sulla pista e sta iniziando l’accelerazione.
In un attimo rimaniamo appiccicati ai sedili con la famigliare sensazione di ascesa.
Con un sorriso mi volto verso Lucetta, ma lei non c’è più.
Al suo posto vedo una ragazza terrorizzata che cerca di aggrapparsi al mio braccio come fosse una manopola d’emergenza per fermare l’aereo e farla scendere.
Inizia così il viaggio di Gino e Lucetta diretti all’esplorazione dell’Irlanda.
A mezz’ora dal decollo Lucetta non accenna a tranquillizzarsi, anzi sembra peggiorare ancora di più. Per calmarla mi viene in mente una sola cosa: stordirla con qualche sostanza stupefacente. Il problema è che siamo a 10000 metri di quota e trovare qualcosa non è facile…
Ordino una bottiglietta di Chardonnay con ghiaccio e prontamente lo somministro alla mia paziente che in pochi minuti dimostra di rispondere positivamente alla cura.
Quando atterriamo Lucetta è ancora leggermente scossa ma felice di avere toccato terra.
In aeroporto fa già freschino e siamo costretti ad infilare sia la felpa che il giubbino.
Dopo aver recuperato i bagagli io e Lucetta ci dirigiamo all’uscita e chiediamo a due irlandesi informazioni sul pullman che va in centro a Dublino. Gentilissimi rispondono prontamente ma…
Scusa?
What?
Can you repeat?
...
Non ho capito quasi niente.
Interpretando i gesti, linguaggio universale, vedo che mi indicano un pullman posteggiato poco più in la e ringraziandoli ci dirigiamo in quella direzione.
Guardo Lucetta in cerca di conferme. Anche lei parla inglese.
Dall’espressione che ha dipinta sul volto però non mi sembra che abbia capito molte più parole di me. Ed infatti mi chiede cos’hanno detto. Rispondo “Non lo so…”
Al pullman chiedo se il mezzo indicatoci va in centro a Dublino. La ragazza dei biglietti non capisce. Mi viene il dubbio. Non è che per caso siamo finiti in Olanda?!?
Taglio la testa al toro e le mostro l’indirizzo del nostro Hotel di Dublino.
Finalmente capisce e mi da una cartina della città spiegandomi la strada per bene e indicandomi di salire sul pullman li a fianco.
Eseguo l’ordine prontamente e vedo che Lucetta non ha capito bene cosa ci siamo detti.
-Gino? Cosa ti ha detto?
-Mi ha spiegato la strada – dico io omettendo che non ho capito niente della spiegazione.
-Dove dobbiamo scendere?
-Dobbiamo chiedere all’autista.
L’autobus parte ed in dieci minuti ci troviamo immersi nell’atmosfera anglosassone dell’architettura irlandese. Le case vittoriane, i pub, le villette coi mattoni a vista e poi la guida a sinistra.
Con terrore mi accorgo che dall’alto del mio sedile riesco a vedere i volanti spostati a destra.
Una cosa alla volta, a questo penseremo domani, ora dobbiamo trovare la nostra fermata.
Lucetta è più pronta di me, oppure ha capito che io sto annaspando nel buio, e chiede informazioni ad un signore seduto vicino a noi. L’uomo, un irlandese molto gentile ci dice che è ancora presto e che ci vorranno ancora una ventina di minuti.
Durante il tragitto, una volta entrati nel centro di Dublino, l’irlandese ci fa da cicerone indicandoci le varie zone turistiche della città.
Forse ha capito che siamo stranieri, forse il nostro orecchio si stava sintonizzando meglio sulla frequenza irlandese, fatto sta che più ci parliamo e più riusciamo a comprendere le sue parole.
Quando scendiamo dal pullman però l’autista che ci da indicazioni distrugge questa ultima tesi. In un linguaggio incomprensibile ci indica la strada dell’Hotel. Dopo la terza ripetizione, anche a rallentatore, sia io che Lucetta facciamo finta di aver capito e lo salutiamo. Per fortuna
abbiamo la cartina di Dublino…
In poco tempo, e per fortuna senza piogga, arriviamo all’Hotel.
Domani inizierà il nostro viaggio d’esplorazione dell’Irlanda. Prima di addormentarmi non posso fare a meno di pensare che in tutti questi anni di scuola e corsi d’inglese potrebbero non essermi serviti a niente…
Possibile che sia stato tutto tempo sprecato?
Dopo aver recuperato i bagagli io e Lucetta ci dirigiamo all’uscita e chiediamo a due irlandesi informazioni sul pullman che va in centro a Dublino. Gentilissimi rispondono prontamente ma…
Scusa?
What?
Can you repeat?
...
Non ho capito quasi niente.
Interpretando i gesti, linguaggio universale, vedo che mi indicano un pullman posteggiato poco più in la e ringraziandoli ci dirigiamo in quella direzione.
Guardo Lucetta in cerca di conferme. Anche lei parla inglese.
Dall’espressione che ha dipinta sul volto però non mi sembra che abbia capito molte più parole di me. Ed infatti mi chiede cos’hanno detto. Rispondo “Non lo so…”
Al pullman chiedo se il mezzo indicatoci va in centro a Dublino. La ragazza dei biglietti non capisce. Mi viene il dubbio. Non è che per caso siamo finiti in Olanda?!?
Taglio la testa al toro e le mostro l’indirizzo del nostro Hotel di Dublino.
Finalmente capisce e mi da una cartina della città spiegandomi la strada per bene e indicandomi di salire sul pullman li a fianco.
Eseguo l’ordine prontamente e vedo che Lucetta non ha capito bene cosa ci siamo detti.
-Gino? Cosa ti ha detto?
-Mi ha spiegato la strada – dico io omettendo che non ho capito niente della spiegazione.
-Dove dobbiamo scendere?
-Dobbiamo chiedere all’autista.
L’autobus parte ed in dieci minuti ci troviamo immersi nell’atmosfera anglosassone dell’architettura irlandese. Le case vittoriane, i pub, le villette coi mattoni a vista e poi la guida a sinistra.
Con terrore mi accorgo che dall’alto del mio sedile riesco a vedere i volanti spostati a destra.
Una cosa alla volta, a questo penseremo domani, ora dobbiamo trovare la nostra fermata.
Lucetta è più pronta di me, oppure ha capito che io sto annaspando nel buio, e chiede informazioni ad un signore seduto vicino a noi. L’uomo, un irlandese molto gentile ci dice che è ancora presto e che ci vorranno ancora una ventina di minuti.
Durante il tragitto, una volta entrati nel centro di Dublino, l’irlandese ci fa da cicerone indicandoci le varie zone turistiche della città.
Forse ha capito che siamo stranieri, forse il nostro orecchio si stava sintonizzando meglio sulla frequenza irlandese, fatto sta che più ci parliamo e più riusciamo a comprendere le sue parole.
Quando scendiamo dal pullman però l’autista che ci da indicazioni distrugge questa ultima tesi. In un linguaggio incomprensibile ci indica la strada dell’Hotel. Dopo la terza ripetizione, anche a rallentatore, sia io che Lucetta facciamo finta di aver capito e lo salutiamo. Per fortuna
abbiamo la cartina di Dublino…
In poco tempo, e per fortuna senza piogga, arriviamo all’Hotel.
Domani inizierà il nostro viaggio d’esplorazione dell’Irlanda. Prima di addormentarmi non posso fare a meno di pensare che in tutti questi anni di scuola e corsi d’inglese potrebbero non essermi serviti a niente…
Possibile che sia stato tutto tempo sprecato?
Nessun commento:
Posta un commento