È
domenica a La Paz e noi abbiamo prenotato le biciclette per scendere
sulla strada più pericolosa del mondo, La carretera de la muerte.
Anche
se ci svegliamo alle 6 i tempi sono molto ristretti perché alla sera
dovremo partire per Uyuni.
Ci
vengono a prendere un po' in ritardo ma siamo ancora dentro coi
tempi. Alla prova casco tutti optano per quello aperto mentre io e
Andrea il Sultano scegliamo quello integrale. Cassandra non se la
sente, dice che se scendesse anche lei si aprirebbe una voragine che
ci inghiottirebbe tutti, quindi si sacrifica per noi rimanendo nel
pulmino che ci accompagna.
Attraversiamo
una delle parti più brutte, dal punto di vista estetico, della città
e dopo nemmeno un'ora siamo alla Cumbre, il punto più alto e di
partenza della nostra "biciclettata". Prima facciamo
colazione, poi iniziamo a vestirci con gambali per proteggere gli
stinchi, poi pantaloni, giacca, gilet catarifrangente, gomitiere,
guanti e infine il casco. Fa freschino e in discesa farà molto
freddo. Prendiamo le bici e ci buttiamo in discesa a tutta velocità
per i primi chilometri che saranno sull'asfalto.
Mi
metto tra gli ultimi e ci rimango, un po' perché sono il più
leggero, un po' perché la mia mountain bike non mi sembra
stabilissima, inoltre devo prendere un po' di confidenza.
Alla
prima fermata sulla valle l'accompagnatore ci mostra un burrone in
fondo al quale ci sono due macchine distrutte e arrugginite.
Nonostante siamo sul tratto nuovo della carretera de la muerte ci si
verificano ancora degli incidenti a causa della stanchezza, questa
infatti fa parte di una lunghissima e unica strada che va dal Cile
fino all'Amazzonia.
Riprendiamo
le biciclette ma la mia non c'è più, probabilmente qualcuno l'ha
scambiata involontariamente. Raccolgo quella rimasta libera ma con
questa la discesa è ancora più instabile di prima. Comincio a
pensare che lo scambio non sia stato così accidentale. Rimango
indietro e anzi finisco ultimo nella discesa venendo distanziato di
almeno un chilometro dalla testa, forse più. Quando comincio a
riprendere confidenza c'è un altro stop per caricare le bici sul
furgone e fare un pezzettino senza pedalare. Ci portano all'imbocco
della vecchia carretera, quella non asfaltata e molto più stretta
della precedente. Qui la strada è nebbiosa, siamo nella parte finale
della foresta amazzonica. Prima di partire le guide ci avvisano che
durante il percorso ci saranno due controlli dove ci chiederanno 25
boliviani a testa. È una cosa di cui non sapevamo nulla, l'agenzia
non ce ne aveva parlato, inoltre non tutti hanno dei boliviani con
sè, io sono tra questi. Dobbiamo fare una colletta e a malapena
arriviamo alla cifra necessaria.
Riprendo
la bici, che stavolta nessuno mi ruba e si riparte al trotto. Al
contrario dell'asfalto ora il mio mezzo risponde molto meglio, sullo
sterrato riesco a tenere tranquillamente il passo dei più veloci. La
foresta che attraversiamo è incredibile tanto è lussureggiante e
rigogliosa: ci sono piante e fiori di forme e colori che non avevo
mai visto prima, mentre delle specie che più o meno conoscevo ci
sono esemplari grandissimi.
Proseguiamo
la discesa tra soste per foto e corse sempre più convinte,
attraversando un ambiente così diverso dal nostro che è
impossibile non divertirsi. Purtroppo a metà del percorso veniamo a
sapere che Teobaldo, 75 anni suonati, è caduto. Si è fatto un po'
male al naso e al gomito ma dopo una pronta medicazione ha voluto
risalire in bici e riprovare. Un vero guerriero.
Alla
pausa merenda mi accorgo che la mia bici ha problemi alla catena.
Finché sono in discesa tutto bene, ma se per caso incontro dei
tratti in cui devo pedalare, per fortuna pochissimi, allora devo
scendere e metterci le mani.
Stiamo
scendendo in fretta di quota, partiti da oltre 4000 metri siamo già
a 2500 e il caldo ora si sente. Non sono l'unico a togliere le parti
superflue dell'equipaggiamento e rimanere solo con maglietta e
protezioni, ma anche così la temperatura si fa sentire.
La
guida ci avvisa che nel prossimo tratto potremo dare libero sfogo
alla nostra guida spericolata, dopodiché dovremo pedalare un po'.
Eccitati dalla prospettiva partiamo tutti assieme ma ben presto la
velocità seleziona il gruppo e io mi ritrovo a cercare di stare
dietro alla guida e Matteo che volano sempre più lontani.
E'
davvero veloce come tratto, tanto che in certe curve ci sono
traiettorie obbligate, una in particolare mi porta sulla strada di un
grosso masso, piazzato proprio in mezzo alla strada. Lo vedo da
lontano e quando capisco che non potrò evitarlo già mi vedo volare
senza bicicletta sullo sterrato. Stringo il manubrio e lo punto con
decisione, scommetto che si sposta prima lui.
Colpito
il masso in pieno, invece di farmi ribaltare viene spostato di lato e
io mi ritrovo a dover mantenere l'equilibrio per non cadere. Per
fortuna riesco a tenere la strada e continuo la corsa, ma subito dopo
inizia la salita.
Il
colpo appena preso ha fatto nuovamente cadere la catena, così scendo
imprecando a Pacha Rat e mi metto al lavoro per aggiustare la bici.
Riparto
solo con la marcia più pesante, non proprio comoda per la salita, e
per la prima volta dall'inizio della discesa inizio a sudare per il
caldo e la fatica.
Dopo
dieci minuti arrivo stremato al successivo punto di incontro dove
trovo gli altri ciclisti ad aspettarmi.
E'
l'ultima sosta, ci manca veramente poco per concludere il giro.
Scendiamo e in dieci minuti di gita tranquilla siamo all'ultimo
strappo: un corridoio stretto e ripido dove si corre, ma si rischia
anche parecchio, le pareti della montagna si avvicinano molto
pericolosamente a noi e così riduco la velocità, per non ridurmi
male.
Finisce
così la corsa sulla carrettera de la muerte, con un'ultima scarica
di adrenalina che si esaurisce con il segno finale dei pneumatici
lasciato sull'asfalto, limite finale della pista.
A
pranzo veniamo portati in un ristorante nascosto nella selva a fondo
valle. Il pranzo a buffet non è male, va bene per riempirsi la
pancia e non sentire fame. Di buono c'è la possibilità di farsi il
bagno in piscina, per chi non teme le rigide temperature, e la doccia
calda che ci toglie la polvere di dosso. E' un posto carino, immerso
in un giardino di piante tropicali della foresta amazzonica,
occasione per vedere specie di fiori del tutto sconosciute.
Dopo
un breve riposo stiamo per partire alla volta di La Paz quando il
prode Teobaldo si accorge per caso di avere un'ulteriore ferita
causata dalla caduta di questa mattina. Le guide sono preparate e lo
medicano in pochi minuti, così si riprende la strada verso la
stazione dei pullman, dove ci aspetta la prima nottata di viaggio sul
pullman notturno.
Ora
inizia la parte più dura del viaggio, quella nei Salar de Uyuni.
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