sabato 16 luglio 2016

Undicesimo giorno - La Paz - La carretera de la muerte - viaggio in pullman notturno


È domenica a La Paz e noi abbiamo prenotato le biciclette per scendere sulla strada più pericolosa del mondo, La carretera de la muerte.
Anche se ci svegliamo alle 6 i tempi sono molto ristretti perché alla sera dovremo partire per Uyuni.
Ci vengono a prendere un po' in ritardo ma siamo ancora dentro coi tempi. Alla prova casco tutti optano per quello aperto mentre io e Andrea il Sultano scegliamo quello integrale. Cassandra non se la sente, dice che se scendesse anche lei si aprirebbe una voragine che ci inghiottirebbe tutti, quindi si sacrifica per noi rimanendo nel pulmino che ci accompagna.

Attraversiamo una delle parti più brutte, dal punto di vista estetico, della città e dopo nemmeno un'ora siamo alla Cumbre, il punto più alto e di partenza della nostra "biciclettata". Prima facciamo colazione, poi iniziamo a vestirci con gambali per proteggere gli stinchi, poi pantaloni, giacca, gilet catarifrangente, gomitiere, guanti e infine il casco. Fa freschino e in discesa farà molto freddo. Prendiamo le bici e ci buttiamo in discesa a tutta velocità per i primi chilometri che saranno sull'asfalto.
Mi metto tra gli ultimi e ci rimango, un po' perché sono il più leggero, un po' perché la mia mountain bike non mi sembra stabilissima, inoltre devo prendere un po' di confidenza.
Alla prima fermata sulla valle l'accompagnatore ci mostra un burrone in fondo al quale ci sono due macchine distrutte e arrugginite. Nonostante siamo sul tratto nuovo della carretera de la muerte ci si verificano ancora degli incidenti a causa della stanchezza, questa infatti fa parte di una lunghissima e unica strada che va dal Cile fino all'Amazzonia. 
 
Riprendiamo le biciclette ma la mia non c'è più, probabilmente qualcuno l'ha scambiata involontariamente. Raccolgo quella rimasta libera ma con questa la discesa è ancora più instabile di prima. Comincio a pensare che lo scambio non sia stato così accidentale. Rimango indietro e anzi finisco ultimo nella discesa venendo distanziato di almeno un chilometro dalla testa, forse più. Quando comincio a riprendere confidenza c'è un altro stop per caricare le bici sul furgone e fare un pezzettino senza pedalare. Ci portano all'imbocco della vecchia carretera, quella non asfaltata e molto più stretta della precedente. Qui la strada è nebbiosa, siamo nella parte finale della foresta amazzonica. Prima di partire le guide ci avvisano che durante il percorso ci saranno due controlli dove ci chiederanno 25 boliviani a testa. È una cosa di cui non sapevamo nulla, l'agenzia non ce ne aveva parlato, inoltre non tutti hanno dei boliviani con sè, io sono tra questi. Dobbiamo fare una colletta e a malapena arriviamo alla cifra necessaria.
Riprendo la bici, che stavolta nessuno mi ruba e si riparte al trotto. Al contrario dell'asfalto ora il mio mezzo risponde molto meglio, sullo sterrato riesco a tenere tranquillamente il passo dei più veloci. La foresta che attraversiamo è incredibile tanto è lussureggiante e rigogliosa: ci sono piante e fiori di forme e colori che non avevo mai visto prima, mentre delle specie che più o meno conoscevo ci sono esemplari grandissimi.


Proseguiamo la discesa tra soste per foto e corse sempre più convinte, attraversando un ambiente così diverso dal nostro che è impossibile non divertirsi. Purtroppo a metà del percorso veniamo a sapere che Teobaldo, 75 anni suonati, è caduto. Si è fatto un po' male al naso e al gomito ma dopo una pronta medicazione ha voluto risalire in bici e riprovare. Un vero guerriero.
Alla pausa merenda mi accorgo che la mia bici ha problemi alla catena. Finché sono in discesa tutto bene, ma se per caso incontro dei tratti in cui devo pedalare, per fortuna pochissimi, allora devo scendere e metterci le mani.
Stiamo scendendo in fretta di quota, partiti da oltre 4000 metri siamo già a 2500 e il caldo ora si sente. Non sono l'unico a togliere le parti superflue dell'equipaggiamento e rimanere solo con maglietta e protezioni, ma anche così la temperatura si fa sentire.
La guida ci avvisa che nel prossimo tratto potremo dare libero sfogo alla nostra guida spericolata, dopodiché dovremo pedalare un po'. Eccitati dalla prospettiva partiamo tutti assieme ma ben presto la velocità seleziona il gruppo e io mi ritrovo a cercare di stare dietro alla guida e Matteo che volano sempre più lontani.
E' davvero veloce come tratto, tanto che in certe curve ci sono traiettorie obbligate, una in particolare mi porta sulla strada di un grosso masso, piazzato proprio in mezzo alla strada. Lo vedo da lontano e quando capisco che non potrò evitarlo già mi vedo volare senza bicicletta sullo sterrato. Stringo il manubrio e lo punto con decisione, scommetto che si sposta prima lui.
Colpito il masso in pieno, invece di farmi ribaltare viene spostato di lato e io mi ritrovo a dover mantenere l'equilibrio per non cadere. Per fortuna riesco a tenere la strada e continuo la corsa, ma subito dopo inizia la salita.
Il colpo appena preso ha fatto nuovamente cadere la catena, così scendo imprecando a Pacha Rat e mi metto al lavoro per aggiustare la bici.
Riparto solo con la marcia più pesante, non proprio comoda per la salita, e per la prima volta dall'inizio della discesa inizio a sudare per il caldo e la fatica.
Dopo dieci minuti arrivo stremato al successivo punto di incontro dove trovo gli altri ciclisti ad aspettarmi.


E' l'ultima sosta, ci manca veramente poco per concludere il giro. Scendiamo e in dieci minuti di gita tranquilla siamo all'ultimo strappo: un corridoio stretto e ripido dove si corre, ma si rischia anche parecchio, le pareti della montagna si avvicinano molto pericolosamente a noi e così riduco la velocità, per non ridurmi male.
Finisce così la corsa sulla carrettera de la muerte, con un'ultima scarica di adrenalina che si esaurisce con il segno finale dei pneumatici lasciato sull'asfalto, limite finale della pista.
A pranzo veniamo portati in un ristorante nascosto nella selva a fondo valle. Il pranzo a buffet non è male, va bene per riempirsi la pancia e non sentire fame. Di buono c'è la possibilità di farsi il bagno in piscina, per chi non teme le rigide temperature, e la doccia calda che ci toglie la polvere di dosso. E' un posto carino, immerso in un giardino di piante tropicali della foresta amazzonica, occasione per vedere specie di fiori del tutto sconosciute.
Dopo un breve riposo stiamo per partire alla volta di La Paz quando il prode Teobaldo si accorge per caso di avere un'ulteriore ferita causata dalla caduta di questa mattina. Le guide sono preparate e lo medicano in pochi minuti, così si riprende la strada verso la stazione dei pullman, dove ci aspetta la prima nottata di viaggio sul pullman notturno.
Ora inizia la parte più dura del viaggio, quella nei Salar de Uyuni.

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