lunedì 18 luglio 2016

Tredicesimo giorno - lagune coi fenicotteri - pranzo con le Viscacha - laguna colorada - foresta di pietra - ostello ghiacciato


La notte nell'hotel di sale è andata via liscia senza problemi, non ha fatto freddo e poco prima dell'alba avevamo già fatto tutti colazione, giusto in tempo per vedere sorgere il sole sulle montagne che circondano il mare di sale, poi dopo che tutto il cielo ha iniziato a splendere ci siamo diretti verso l'interno della Bolivia.
Il sole sale in fretta da queste parti e quando ci fermiamo per la prima tappa sembra quasi che sia mattina da diverse ore.
A riconferma che tutta la zona un tempo era ricoperta da un mare, scendiamo in mezzo all'esercito di corallo, un grande campo di formazioni sparse in ogni direzione.

Perlustriamo i fossili in cerca delle forme più strane, poi vedo per terra molte buche. Quando risaliamo in auto ci raccontano a cosa erano dovute ed inizio a sudare freddo. Serpenti corallo. Ci sono anche gli armadilli eh, ma sinceramente potevano dirci prima che stavamo gironzolando sopra le possibili tane di uno dei serpenti più velenosi del mondo.
Continuiamo il viaggio in mezzo a questi incredibili deserti e stavolta facciamo un incontro fortuito, ma gradito. Un paio di condor ci sorvolano come a darci il benvenuto nelle lande boliviane. Stavolta non abbiamo nemmeno dovuto aspettare due ore per vederli.
La prima vera tappa però è la laguna dei fenicotteri.


Nonostante il vento gelido che prima intirizzisce e poi ghiaccia le mani, ci avviciniamo tutti alla laguna colma di fenicotteri rosa. Se ne stanno li a mangiare e pavoneggiarsi, sperando forse di affascinare la compagna per la vita che sta là, da qualche parte in mezzo alla laguna.
E' uno spettacolo emozionante trovarsi al cospetto di animali così eleganti, del tutto tranquilli e a proprio agio con noi che li osserviamo, almeno finché non arriva un altro gruppo di ragazzi molto chiassosi che li fa spostare verso il centro della laguna. Tacci loro.
Rimaniamo appostati in osservazione per un po', finché qualche temerario torna a cibarsi dei molluschi che stanno vicino alla riva, poi ce ne dobbiamo andare. A dire il vero le guide ci convincono solo con la promessa che li vedremo ancora, nelle altre lagune.
E' ora di pranzo e Cristina questa volta ha preparato un po' di tutto, verdure e carne per gli altri mentre per noi verdure, papas, ovvero patate, e frittelle di verdure. Ci riempiamo il piatto due o tre volte finché siamo sazi, al ché scopriamo che anche qualcun altro è in cerca di un facile spuntino.
Una specie di gabbiano volteggia su di noi finché qualcuno gli getta degli avanzi. Il volatile non si fa pregare troppo e raccoglie tutto, a volte perfino al volo. Quando però gli viene lanciato un grosso osso penso che desisterà, invece questo se lo ingoia faticosamente tutto intero, rimane a terra per un paio di minuti e poi riprende il volo sopra le nostre teste in cerca di altro.
Saremmo anche stati felici di accontentarlo, ma a quel punto la fauna locale aveva notato la nostra presenza esigendo la propria parte.
Tre esemplari di Viscacha infatti hanno vinto la loro proverbiale timidezza e si sono avvicinati così tanto a noi che si facevano praticamente dare il cibo dalle nostre mani.

Le Viscacha sono una specie locale di coniglio, conosciuti per essere molto schivi e difficili da vedere, questi devono essere stati degli esemplari anomali, probabilmente frutto dell'evoluzione turistica.
Perdiamo così tanto tempo a dar da mangiare a questi tre coniglietti che quando ripartiamo è già tardi. Ritardo che purtroppo pagheremo a fine giornata.

Riprendiamo a correre sulle strade sterrate e dopo una breve sosta in un'altra laguna di fenicotteri, incontriamo un altro esempio di fauna locale. Si tratta di Antonio Banderas.
Non proprio l'attore eh, è semplicemente una volpe, che in spagnolo viene tradotta Zorro.
Da qui l'associazione con l'attore spagnolo che ha interpretato il famoso eroe.
Antonio Banderas è una simpatica volpe, molto furba come la sua razza, anzi in questo caso oserei dire paracula. Appena entriamo nel suo territorio lei si avvicina senza un minimo di sospetto e attende che dai fuori strada gli venga gettato l'obolo per poter passare.

Antonio Banderas accetta le offerte e si mette in posa per la foto con autografo, poi quando le auto ripartono rimane li ad osservarle, forse sperando che tornino indietro a lasciargli un'altra mancetta.
La corsa continua, oggi le soste sono molte ma tutte brevissime. Dovremo infatti raggiungere la famosa laguna colorada prima del tramonto, altrimenti ci perderemo lo spettacolo delle sue acque colorate.
L'ultimissima breve sosta ci illude un pochino. Fredi ci avvisa che stiamo per arrivare dove ci sono degli alberi di pietra ed io e Roberto capiamo che incontreremo una foresta pietrificata. Fantastico, non avrei mai immaginato che in Bolivia si potesse vedere anche questa meraviglia.

Al nostro arrivo invece ecco l'incomprensione: si tratta di strane rocce dalle bizzarre forme, alcune delle quali ricordano degli alberi.
Molto belle, per carità, ma al pensiero della foresta fossile mi era venuta un'acquolina da paleontologo.
Le ombre si allungano sempre di più sul deserto e il tempo rimasto non è molto. Quando però arriviamo alla laguna colorada c'è un problema. Dobbiamo pagare un imprevista tassa di centocinquanta boliviani, circa ventuno euro a testa. Tralasciando il tempo speso per le proteste, anche perché si può pagare solo in moneta boliviana, ci otturiamo il naso per questa porcata dell'ultimo minuto e cerchiamo di trovare i soldi.
Per fortuna ce la facciamo, altrimenti saremmo dovuti tornare indietro e il viaggio nei salar sarebbe andato a ramengo.
Quando riusciamo a passare, nonostante siano le quattro e mezza del pomeriggio, non ci rimane molto tempo. La luce non è la migliore e di fatti i colori della laguna ne risentono parecchio.
Cerchiamo di apprezzare quel poco che vediamo, anche perché di fenicotteri qui ce ne sono solo quattro o cinque.
Vinti anche dal freddo del vento ripartiamo per arrivare là, dove nessun uomo avrebbe mai voluto arrivare prima: l'ostello ghiacciato.

Non dormiremo in una casa di ghiaccio eh, forse quello sarebbe stato più caldo. Purtroppo si tratta di un gelido agglomerato di mura di cemento e finestre piene di spifferi che raffredderebbero qualunque tipo di calore voi possiate sperare di conservare.
Dato che le camere, tutte da sei, sono impraticabili, ci rifugiamo nella sala comune dove verrà servita la merenda e poi la cena. Qui non fa caldo, ma per lo meno la condensa e il calore corporeo delle trenta persone che vi bivaccano lo rende un ambiente molto più sopportabile.
Ceniamo con la solita sopa di verdure, di cui io faccio in bis e il tris perché oltre che buona è anche calda, poi Cristina ha preparato wurstel e patatine per i carnivori e verdure e patatine per noi vegetariani.
Quando arriva il momento di andare a dormire, sembriamo dei condannati a morte. Chi è il primo che va in quella ghiacciaia più fredda di una cella frigorifera che corrisponde al bagno? Dato che alle nove verranno spente le luci, scatta la processione e uno alla volta veniamo folgorati dagli spifferi. Per essere precisi i bagni che trenta persone dovevano condividere erano solo due, senza distinzione tra uomini e donne.
Prima di infilarmi a letto tento nuovamente la strategia delle maglie tecniche. Come sull'isola di Amantanì appena tolgo i vestiti ormai rigidi per il freddo, sento già meno problemi. Con la maglia ed i calzoncini aderenti poi il gelo quasi svanisce, anzi dopo mezz'ora sotto le coperte sono nuovamente costretto a togliere gli abiti tecnici e rimango in pigiama corto e felpa.
Risolto l'inghippo del freddo, per me il vero problema si manifesta un paio d'ora più tardi: Teobaldo inizia a russare in modo disumano tenendo svegli anche gli altri compagni di cella, mentre io scopro di essere caduto nella trappola della cuoca Cristina: il mix tra freddo e sopa calda mi costringe ad alzarmi per andare in bagno ogni mezz'ora canticchiando la canzoncina di Pippo Franco.

Nessun commento:

Posta un commento