La
notte nell'hotel di sale è andata via liscia senza problemi, non ha
fatto freddo e poco prima dell'alba avevamo già fatto tutti
colazione, giusto in tempo per vedere sorgere il sole sulle montagne
che circondano il mare di sale, poi dopo che tutto il cielo ha
iniziato a splendere ci siamo diretti verso l'interno della Bolivia.
Il
sole sale in fretta da queste parti e quando ci fermiamo per la prima
tappa sembra quasi che sia mattina da diverse ore.
A
riconferma che tutta la zona un tempo era ricoperta da un mare,
scendiamo in mezzo all'esercito di corallo, un grande campo di
formazioni sparse in ogni direzione.
Perlustriamo
i fossili in cerca delle forme più strane, poi vedo per terra molte
buche. Quando risaliamo in auto ci raccontano a cosa erano dovute ed
inizio a sudare freddo. Serpenti corallo. Ci sono anche gli armadilli
eh, ma sinceramente potevano dirci prima che stavamo gironzolando
sopra le possibili tane di uno dei serpenti più velenosi del mondo.
Continuiamo
il viaggio in mezzo a questi incredibili deserti e stavolta facciamo
un incontro fortuito, ma gradito. Un paio di condor ci sorvolano come
a darci il benvenuto nelle lande boliviane. Stavolta non abbiamo
nemmeno dovuto aspettare due ore per vederli.
La
prima vera tappa però è la laguna dei fenicotteri.
Nonostante
il vento gelido che prima intirizzisce e poi ghiaccia le mani, ci
avviciniamo tutti alla laguna colma di fenicotteri rosa. Se ne stanno
li a mangiare e pavoneggiarsi, sperando forse di affascinare la
compagna per la vita che sta là, da qualche parte in mezzo alla
laguna.
E'
uno spettacolo emozionante trovarsi al cospetto di animali così
eleganti, del tutto tranquilli e a proprio agio con noi che li
osserviamo, almeno finché non arriva un altro gruppo di ragazzi
molto chiassosi che li fa spostare verso il centro della laguna.
Tacci loro.
Rimaniamo
appostati in osservazione per un po', finché qualche temerario torna
a cibarsi dei molluschi che stanno vicino alla riva, poi ce ne
dobbiamo andare. A dire il vero le guide ci convincono solo con la
promessa che li vedremo ancora, nelle altre lagune.
E'
ora di pranzo e Cristina questa volta ha preparato un po' di tutto,
verdure e carne per gli altri mentre per noi verdure, papas, ovvero
patate, e frittelle di verdure. Ci riempiamo il piatto due o tre
volte finché siamo sazi, al ché scopriamo che anche qualcun altro è
in cerca di un facile spuntino.
Una
specie di gabbiano volteggia su di noi finché qualcuno gli getta
degli avanzi. Il volatile non si fa pregare troppo e raccoglie tutto,
a volte perfino al volo. Quando però gli viene lanciato un grosso
osso penso che desisterà, invece questo se lo ingoia faticosamente
tutto intero, rimane a terra per un paio di minuti e poi riprende il
volo sopra le nostre teste in cerca di altro.
Saremmo
anche stati felici di accontentarlo, ma a quel punto la fauna locale
aveva notato la nostra presenza esigendo la propria parte.
Tre
esemplari di Viscacha infatti hanno vinto la loro proverbiale
timidezza e si sono avvicinati così tanto a noi che si facevano
praticamente dare il cibo dalle nostre mani.
Le
Viscacha sono una specie locale di coniglio, conosciuti per essere
molto schivi e difficili da vedere, questi devono essere stati degli
esemplari anomali, probabilmente frutto dell'evoluzione turistica.
Perdiamo
così tanto tempo a dar da mangiare a questi tre coniglietti che
quando ripartiamo è già tardi. Ritardo che purtroppo pagheremo a
fine giornata.
Riprendiamo
a correre sulle strade sterrate e dopo una breve sosta in un'altra
laguna di fenicotteri, incontriamo un altro esempio di fauna locale.
Si tratta di Antonio Banderas.
Non
proprio l'attore eh, è semplicemente una volpe, che in spagnolo
viene tradotta Zorro.
Da
qui l'associazione con l'attore spagnolo che ha interpretato il
famoso eroe.
Antonio
Banderas è una simpatica volpe, molto furba come la sua razza, anzi
in questo caso oserei dire paracula. Appena entriamo nel suo
territorio lei si avvicina senza un minimo di sospetto e attende che
dai fuori strada gli venga gettato l'obolo per poter passare.
Antonio
Banderas accetta le offerte e si mette in posa per la foto con
autografo, poi quando le auto ripartono rimane li ad osservarle,
forse sperando che tornino indietro a lasciargli un'altra mancetta.
La
corsa continua, oggi le soste sono molte ma tutte brevissime. Dovremo
infatti raggiungere la famosa laguna colorada prima del tramonto,
altrimenti ci perderemo lo spettacolo delle sue acque colorate.
L'ultimissima
breve sosta ci illude un pochino. Fredi ci avvisa che stiamo per
arrivare dove ci sono degli alberi di pietra ed io e Roberto capiamo
che incontreremo una foresta pietrificata. Fantastico, non avrei mai
immaginato che in Bolivia si potesse vedere anche questa meraviglia.
Al
nostro arrivo invece ecco l'incomprensione: si tratta di strane rocce
dalle bizzarre forme, alcune delle quali ricordano degli alberi.
Molto
belle, per carità, ma al pensiero della foresta fossile mi era
venuta un'acquolina da paleontologo.
Le
ombre si allungano sempre di più sul deserto e il tempo rimasto non
è molto. Quando però arriviamo alla laguna colorada c'è un
problema. Dobbiamo pagare un imprevista tassa di centocinquanta
boliviani, circa ventuno euro a testa. Tralasciando il tempo speso
per le proteste, anche perché si può pagare solo in moneta
boliviana, ci otturiamo il naso per questa porcata dell'ultimo minuto
e cerchiamo di trovare i soldi.
Per
fortuna ce la facciamo, altrimenti saremmo dovuti tornare indietro e
il viaggio nei salar sarebbe andato a ramengo.
Quando
riusciamo a passare, nonostante siano le quattro e mezza del
pomeriggio, non ci rimane molto tempo. La luce non è la migliore e
di fatti i colori della laguna ne risentono parecchio.
Cerchiamo
di apprezzare quel poco che vediamo, anche perché di fenicotteri qui
ce ne sono solo quattro o cinque.
Vinti
anche dal freddo del vento ripartiamo per arrivare là, dove nessun
uomo avrebbe mai voluto arrivare prima: l'ostello ghiacciato.
Non
dormiremo in una casa di ghiaccio eh, forse quello sarebbe stato più
caldo. Purtroppo si tratta di un gelido agglomerato di mura di
cemento e finestre piene di spifferi che raffredderebbero qualunque
tipo di calore voi possiate sperare di conservare.
Dato
che le camere, tutte da sei, sono impraticabili, ci rifugiamo nella
sala comune dove verrà servita la merenda e poi la cena. Qui non fa
caldo, ma per lo meno la condensa e il calore corporeo delle trenta
persone che vi bivaccano lo rende un ambiente molto più
sopportabile.
Ceniamo
con la solita sopa di verdure, di cui io faccio in bis e il tris
perché oltre che buona è anche calda, poi Cristina ha preparato
wurstel e patatine per i carnivori e verdure e patatine per noi
vegetariani.
Quando
arriva il momento di andare a dormire, sembriamo dei condannati a
morte. Chi è il primo che va in quella ghiacciaia più fredda di una
cella frigorifera che corrisponde al bagno? Dato che alle nove
verranno spente le luci, scatta la processione e uno alla volta
veniamo folgorati dagli spifferi. Per essere precisi i bagni che
trenta persone dovevano condividere erano solo due, senza distinzione
tra uomini e donne.
Prima
di infilarmi a letto tento nuovamente la strategia delle maglie
tecniche. Come sull'isola di Amantanì appena tolgo i vestiti ormai
rigidi per il freddo, sento già meno problemi. Con la maglia ed i
calzoncini aderenti poi il gelo quasi svanisce, anzi dopo mezz'ora
sotto le coperte sono nuovamente costretto a togliere gli abiti
tecnici e rimango in pigiama corto e felpa.
Risolto
l'inghippo del freddo, per me il vero problema si manifesta un paio
d'ora più tardi: Teobaldo inizia a russare in modo disumano tenendo
svegli anche gli altri compagni di cella, mentre io scopro di essere
caduto nella trappola della cuoca Cristina: il mix tra freddo e sopa
calda mi costringe ad alzarmi per andare in bagno ogni mezz'ora
canticchiando la canzoncina di Pippo Franco.
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