Quando
suona la sveglia sono già sveglio. Salto giù dal letto e, più
veloce di superman quando indossa il suo costume nelle cabine
telefoniche, mi rivesto e sono pronto per lasciare questo luogo di
esperimenti sulla umana resistenza al freddo.
Fuori
è ancora buio pesto e infatti dopo che siamo partiti ci dobbiamo
fermare un paio di volte, gli autisti un po' straniti non sono
sicurissimi di aver preso la strada giusta. Inoltre sembra che la
macchina che guida la carovana abbia qualche problema al filtro
dell'aria.
Quando
il sole inizia a farsi vedere però ci rendiamo conto di essere
atterrati su Marte, il pianeta rosso. Guardando dal finestrino ho la
netta sensazione di vedere le stesse immagini dei robottini
esploratori inviati sulla superficie del quarto pianeta.
E'
una sensazione strana ma anche bellissima, non pensavo che ci sarei
mai potuto andare. Il primo Baraonda su Marte.
Le
nostre navicelle macinano chilometri nella sabbia alzando polveroni
finché non arriviamo in una zona dove si alzano pennacchi di fumo
generati dal terreno. Sono i geyser dei vulcani boliviani. Per una
mezz'ora buona mi sembra di essere tornato in Islanda, dove ci sono
molto fumarole come queste. Devo ammettere che però qui fa più
freddo. Esploriamo invano le pozze in cerca di segni di vita, proprio
come astronauti appena sbarcati, poi riprendiamo il viaggio, verso
nuove ed incredibili avventure.
Questo
sarà il nostro ultimo giorno nei salar e di chilometri ne dovremo
fare ancora molti. Purtroppo la vita in mezzo a queste lande non è
semplice, anzi è molto dura. Ce ne accorgiamo perfino noi quando
Federico inizia a manifestare segni di malessere rigettando in più
occasioni tutto quello che ha mangiato la sera precedente.
In
una di queste fermate forzate il caso vuole che ci faccia fare sosta
in quello che viene definito per le sue strane e artistiche forme, il
deserto di Dalì.
Nel
silenzio rotto solo dal povero Federico, rimaniamo ad ammirare la
natura, selvaggia e arida, ma anche bellissima che ci circonda.
Le
cime delle montagne, sicuramente vulcani, sono tutte coloratissime,
peccato non potervici salire per scoprire quali altre tonalità si
nascondano dietro le grandi distanze che ci separano.
La
giornata trascorre così, lentamente interrotta da una sosta veloce e
l'altra, la laguna blanca, purtroppo con pochissima acqua, quella più
lunga del pranzo in mezzo ad un valletta verde, e l'ultima tappa dei
salar, un piccolo gruppo di rocce dalle strane forme che con un po'
di immaginazione potrebbero ricordare molte cose. Un po' come le
nuvole che passano in cielo, basta girare attorno a queste formazioni
per vedervi qualcosa di famigliare. Basta poco, con un soffio di
immaginazione, per scorgere un animale, un vegetale, una persona.
La
Bolivia è ricchissima di luoghi incontaminati come questo, sarà
difficile doverla salutare così presto.
Il
resto della giornata lo passeremo in auto per tornare ad Uyuni, dove
ci aspetta un'altra nottata in pullman. Siamo tutti stanchi, provati
anche da questo tratto di autostrada boliviana, ricca di buche, sassi
e soprattutto polvere.
In
paese abbiamo poco tempo così io e Cassandra cerchiamo subito il
primo mercato che troviamo per prendere un po' di pane ed infilarci
dentro l'affettato di muscolo di grano, quindi ci dirigiamo verso la
stazione dei pullman.
Scopriamo
però che al nostro arrivo a La Paz non ci sarà nessuno ad
attenderci. Dato che arriveremo verso le 5:30/6:00 del mattino
sarebbe bene provvedere onde rimanere per l'ennesima volta
all'addiaccio. Per fortuna grazie ad Andrea e Matteo ci si riesce a
mettere in contatto con l'hotel per farsi mandare dei pullmini.
Speriamo che non facciano i furbi.
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