mercoledì 6 luglio 2016

PRIMO GIORNO – TRASVOLATA OCEANICA




Tanto per cominciare devo fare un chiarimento doveroso: anche se prima di partire avevo intitolato questo diario “Peru'n pelo”, al momento di mettermi a scrivere ho dovuto cambiarlo. Il motivo è facilmente intuibile: non potevo lasciare fuori la Bolivia, soprattutto dopo quello che abbiamo visto e vissuto in questo viaggio.
A pensarci bene è veramente tosta, non solo per la durata di 24 giorni, ma soprattutto perché in queste tre settimane copriremo un territorio dove ci sono così tante cose da vedere che necessiterebbero molto più tempo. Certo forse non riusciremo a vederle tutte e alcune le vedremo velocemente, ma del resto non so quando, o perfino se, avremo occasione di tornare qua, per cui dovrà andare bene così.
Sarà un viaggio intenso e probabilmente alla fine avremo bisogno di altre due settimane di vacanza per recuperare, cosa su cui ne io ne Cassandra potremo contare, ma siamo felici di essere qui e di esserci assieme, per tutto il tempo che gli dei Inca ci concederanno.
Qualcuno mi ha chiesto perché proprio il Perù. 
 
Diciamo che Machu Picchu è uno dei motivi che hanno determinato la scelta: se esiste un posto come questo chissà cos'altro potremmo trovare. In ogni caso non mi sono voluto informare più di tanto su cosa potremo ammirare, per quanto mi è stato possibile voglio cercare di tenere tutto sepolto sotto il velo di curiosità che solleverò solo quando sarò sul posto. Essendo un viaggio che ha un itinerario già stabilito, più o meno, non voglio rovinarmi la sorpresa e la meraviglia di scoprire cos'altro hanno in serbo il Perù e probabilmente la Bolivia, di cui non so assolutamente nulla. Sarò incosciente, ma mi diverto così: facendo, mangiando e vivendo cose diverse dal solito.
E' giunta l'ora.

Non avevo mai fatto un volo così lungo. Devo ammettere che 12 ore sono davvero tante, estenuanti perfino, anche perché la notte precedente alla partenza non ho chiuso occhio, un po' per l'eccitazione, un po' per la sveglia fissata per le 3:30.
Inizialmente l'idea di una trasvolata così lunga non mi dispiaceva, anzi, ho pensato che mi sarebbe anche piaciuto vedere un film dopo l'altro fino ad addormentarmi.
Purtroppo non sapevo cosa stavo dicendo.
A metà del volo già non ne potevo più. Quando dopo due ore ho notato alcune anziane signore che continuavano ad andare verso il fondo dell'aereo, ho pensato: eh l'età. Sarà la prostata. Ma poi ho realizzato troppo tardi che le signore non avevano la prostata.
Quando ho capito cosa stavano facendo per me era già troppo tardi: stavano sgranchendosi le gambe per non perderne l'uso.
Ho cercato di alzarmi ma non sono riuscito a fare più di tre passi, poi sono tornato a sedermi. Solo dopo grossi sforzi sono riuscito ad andare in bagno.
Nota positiva del viaggio è stato il cibo servito durante il volo. Dato che in fase di prenotazione avevo specificato un menù vegano per me e vegetariano per Cassandra, anche se non avevo troppe speranze, siamo stati accontentati e serviti con un pranzo, uno spuntino e perfino una cena vegana.
Arriviamo finalmente, stremati, anchilosati, ma sazi.
Appena fuori dell'aeroporto c'è un pulmino che ci attende per portarci all'hotel. Subito si capisce che l'aria della città ha qualcosa che non va. Il traffico è davvero intenso e il gas di scarico satura l'atmosfera rendendola irrespirabile.
C'è così tanto caos che non so se ridere per il divertimento di vedere strani veicoli sfrecciare a destra e sinistra, oppure disperarmi perché con questa anarchia automobilistica si rischia il collasso e l'arrivo all'hotel a chissà quale ora della notte.
Il bello della situazione è che si vedono vecchie auto anni ottanta tutte rattoppate e pochi modelli recenti. I taxi e soprattutto gli autobus sono coloratissimi. Sono identici a quelli del film Banana Joe, solo che hanno colori sgargianti e decalcomanie di ogni genere, numeri compresi. La maggior parte dovrebbero essere di linea, ma sembra che stiano partecipando ad una gara, anche per come si superano e si suonano tra loro.
Ho imparato subito che in Perù, soprattutto nelle grandi città, tutti suonano il clackson ad ogni momento: lo fanno per salutare, per mettere la freccia, per avvisare che sei dietro e vuoi passare, o anche solo per avvisare che stai passando su quella strada seppur deserta, per fare rumore, per rispondere a quello che ti ha suonato, per comporre una nuova melodia del telefonino, tutto diventa una cacofonia di trombe, trombette e campanelli.


Mentre imbocchiamo una grande rotonda su cui ogni veicolo fa quello che vuole, l'autista ci spiega che qui l'assicurazione non è obbligatoria, per cui tutti si permettono di guidare come gli pare e, se ti capita un incidente, allora ti devi fermare e discutere per cercare di metterti d'accordo.
Mentre ci muoviamo a passo d'uomo ai semafori, le auto vengono assaltate dai venditori ambulanti che tentano di rifilarci qualunque cosa, e quando dico qualunque cosa non sto scherzando: dolci, frutta fresca e secca, ovviamente non confezionati e che hanno quindi assorbito uno smog pesantissimo. Cercano di vendere anche fiori, ricambi auto, mappamondi, borse dell'acqua calda, magliette del Perù. Davvero, non sto scherzando, ho visto dei mappamondi sobbalzare tra un'auto e l'altra in cerca di un compratore.
Sono le otto e mezza di sera quando arriviamo e anche se contenti siamo distrutti. Né io né Cassandra abbiamo chiuso occhio sull'aereo, anzi, nemmeno la notte prima della partenza, per cui sono circa quarantotto ore che non dormiamo. Ancora sazi del cibo dell'aereo, salutiamo tutti e ce ne andiamo a dormire.


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