Tanto
per cominciare devo fare un chiarimento doveroso: anche se prima di
partire avevo intitolato questo diario “Peru'n pelo”, al momento
di mettermi a scrivere ho dovuto cambiarlo. Il motivo è facilmente
intuibile: non potevo lasciare fuori la Bolivia, soprattutto dopo
quello che abbiamo visto e vissuto in questo viaggio.
A
pensarci bene è veramente tosta, non solo per la durata di 24
giorni, ma soprattutto perché in queste tre settimane copriremo un
territorio dove ci sono così tante cose da vedere che
necessiterebbero molto più tempo. Certo forse non riusciremo a
vederle tutte e alcune le vedremo velocemente, ma del resto non so
quando, o perfino se, avremo occasione di tornare qua, per cui dovrà
andare bene così.
Sarà
un viaggio intenso e probabilmente alla fine avremo bisogno di altre
due settimane di vacanza per recuperare, cosa su cui ne io ne
Cassandra potremo contare, ma siamo felici di essere qui e di esserci
assieme, per tutto il tempo che gli dei Inca ci concederanno.
Qualcuno
mi ha chiesto perché proprio il Perù.
Diciamo
che Machu Picchu è uno dei motivi che hanno determinato la scelta:
se esiste un posto come questo chissà cos'altro potremmo trovare. In
ogni caso non mi sono voluto informare più di tanto su cosa potremo
ammirare, per quanto mi è stato possibile voglio cercare di tenere
tutto sepolto sotto il velo di curiosità che solleverò solo quando
sarò sul posto. Essendo un viaggio che ha un itinerario già
stabilito, più o meno, non voglio rovinarmi la sorpresa e la
meraviglia di scoprire cos'altro hanno in serbo il Perù e
probabilmente la Bolivia, di cui non so assolutamente nulla. Sarò
incosciente, ma mi diverto così: facendo, mangiando e vivendo cose
diverse dal solito.
E'
giunta l'ora.
Non
avevo mai fatto un volo così lungo. Devo ammettere che 12 ore sono
davvero tante, estenuanti perfino, anche perché la notte precedente
alla partenza non ho chiuso occhio, un po' per l'eccitazione, un po'
per la sveglia fissata per le 3:30.
Inizialmente
l'idea di una trasvolata così lunga non mi dispiaceva, anzi, ho
pensato che mi sarebbe anche piaciuto vedere un film dopo l'altro
fino ad addormentarmi.
Purtroppo
non sapevo cosa stavo dicendo.
A
metà del volo già non ne potevo più. Quando dopo due ore ho notato
alcune anziane signore che continuavano ad andare verso il fondo
dell'aereo, ho pensato: eh l'età. Sarà la prostata. Ma poi ho
realizzato troppo tardi che le signore non avevano la prostata.
Quando
ho capito cosa stavano facendo per me era già troppo tardi: stavano
sgranchendosi le gambe per non perderne l'uso.
Ho
cercato di alzarmi ma non sono riuscito a fare più di tre passi, poi
sono tornato a sedermi. Solo dopo grossi sforzi sono riuscito ad
andare in bagno.
Nota
positiva del viaggio è stato il cibo servito durante il volo. Dato
che in fase di prenotazione avevo specificato un menù vegano per me
e vegetariano per Cassandra, anche se non avevo troppe speranze,
siamo stati accontentati e serviti con un pranzo, uno spuntino e
perfino una cena vegana.
Arriviamo
finalmente, stremati, anchilosati, ma sazi.
Appena
fuori dell'aeroporto c'è un pulmino che ci attende per portarci
all'hotel. Subito si capisce che l'aria della città ha qualcosa che
non va. Il traffico è davvero intenso e il gas di scarico satura
l'atmosfera rendendola irrespirabile.
C'è
così tanto caos che non so se ridere per il divertimento di vedere
strani veicoli sfrecciare a destra e sinistra, oppure disperarmi
perché con questa anarchia automobilistica si rischia il collasso e
l'arrivo all'hotel a chissà quale ora della notte.
Il
bello della situazione è che si vedono vecchie auto anni ottanta
tutte rattoppate e pochi modelli recenti. I taxi e soprattutto gli
autobus sono coloratissimi. Sono identici a quelli del film Banana
Joe, solo che hanno colori sgargianti e decalcomanie di ogni genere,
numeri compresi. La maggior parte dovrebbero essere di linea, ma
sembra che stiano partecipando ad una gara, anche per come si
superano e si suonano tra loro.
Ho
imparato subito che in Perù, soprattutto nelle grandi città, tutti
suonano il clackson ad ogni momento: lo fanno per salutare, per
mettere la freccia, per avvisare che sei dietro e vuoi passare, o
anche solo per avvisare che stai passando su quella strada seppur
deserta, per fare rumore, per rispondere a quello che ti ha suonato,
per comporre una nuova melodia del telefonino, tutto diventa una
cacofonia di trombe, trombette e campanelli.
Mentre
imbocchiamo una grande rotonda su cui ogni veicolo fa quello che
vuole, l'autista ci spiega che qui l'assicurazione non è
obbligatoria, per cui tutti si permettono di guidare come gli pare e,
se ti capita un incidente, allora ti devi fermare e discutere per
cercare di metterti d'accordo.
Mentre
ci muoviamo a passo d'uomo ai semafori, le auto vengono assaltate dai
venditori ambulanti che tentano di rifilarci qualunque cosa, e quando
dico qualunque cosa non sto scherzando: dolci, frutta fresca e secca,
ovviamente non confezionati e che hanno quindi assorbito uno smog
pesantissimo. Cercano di vendere anche fiori, ricambi auto,
mappamondi, borse dell'acqua calda, magliette del Perù. Davvero, non
sto scherzando, ho visto dei mappamondi sobbalzare tra un'auto e
l'altra in cerca di un compratore.
Sono
le otto e mezza di sera quando arriviamo e anche se contenti siamo
distrutti. Né io né Cassandra abbiamo chiuso occhio sull'aereo,
anzi, nemmeno la notte prima della partenza, per cui sono circa
quarantotto ore che non dormiamo. Ancora sazi del cibo dell'aereo,
salutiamo tutti e ce ne andiamo a dormire.
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