venerdì 22 luglio 2016

Diciassettesimo giorno - Cuzco - Saqsaywaman - Tambomachay - Pukapukara – Quenco



Dopo un'abbondante colazione, ieri sera siamo stati a dieta, ci troviamo con la nuova guida che ci accompagnerà per i prossimi quattro giorni. Uriel è un tipo tracagnotto, dall'aspetto simpatico, molto frizzante e somiglia leggermente a Tony Poncharello dei Chips.

La prima tappa è il più importante sito archeologico di Cuzco, Saqsaywaman. In cima ad una collina che domina la città moderna, era una struttura cerimoniale dedicata al Dio Sole. Difatti è qui che ogni anno il 24 giugno viene celebrata l'Inti Raimi, la festa del sole.

Costruita su di un area di diciannove chilometri quadrati, era anche un luogo di studio e di osservazione delle stelle, grazie alle tre grandi torri che vi sorgevano.
Gli spagnoli la scambiarono per una fortezza e difatti quando Manco Inca si ribellò agli europei venne qui a combattere e per poco non riuscì anche a vincere. Questo però era fondamentalmente un tempio dedicato alla natura, alla Pacha Mama, un tempio religioso per tutta la popolazione. Per questo motivo Manco Inca dovette fuggire da qui per non essere sconfitto dalle armi spagnole.



Oggi vediamo solo parte delle mura, ma quando arrivarono gli spagnoli era molto più grande e anche se non era ancora finita, era in costruzione già da centocinquanta anni. Per costruirla vennero usati bronzo, legno ed ematite, oltre alle ciclopiche rocce trascinate dai lama dalla piccola collina proprio di fronte.



Per costruirla veniva utilizzato il cosiddetto lavoro mitta, ovvero temporaneo a turno, una settimana di lavoro e poi veniva altra gente a dare il cambio.

Dopo la vittoria della guerra gli spagnoli smantellarono Saqsaywaman per costruirsi le loro case, nella città moderna, e così continuarono a fare fino al 1940, chi voleva saliva fino a qui e si poteva prendere tutte le pietre che voleva.

Mentre saliamo ai piani superiori di Saqsaywaman, la guida ci fa notare che le porte erano altissime, specie per gli Inca che non erano molto alti. In pratica lo erano perché vi dovevano far passare delle principesse sedute sulle portantine.

E' impressionante vedere tutte queste spaventose pietre modellate armoniosamente per combaciare l'una con l'altra in un incastro perfetto. Questo è uno dei più bei esempi di architettura Inca che si possano trovare.

Saqsaywaman è uno dei motivi, oltre a Machu Picchu per cui sono qui e devo dire che è più o meno come me lo aspettavo. Queste rocce riescono a suscitarmi un senso di grandezza e allo stesso tempo di tristezza per ciò che sarebbe potuta diventare questa città una volta finita, ampliata e ammodernata, se gli Inca esistessero ancora.



Uriel ci porta in cima alla collina, dove un tempo c'erano le tre torri, e dall'alto ci indica tutti i luoghi importanti della città, raggruppati nel centro, che potremo andare a vedere nel pomeriggio o nei prossimi giorni.

Giriamo nel sito per un'oretta poi ci dirigiamo verso Tambomachay. Pochi chilometri più lontano infatti c'era questa struttura che si raggiunge dopo una breve passeggiata in salita.



Costruzione di età incaica da cui sgorga una sorgente di acqua calda che va a cadere in tre diverse vasche. Si dice fosse il bagno dell'Inca, ma secondo la guida era anche un tempio dedicato all'acqua.

Proseguiamo veloce verso il prossimo sito, a cui si arriva a piedi, basta attraversare la strada e risalirla leggermente in direzione di Cuzco.

In questo punto troviamo il Puka Pukara, i resti di una fortezza che ospitava una guarnigione militare e i chasqui, i messaggeri che correvano lungo le strade Inca lanciando segnali in codice con dei particolari strumenti musicali, che solo altri chasqui potevano interpretare. Le strade degli Inca, che partivano da Cuzco e si diramavano come raggi di sole dalla capitale, erano disseminate di questi fortini, così che i Chasqui potessero darsi il cambio nella corsa. La leggenda dice che erano talmente veloci che riuscivano a portare il pesce pescato sulla costa ancora fresco fino alla tavola dell'Inca.

Ci spostiamo infine a Kenko, l'ultimo sito che gli spagnoli distrussero e seppellirono sotto metri di terra. Pare fosse un luogo di culto dove venivano fatti diversi tipi di sacrifici, principalmente animali. La guida dice che probabilmente era un tempio dedicato alla Pacha Mama.

Finisce qui il primo giorno con Uriel, detto il Tony Poncharello di Cuzco, che ci dà appuntamento a domani, raccomandandoci di essere più puntuali.

Dopo un pranzo veloce che ha intaccato le nostre scorte ancora bene fornite, siamo liberi di iniziare l'esplorazione di Cuzco.

E' la città peruviana di gran lunga più bella che abbiamo visto ed è un piacere perdersi nei vicoli del centro e dietro la cattedrale.

E' l'occasione migliore per visitare ciò che resta del Qorikancha, il sacro tempio degli Inca, su cui gli spagnoli costruirono il convento di Santo Domingo.



Il Qorikancha è l'esempio della migliore architettura Inca, dove l'incastro ed il taglio delle pietre è il migliore di sempre.

Visitiamo anche il vicino museo del Qorikancha, ma a parte il busto della statua di Viracocha, il dio degli dei Inca, non c'è quasi nulla. Fanno eccezione diversi teschi che sembrano usciti da una puntata di Voyager o X-files: sono teschi con deformazioni craniali che li facevano sembrare degli alieni.



Non ero a conoscenza di questo aspetto sociale della cultura Inca che per una certa casta di persone era prevista l'imposizione della deformazione del cranio. Fin da piccoli a questi bambini venivano applicate delle piccole stecche di legno che col tempo avrebbero fatto crescere il cranio deformato, dando loro quella forma bombata che a noi ricorderebbe “incontri ravvicinati del terzo tipo”.

Pare che a qualcuno però piaccia pensare che siano frutto di incroci con esseri alieni di altri mondi. Contenti loro.

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