Dopo un'abbondante colazione, ieri sera siamo stati a dieta, ci troviamo con la nuova guida che ci accompagnerà per i prossimi quattro giorni. Uriel è un tipo tracagnotto, dall'aspetto simpatico, molto frizzante e somiglia leggermente a Tony Poncharello dei Chips.
La
prima tappa è il più importante sito archeologico di Cuzco,
Saqsaywaman. In cima ad una collina che domina la città moderna, era
una struttura cerimoniale dedicata al Dio Sole. Difatti è qui che
ogni anno il 24 giugno viene celebrata l'Inti Raimi, la festa del
sole.
Costruita
su di un area di diciannove chilometri quadrati, era anche un luogo
di studio e di osservazione delle stelle, grazie alle tre grandi
torri che vi sorgevano.
Gli
spagnoli la scambiarono per una fortezza e difatti quando Manco Inca
si ribellò agli europei venne qui a combattere e per poco non riuscì
anche a vincere. Questo però era fondamentalmente un tempio dedicato
alla natura, alla Pacha Mama, un tempio religioso per tutta la
popolazione. Per questo motivo Manco Inca dovette fuggire da qui per
non essere sconfitto dalle armi spagnole.
Oggi
vediamo solo parte delle mura, ma quando arrivarono gli spagnoli era
molto più grande e anche se non era ancora finita, era in
costruzione già da centocinquanta anni. Per costruirla vennero usati
bronzo, legno ed ematite, oltre alle ciclopiche rocce trascinate dai
lama dalla piccola collina proprio di fronte.
Per
costruirla veniva utilizzato il cosiddetto lavoro mitta, ovvero
temporaneo a turno, una settimana di lavoro e poi veniva altra gente
a dare il cambio.
Dopo
la vittoria della guerra gli spagnoli smantellarono Saqsaywaman per
costruirsi le loro case, nella città moderna, e così continuarono a
fare fino al 1940, chi voleva saliva fino a qui e si poteva prendere
tutte le pietre che voleva.
Mentre
saliamo ai piani superiori di Saqsaywaman, la guida ci fa notare che
le porte erano altissime, specie per gli Inca che non erano molto
alti. In pratica lo erano perché vi dovevano far passare delle
principesse sedute sulle portantine.
E'
impressionante vedere tutte queste spaventose pietre modellate
armoniosamente per combaciare l'una con l'altra in un incastro
perfetto. Questo è uno dei più bei esempi di architettura Inca che
si possano trovare.
Saqsaywaman
è uno dei motivi, oltre a Machu Picchu per cui sono qui e devo dire
che è più o meno come me lo aspettavo. Queste rocce riescono a
suscitarmi un senso di grandezza e allo stesso tempo di tristezza per
ciò che sarebbe potuta diventare questa città una volta finita,
ampliata e ammodernata, se gli Inca esistessero ancora.
Uriel
ci porta in cima alla collina, dove un tempo c'erano le tre torri, e
dall'alto ci indica tutti i luoghi importanti della città,
raggruppati nel centro, che potremo andare a vedere nel pomeriggio o
nei prossimi giorni.
Giriamo
nel sito per un'oretta poi ci dirigiamo verso Tambomachay. Pochi
chilometri più lontano infatti c'era questa struttura che si
raggiunge dopo una breve passeggiata in salita.
Costruzione
di età incaica da cui sgorga una sorgente di acqua calda che va a
cadere in tre diverse vasche. Si dice fosse il bagno dell'Inca, ma
secondo la guida era anche un tempio dedicato all'acqua.
Proseguiamo
veloce verso il prossimo sito, a cui si arriva a piedi, basta
attraversare la strada e risalirla leggermente in direzione di Cuzco.
In
questo punto troviamo il Puka Pukara, i resti di una fortezza che
ospitava una guarnigione militare e i chasqui, i messaggeri che
correvano lungo le strade Inca lanciando segnali in codice con dei
particolari strumenti musicali, che solo altri chasqui potevano
interpretare. Le strade degli Inca, che partivano da Cuzco e si
diramavano come raggi di sole dalla capitale, erano disseminate di
questi fortini, così che i Chasqui potessero darsi il cambio nella
corsa. La leggenda dice che erano talmente veloci che riuscivano a
portare il pesce pescato sulla costa ancora fresco fino alla tavola
dell'Inca.
Ci
spostiamo infine a Kenko, l'ultimo sito che gli spagnoli distrussero
e seppellirono sotto metri di terra. Pare fosse un luogo di culto
dove venivano fatti diversi tipi di sacrifici, principalmente
animali. La guida dice che probabilmente era un tempio dedicato alla
Pacha Mama.
Finisce
qui il primo giorno con Uriel, detto il Tony Poncharello di Cuzco,
che ci dà appuntamento a domani, raccomandandoci di essere più
puntuali.
Dopo
un pranzo veloce che ha intaccato le nostre scorte ancora bene
fornite, siamo liberi di iniziare l'esplorazione di Cuzco.
E'
la città peruviana di gran lunga più bella che abbiamo visto ed è
un piacere perdersi nei vicoli del centro e dietro la cattedrale.
E'
l'occasione migliore per visitare ciò che resta del Qorikancha, il
sacro tempio degli Inca, su cui gli spagnoli costruirono il convento
di Santo Domingo.
Il
Qorikancha è l'esempio della migliore architettura Inca, dove
l'incastro ed il taglio delle pietre è il migliore di sempre.
Visitiamo
anche il vicino museo del Qorikancha, ma a parte il busto della
statua di Viracocha, il dio degli dei Inca, non c'è quasi nulla.
Fanno eccezione diversi teschi che sembrano usciti da una puntata di
Voyager o X-files: sono teschi con deformazioni craniali che li
facevano sembrare degli alieni.
Non
ero a conoscenza di questo aspetto sociale della cultura Inca che per
una certa casta di persone era prevista l'imposizione della
deformazione del cranio. Fin da piccoli a questi bambini venivano
applicate delle piccole stecche di legno che col tempo avrebbero
fatto crescere il cranio deformato, dando loro quella forma bombata
che a noi ricorderebbe “incontri ravvicinati del terzo tipo”.
Pare
che a qualcuno però piaccia pensare che siano frutto di incroci con
esseri alieni di altri mondi. Contenti loro.
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