lunedì 25 luglio 2016

Ventesimo giorno - Marasal - Chinchero – Cuzco


Dopo la sbornia di Machu Picchu, oggi ci aspetta l'ultimo giorno in compagnia di Tony Uriel Diego Armadio. Ieri sera pare ci sia stata una discussione se lasciargli la consueta mancia, oppure no. Io e Cassandra non c'eravamo e dopo il trattamento pre Machu Picchu avremmo voluto farla saltare. Alla fine si è deciso per dargliene una più contenuta.
La prima tappa di oggi è la salina di Marsal, dove in fondo ad una piccola valle già gli Inca raccoglievano il sale che grazie alle sue proprietà conservative veniva considerato preziosissimo. Guarda caso questa è un'altra similitudine con l'impero romano che iniziò a pagare i suoi soldati con sacchetti di sale, da qui il termine salario.

Queste saline risalgono a 250 milioni di anni fa, in concomitanza con la formazione della cordigliera. In queste vasche calde per l'evaporazione, che gli Inca fecero con una profondità di circa trenta, quaranta centimetri, si possono vedere tre diversi colori: il bianco classico, poi c'è quello un po' più scuro e rosato che è quella da cucina e quello ancora più scuro utilizzato medicalmente. Ogni vasca produce tra i 15 ai 20 sacchi da cinquanta chili l'uno.
Abbagliati dal sole riflesso da questo splendore, ci perdiamo lungo i canali di acqua che scorrono in mezzo a tutto questo caleidoscopio di vasche.

Ci muoviamo prima che il sole ci renda ciechi e andiamo a Moray, dove gli Inca fecero sperimentazione ed ibridazione agricola di tutte le specie di alimenti vegetali che si potevano trovare in questa zona.
Su queste grandi terrazze concentriche vennero creati 385 tipi di mais, 4 tipi di quinoa e ben 850 qualità di patate. Praticamente erano degli ingegneri agrari.

La guida ci spiega che nella valle sacra si riuscirono a coltivare tutte queste varietà perché vi sono ventuno micro climi differenti, generati dal fatto che ogni cento metri di altezza c'è una differenza di sette gradi di temperatura.
E' facile intuire che la base fondamentale dell'economia Inca fosse l'agricoltura, attorno alla quale girava tutto l'impero.

L'ultima tappa prima di salutare Diego Armadio, che sembra essersi ripreso dopo la defiance di ieri, è Chinchero. Qui veniamo portati in una bottega dove una simpatica signora ci mostra come si pulisce la lana grezza, quindi come la colorano utilizzando prodotti naturali, in particolare il rosso che è ricavato da una parassita, la cocciniglia.
Dopo la dimostrazione si esce per andare a pranzo. Io e Cassandra adocchiamo una sciura con pentolone fumante e andiamo a prendere il choclo, gli altri si buttano dentro un bar.
Dopo pranzo visitiamo ciò che resta dell'antica città Inca di Chinchero, i grandi terrazzamenti su cui si affacciavano nella parte più alta i templi del sole e dell'acqua, La parte intermedia era invece utilizzata per la lavorazione industriale, mentre la parte bassa della città era dedicata all'agricoltura.
Nella città fondata da Pachakutec, prima di rifugiarsi ad Ollantay Tambo, passò anche Manco Inca durante la guerra agli spagnoli.

Oggi nel grande spiazzo ci sono alcune donne che hanno steso una miriade di patate ad asciugare al sole, mentre in un angolo degli archeologi stanno scavando e sembra che abbiano trovato qualcosa.
Dopo la vittoria spagnola tutta la città venne distrutta e ciò che rimase in piedi fu seppellito per cancellare le tracce della cultura Inca. Ovviamente non tutto venne cancellato e molte sono le case, chiesa compresa, su cui vennero costruite le abitazioni spagnole.
Come a Saqsaywaman, anche su questo grande spiazzo verrà celebrata la festa del sole, l'Inti Raimi. Guardandomi attorno rimango affascinato dal panorama, anche se non impervio e meraviglioso come quello di Machu Picchu, mi piace parecchio anche qui. Devo dire che gli Inca sapevano proprio come scegliersi i luoghi dove vivere.

Visitiamo anche la chiesa, su cui Uriel si appassiona nella spiegazione, ma forse ci mette troppo impegno e così finisce per iniziare a ripetere le stesse cose e forse anche a tradurne male altre. Fatto sta che quasi nessuno, io primo fra tutti, capisce qualcosa oltre al fatto che, forse, qui c'era un tempio dedicato alla “Pacha Mama”.
Usciamo e in quaranta minuti siamo a Cuzco, dove finalmente ci riposiamo un po', godendoci la serata mentre passeggiamo nei vicoli e nei mercati, in cerca di qualcosa di buono e vegetariano da mangiare spensieratamente.
Domani è il nostro ultimo giorno sulla terra Inca, un po' mi spiace, ma sono anche contento di tornare a casa per far rivivere i ricordi di questi giorni così intensi, belli e anche strani.

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