domenica 22 ottobre 2023

In viaggio per Samarcanda

 


Pianura, in parte coltivata, in parte scavata.

Città in costruzione, in espansione, strade però ammaccate e solo in parte percorribili senza problemi. La maggior parte delle strade sono piene di buche e da rifare completamente. I lavori sono in atto ma a giudicare dalla velocità dei lavori e da quanto strada c’è da rifare… ci vorrà molto tempo prima che la via della Seta torni ad essere una strada percorribile con un minimo in tranquillità.

Oggi c’è una luce forte, ma strana, un po' come a Bukhara. Probabilmente a causa di una tempesta di sabbia che ci dicono esserci stata ieri.

Arriviamo Shahrisabz, dove incontriamo Nadye, la nostra nuova guida. È giovane e conosce bene Nurik. Di origine tartara sembra molto più anticonformista di molte sue coetanee che girano col velo.

Fa un po' caldo e Nadye ci porta subito all’ombra per raccontarci della città verde, dove è nato Tamerlano e dove voleva essere sepolto. Qui viveva e aveva il suo palazzo Timur.


Il sito che visitiamo oggi è stato depredato ripetutamente anche dalla popolazione locale, per cui non c’è rimasto molto. Difatti quella che doveva essere la cripta di Tamerlano, è stata trovata da poco. Andiamo subito a vederla. C’è poco da vedere, quindi ci mettiamo all’ombra davanti ad una moschea estiva.

Ci spostiamo a vedere la moschea di Kok Gumbaz e di fronte i mausolei di due sceicchi.

Sono particolari perché le strutture non sono decorate con le solite piastrelle blu, bianche e verdi, ma affrescate sul gesso.

Purtroppo gli affreschi qui non reggono e si staccano facilmente. I disegni sono sempre belli, secondo me non sono paragonabili agli intrecci creati con le maioliche e i mosaici.

Giungiamo in quello che resta del palazzo di Tamerlano. Durante la visita incontriamo una coppia appena sposata. La sposa è sempre sovraccarica di un vestito bianco, grandissimo, ingombrante e molto pesante.


Nadye ci tiene a dire che lei si è sposata con abiti normali, l’unica cosa di bianco che aveva erano un paio di sneakers, usate.

Non sembrano molto felici gli sposini, ma c’è un motivo se sembra che vadano ad un funerale.

So cosa può venire in mente, ma non è quello…

Hanno espressioni tristi perché se le impongono: se si mostrassero felici offenderebbero la famiglia che stanno lasciando.

Gli amici degli sposi invece sono su di giri e ignorando i due festeggiati chiedono di fare una foto con noi. Probabilmente gli saremo sembrati degli alieni appena sbarcati.


Del palazzo di Tamerlano rimane solo parte del portale di ingresso. Alto circa 40 metri, ma senza la parte superiore dell’arco, è una delle strutture antiche più alte e imponenti che abbia mai visto. Nadye racconta che quando era integro doveva misurare almeno 70 metri. Praticamente un grattacielo.


Nonostante sia rimasto pochissimo del palazzo, sappiamo che doveva essere immenso. L’unica testimonianza ci arriva dal resoconto di un viaggiatore, un collega: l’ambasciatore spagnolo del XV secolo racconta che aveva proporzioni colossali ed era completamente decorato. Oggi le decorazioni rimaste sono abbastanza sgarrupate ma, nonostante tutto, ancora bellissime.


Giriamo attorno a queste rovine, tentando invano di ricostruirne le mura con la fantasia, riprendiamo la strada per Samarcanda, sempre che di “strada” si possa parlare. Probabilmente la peggiore mai fatta finora. 

In alternativa ci sarebbe un passo montano, ma ai camion e ai pulmini è vietato passarci, per cui posso solo immaginare quanto pessima sia.

Sembra di essere tornati in Botswana, dove l’asfalto è martoriato dalle buche fatte dagli elefanti.

Ciò che ci sorprende di più è la guida sportiva di Borot e colleghi uzbeki. Sembra abbiano imparato tutti a guidare alla scuola guida di Nicky Lauda. Camion, auto, furgoni. Nonostante gli spazi inesistenti, le linee continue, o addirittura l’assenza di linee, per gli uzbeki il sorpasso è come l’amore per gli hippy: libero.

In un paio di occasioni Borot mi sembrava stesse rievocando il film di Tarantino, Grindhouse. Secondo me ha imparato a guidare alla scuola guida di Stunt-man Bob e Stunt-man Mike.

Per fortuna dopo più di un’ora arriviamo salvi alla statale asfaltata. Un po' acciaccati prendiamo possesso delle camere e subito a cenare in un tipico locale uzbeko con il piano bar.

L’unica cosa da raccontare è che quando stiamo per finire la cena il cantante si accorge che siamo italiani e ci mette subito “L’italiano” di Toto Cotugno e “Felicità” di Albano e Romina.

Prima che ci regali qualcosa di Pupo o dei Ricchi e Poveri scappiamo a gambe levate.
Essendo di strada per l’hotel non possiamo non fermarci a vedere l’attrazione principale di Samarcanda: piazza Registan.


Anche se da lontano, affacciati su una terrazza, lo spettacolo è incredibile. Delle luci colorate illuminano a tempo di musica le madrase, le cupole e i minareti. Rimaniamo letteralmente ipnotizzati per tutto il tempo, finché la musica finisce e l’illuminazione torna quella classica.

Ma in che favola siamo finiti? 

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