giovedì 19 ottobre 2023

La via della Seta

 Ad aspettarci alla stazione di Kungrad troviamo il pulmino di Borot. Secondo Maps.me abbiamo altre 4 ore di auto, pause comprese. Borot ne minaccia almeno 5 se non 6.

Illudendomi che una semplice App conosca meglio la strada di chi vive in questa nazione, mi sento fiducioso.

Per la prima parte del viaggio il panorama cambia pochissimo, se non che si iniziano a vedere degli alberi, sconosciuti esseri viventi in Kazakistan.

Del resto l'Uzbekistan è famoso per la coltivazione del cotone e quindi molto più fertile  e verde della nazione da cui proveniamo.

La strada, che dovrebbe ricalcare quella che una volta era la via della Seta, non è molto bella, bensì in pessime condizioni.

Poco dopo la partenza attraversiamo Nukus, dove da programma saremmo dovuti arrivare il giorno prima con il treno per poi andare a vedere il lago D'Aral e il museo Satinsky. Purtroppo il treno del mercoledì è stato cancellato…

Comunque Nukus è la capitale della repubblica autonoma del Karacalpakstan, facente parte dell'Uzbekistan. Nukus conta circa 200 mila persone ed è bagnato dal fiume Amu Darya, uno dei due affluenti dell'ormai scomparso Lago d'Aral, di cui parlerò più avanti.

Oggi è nuvoloso e sembra che abbia appena piovuto. Borot ci dice che ieri qui c'erano 38 gradi. Sarà il cielo bigio, ma la città e l'intera zona hanno la fama di essere un territorio depresso ed in costante declino a causa proprio della scomparsa del grande lago salato.

Continuiamo la via della Seta, rotta. Dopo un paio d'ore di steppa iniziamo a vedere comparire accanto alla strada diverse cave e miniere.

In mezzo a tutto questo lavoro di estrazione incontriamo anche aree dove ci sono molti alberi.

Ebbene, alla fine aveva ragione Borot. Dopo 5 ore di devastante strada con buche e lavori in corso, arriviamo a Khiva.

L'inferno del trasbordo tra Kazakistan e Uzbekistan termina finalmente a Khiva, ben 26 ore dopo la nostra partenza.

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