Ad aspettarci alla stazione di Kungrad troviamo il pulmino di Borot. Secondo Maps.me abbiamo altre 4 ore di auto, pause comprese. Borot ne minaccia almeno 5 se non 6.
Illudendomi
che una semplice App conosca meglio la strada di chi vive in questa nazione, mi
sento fiducioso.
Per
la prima parte del viaggio il panorama cambia pochissimo, se non che si
iniziano a vedere degli alberi, sconosciuti esseri viventi in Kazakistan.
Del
resto l'Uzbekistan è famoso per la coltivazione del cotone e quindi molto più
fertile e verde della nazione da cui
proveniamo.
La
strada, che dovrebbe ricalcare quella che una volta era la via della Seta, non
è molto bella, bensì in pessime condizioni.
Poco
dopo la partenza attraversiamo Nukus, dove da programma saremmo dovuti arrivare
il giorno prima con il treno per poi andare a vedere il lago D'Aral e il museo
Satinsky. Purtroppo il treno del mercoledì è stato cancellato…
Comunque
Nukus è la capitale della repubblica autonoma del Karacalpakstan, facente parte
dell'Uzbekistan. Nukus conta circa 200 mila persone ed è bagnato dal fiume Amu
Darya, uno dei due affluenti dell'ormai scomparso Lago d'Aral, di cui parlerò
più avanti.
Oggi
è nuvoloso e sembra che abbia appena piovuto. Borot ci dice che ieri qui
c'erano 38 gradi. Sarà il cielo bigio, ma la città e l'intera zona hanno la
fama di essere un territorio depresso ed in costante declino a causa proprio
della scomparsa del grande lago salato.
Continuiamo
la via della Seta, rotta. Dopo un paio d'ore di steppa iniziamo a vedere
comparire accanto alla strada diverse cave e miniere.
In
mezzo a tutto questo lavoro di estrazione incontriamo anche aree dove ci sono
molti alberi.
Ebbene,
alla fine aveva ragione Borot. Dopo 5 ore di devastante strada con buche e
lavori in corso, arriviamo a Khiva.
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