Sotto di noi la gola che si apre, bianchissima, è spettacolare. Proviamo a chiedere se stasera dormiremo qui sotto, ma Denis dice che laggiù il vento sarebbe troppo forte.
Mentre sono immerso nel panorama in uno stato di completa adorazione, incontro una Kazaka. Conosce qualche parola di italiano perché è stata a Roma, dove l’unica cosa che ha imparato veramente sono le parolacce.
Perché le parolacce?
Perché come le dite voi hanno un suono così poetico.
La cosa mi incuriosisce, ma alla fine non riesco a farle recitare qualche “poesia”.
Le dico che sembra proprio di essere alla Monument Valley ma lei è Kazaka, non la conosce.
Ma sì, quella dove facevano tutti i film con gli indiani.
Buio totale.
Cambiando discorso chiacchieriamo un pochino sui luoghi che abbiamo visto nel Mangystau, poi il suo sguardo cade su Cassandra, che si è fermata qualche metro più in là a fare meditazione.
È con te? Cosa sta facendo?
Sì, è con me. Sta cercando la pace e credo che sia nel posto giusto.
Ci salutiamo e mi rimetto ad ammirare il panorama.
Quando torniamo siamo un po' storditi dal caldo e un po' dallo spettacolo a cui abbiamo assistito.
Iniziamo a scendere verso il fondo del canyon e ci troviamo in coda con tre jeep inglesi con sopra scritto “London to Singapore”. Probabilmente stanno facendo una traversata in stile Overland.
Sono un pochino più lenti di noi, ma a causa della polvere che sollevano e del poco spazio, risultano difficili da sorpassare, per cui dobbiamo desistere e accodarci sperando che non ci rubino il posto migliore per accamparci.
Mentre siamo in carovana Denis ci dice che proprio in mezzo al canyon di Bozhira, un gruppo di hotel turchi, ricchissimi, volevano costruire un mega hotel.
Per fortuna non gli hanno dato il permesso.
A metà del percorso noi deviamo dal percorso degli inglesi e finiamo nella pianura dove incontriamo ancora la jeep del fotografo francese.
Gli inglesi invece si accampano proprio sotto ai denti.
È ancora presto, fa caldo. Mettersi a montare la tenda ora potrebbe essere controproducente perché diventerebbe un forno.
Allora andiamo a perlustrare la zona.
Proprio sotto i denti troviamo le radici di montagna come quelle di Tuzbair. Non sono così grandi, ma passandoci in mezzo vi trovo una marea di conchiglie incastonate e soprattutto i resti di ricci di mare. Chissà quanti anni hanno.
Andiamo a dormire con un pochino di vento e verso le 23 inizia perfino a piovere.
Per fortuna durerà poco, giusto il tempo di sporcare la tenda, stavolta dormo benissimo. Quando esco durante la notte per andare alla toilette, ormai il cielo è pulito e la luna alta illumina tutta la valle, quindi riprendo a dormire come un bambino.
Solo alla mattina sento gli altri, Cassandra compresa, che sono stati svegliati dagli ululati dei coyote e poi anche lo zampettare di questi animali attorno alle nostre tende.
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