A colazione si manifesta qualcosa che era già nell’aria e ventilato da Gaia.
Da programma avremmo un
altro giorno qui a Tuzbair, però secondo Roman e Denis abbiamo già visto tutto
quello che c’era da vedere, per cui propongono come alternativa di passare
l’ultima notte sulle dune, in riva al mar Caspio.
Viene anche sollevato
il problema del caldo che arriverà durante il giorno e soprattutto la poca
disponibilità di acqua e cibo.
Queste ultime notizie fanno vacillare la convinzione del gruppo sul rimanere a Bozhira e io ammetto che ero indeciso e mi sono astenuto per capire cosa voleva fare il gruppo.
Alla fine il mare
prevale.
Solo dopo la decisione
inizio a pensare come il grande ammiraglio Akbar “è un chrapphola!”
Si scatena un pochino
di malumore mentre salutiamo i grandi denti e ci dirigiamo verso le spine che
avevamo visto dall’alto ieri.
Prima io e Marco andiamo
ad incontrare il fotografo che, da buon francese, quando ci presentiamo come
italiani, ci consola dicendo:
Nessuno è perfetto.
Si chiama Philippe
Boursellier e sta portando a termine un libro fotografico su tutti i deserti
del mondo e che dovrebbe uscire a settembre per una casa editrice tedesca.
Anche lui conferma la
bellezza di questa parte del Kazakistan, in particolar modo di Bozhira che
sembra essere una Monument Valley bianca.
Gli chiediamo se usa
anche un drone, risponde affermativamente, ma ha qualche problema… Va avanti
solo di 50 metri e poi può andare solo in alto. Per farlo andare in un’altra
direzione deve farlo scendere, spostarlo a mano e poi farlo ripartire…
Meno male che non uso droni…
Dopo esserci fatti dare
l’indirizzo del suo sito per poterlo seguire e magari vedere le foto fatte in
Mangystau:
https://philippebourseiller.com/
Man mano che ci avviciniamo alle spine, ci rendiamo conto che sembrano sempre più grandi. Ma la cosa più bella è la loro forma, ricordano le vele di un’antica nave. Quando siamo proprio sotto di loro ci raggiungono le jeep. Abbiamo ancora tempo, così le scaliamo finché si può. La roccia bianca e levigata che le circonda è quasi croccante, non come il Tiramisù, quindi ci si può salire facilmente per godere prima della prospettiva di una spina e poi delle altre più grandi.
Fantastico.
Non vorrei più scendere, se non che alle jeep hanno aperto un rinfrescante cocomero. Quando arriviamo Denis ha disposto su un banchetto dei denti di squalo fossili che ha trovato l’altro giorno al Tiramisù.
Risaliamo sulle jeep
per uscire pian piano da Bozhira e già mi piange il cuore… Il caldo che ha
fatto ieri mi sembrava avesse messo in difficoltà un paio di membri del gruppo…
Forse passare tutto il giorno in questo forno non sarebbe molto salutare.
Dato che la strada è
ancora lunga, ci fermiamo a fare ancora rifornimento di acqua e viveri e
pranzare nella stessa tavola calda dell’altro giorno, con medesimo risultato.
La strada per il mare è
lunga e bruttissima. A tratti poco asfaltata e simile agli sterrati che abbiamo
fatto in questi giorni. Dopo un paio d’ore di sobbalzi ecco cambiare
l’orizzonte.
Ci avviciniamo al mare
passando accanto a quella che sembra essere una grande raffineria di petrolio e
sullo sfondo un mare grigio. Il silenzio che cala in auto è glaciale. Vedo
Maria che unisce le mani ed inizia ad agitarle con un’espressione che dice
tutto, finché non la sento dire neanche troppo velatamente:
Ma ‘ndo cazzo c’ha
portato questo???
Proseguiamo per una
ventina di minuti correndo lungo una spiaggia molto brutta. Di dune neanche
l’ombra, solo cumuli di macerie e immondizia.
Quando le jeep si
fermano e ci fanno scendere il paesaggio è desolato: una spiaggia grigia, piena
di rifiuti e bagnata dalle onde del mare fatte da acqua decisamente sporca.
Mi viene subito in
mente la copertina di un libro che leggevo sempre da bambino: il secondo
tragico libro di Fantozzi. Se fate una ricerca su internet troverete la
copertina e quindi saprete dove siamo arrivati ora.
La sosta non è per
farci ammirare il panorama o apprezzare il forte odore di pesce marcio, ma
perché Denis e Roman devono sgonfiare le gomme per poter guidare più
stabilmente sulla sabbia. Una volta terminata l’operazione ripartiamo a tutta
velocità come nella scena iniziale dei Goonies dove la banda Fratelli sfreccia
sulla spiaggia in mezzo ad una gara di fuori strada. solo che qui non siamo ad
Astoria e non c’è la banda Fratelli.
Comunque il paesaggio
migliora un pochino man mano che procediamo fino a che arriviamo a destinazione
dove effettivamente ci sono delle piccole dune con ancora sparsa qualche
immondizia.
Roman è talmente
contento che si mette a fare il pirla con la jeep sgommando e arrampicandosi
sulle dune. Mentre fa il pirla, noi siamo ancora dentro l’auto.
Si ferma e si va a buttare direttamente in acqua, mentre noi siamo lì, ripensiamo al Mangystau, capendo di aver fatto una cazzata.
Montiamo le tende per
non pensare a quello che ci siamo lasciati alle spalle e lancio un monito a chi
volesse fare questo viaggio:
Se vi propongono di
fare un giorno al mare invece del Mangystau… desistete.
Piuttosto razionate
acqua, cibo, e le uscite al caldo fuori dall’aria condizionata delle jeep, ma
desistete dall’accettare il mare.
Dopo
aver sbollito un po' la cosa, ci mettiamo in riva con l’ultima birra e i soliti
semi di girasole. Niente tramonto. Nuvole all’orizzonte impediscono di vedere
il sole morire nelle acque del mare.
Mentre
aspettiamo la cena arrivano due sposini, vestiti con abiti tradizionali, per
fare le foto del matrimonio sulle dune e immondizie alle nostre spalle.
Lei
ha davvero un abito particolare, da lontano si vede che è colorato. Estrae perfino
un cappello a punto lunghissimo che sembra quello di una fatina di carnevale.
A
cena sotto il tendone il cielo si annuvola sempre più, anzi, ogni tanto da
lontano vediamo baluginare dei bagliori.
Fulmini!
Siamo
in riva al mare, c’è un po' di vento e forse pioverà?
Chiedo
conferma a Denis e lui mi risponde
Maybe
not…
Forse
no.
Molto
bene.
Difatti
durante la cena inizia a piovere, poca roba, ce ne rimaniamo sotto il tendone a
sorseggiare un liquore offerto da Roman, quando usciamo già non piove più.
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