domenica 15 ottobre 2023

Bozhira e quelle dune del Caspio

 


A colazione si manifesta qualcosa che era già nell’aria e ventilato da Gaia.

Da programma avremmo un altro giorno qui a Tuzbair, però secondo Roman e Denis abbiamo già visto tutto quello che c’era da vedere, per cui propongono come alternativa di passare l’ultima notte sulle dune, in riva al mar Caspio.

Viene anche sollevato il problema del caldo che arriverà durante il giorno e soprattutto la poca disponibilità di acqua e cibo.


Queste ultime notizie fanno vacillare la convinzione del gruppo sul rimanere a Bozhira e io ammetto che ero indeciso e mi sono astenuto per capire cosa voleva fare il gruppo.

Alla fine il mare prevale.

Solo dopo la decisione inizio a pensare come il grande ammiraglio Akbar “è un chrapphola!”

Si scatena un pochino di malumore mentre salutiamo i grandi denti e ci dirigiamo verso le spine che avevamo visto dall’alto ieri.

Prima io e Marco andiamo ad incontrare il fotografo che, da buon francese, quando ci presentiamo come italiani, ci consola dicendo:

Nessuno è perfetto.

Si chiama Philippe Boursellier e sta portando a termine un libro fotografico su tutti i deserti del mondo e che dovrebbe uscire a settembre per una casa editrice tedesca.

Anche lui conferma la bellezza di questa parte del Kazakistan, in particolar modo di Bozhira che sembra essere una Monument Valley bianca.

Gli chiediamo se usa anche un drone, risponde affermativamente, ma ha qualche problema… Va avanti solo di 50 metri e poi può andare solo in alto. Per farlo andare in un’altra direzione deve farlo scendere, spostarlo a mano e poi farlo ripartire…

Meno male che non uso droni…

Dopo esserci fatti dare l’indirizzo del suo sito per poterlo seguire e magari vedere le foto fatte in Mangystau:

https://philippebourseiller.com/

ci muoviamo verso le spine che ieri abbiamo visto dall’alto. Durante la camminata troviamo diversi gusci di tartarughe, solo in parte integri. Ci tornano in mente le parole del kazako incontrato nella Valle dei Castelli. Probabilmente anche questo è un campo di gara per le aquile che partecipano al lancio della tartaruga. Forse però pure i coyote sentiti stanotte centrano qualcosa.


Man mano che ci avviciniamo alle spine, ci rendiamo conto che sembrano sempre più grandi. Ma la cosa più bella è la loro forma, ricordano le vele di un’antica nave. Quando siamo proprio sotto di loro ci raggiungono le jeep. Abbiamo ancora tempo, così le scaliamo finché si può. La roccia bianca e levigata che le circonda è quasi croccante, non come il Tiramisù, quindi ci si può salire facilmente per godere prima della prospettiva di una spina e poi delle altre più grandi.

Fantastico.


Non vorrei più scendere, se non che alle jeep hanno aperto un rinfrescante cocomero. Quando arriviamo Denis ha disposto su un banchetto dei denti di squalo fossili che ha trovato l’altro giorno al Tiramisù.

In un attimo io e Isabella li prendiamo tutti.

Risaliamo sulle jeep per uscire pian piano da Bozhira e già mi piange il cuore… Il caldo che ha fatto ieri mi sembrava avesse messo in difficoltà un paio di membri del gruppo… Forse passare tutto il giorno in questo forno non sarebbe molto salutare.

Dato che la strada è ancora lunga, ci fermiamo a fare ancora rifornimento di acqua e viveri e pranzare nella stessa tavola calda dell’altro giorno, con medesimo risultato.

La strada per il mare è lunga e bruttissima. A tratti poco asfaltata e simile agli sterrati che abbiamo fatto in questi giorni. Dopo un paio d’ore di sobbalzi ecco cambiare l’orizzonte.

Ci avviciniamo al mare passando accanto a quella che sembra essere una grande raffineria di petrolio e sullo sfondo un mare grigio. Il silenzio che cala in auto è glaciale. Vedo Maria che unisce le mani ed inizia ad agitarle con un’espressione che dice tutto, finché non la sento dire neanche troppo velatamente:

Ma ‘ndo cazzo c’ha portato questo???

Proseguiamo per una ventina di minuti correndo lungo una spiaggia molto brutta. Di dune neanche l’ombra, solo cumuli di macerie e immondizia.

Quando le jeep si fermano e ci fanno scendere il paesaggio è desolato: una spiaggia grigia, piena di rifiuti e bagnata dalle onde del mare fatte da acqua decisamente sporca.

Mi viene subito in mente la copertina di un libro che leggevo sempre da bambino: il secondo tragico libro di Fantozzi. Se fate una ricerca su internet troverete la copertina e quindi saprete dove siamo arrivati ora.

La sosta non è per farci ammirare il panorama o apprezzare il forte odore di pesce marcio, ma perché Denis e Roman devono sgonfiare le gomme per poter guidare più stabilmente sulla sabbia. Una volta terminata l’operazione ripartiamo a tutta velocità come nella scena iniziale dei Goonies dove la banda Fratelli sfreccia sulla spiaggia in mezzo ad una gara di fuori strada. solo che qui non siamo ad Astoria e non c’è la banda Fratelli.

Comunque il paesaggio migliora un pochino man mano che procediamo fino a che arriviamo a destinazione dove effettivamente ci sono delle piccole dune con ancora sparsa qualche immondizia.

Roman è talmente contento che si mette a fare il pirla con la jeep sgommando e arrampicandosi sulle dune. Mentre fa il pirla, noi siamo ancora dentro l’auto.


Si ferma e si va a buttare direttamente in acqua, mentre noi siamo lì,  ripensiamo al Mangystau, capendo di aver fatto una cazzata.

Montiamo le tende per non pensare a quello che ci siamo lasciati alle spalle e lancio un monito a chi volesse fare questo viaggio:

Se vi propongono di fare un giorno al mare invece del Mangystau… desistete.

Piuttosto razionate acqua, cibo, e le uscite al caldo fuori dall’aria condizionata delle jeep, ma desistete dall’accettare il mare.

Dopo aver sbollito un po' la cosa, ci mettiamo in riva con l’ultima birra e i soliti semi di girasole. Niente tramonto. Nuvole all’orizzonte impediscono di vedere il sole morire nelle acque del mare.

Mentre aspettiamo la cena arrivano due sposini, vestiti con abiti tradizionali, per fare le foto del matrimonio sulle dune e immondizie alle nostre spalle.

Lei ha davvero un abito particolare, da lontano si vede che è colorato. Estrae perfino un cappello a punto lunghissimo che sembra quello di una fatina di carnevale.

A cena sotto il tendone il cielo si annuvola sempre più, anzi, ogni tanto da lontano vediamo baluginare dei bagliori.

Fulmini!

Siamo in riva al mare, c’è un po' di vento e forse pioverà?

Chiedo conferma a Denis e lui mi risponde

Maybe not…

Forse no.

Molto bene.

Difatti durante la cena inizia a piovere, poca roba, ce ne rimaniamo sotto il tendone a sorseggiare un liquore offerto da Roman, quando usciamo già non piove più.

Sarà una notte tranquilla sulla sabbia morbida e solo con qualche spruzzo di pioggia.

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