venerdì 18 agosto 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 24

Johannesburg - Dubai – Roma




Nottata quasi in bianco durante il volo per Dubai.

Comunque io, Cassandra, Pier, Giovanni e Pietro decidiamo di uscire a fare una visita veloce della città.

E' mattina, ma appena fuori dell'area condizionata dell'aeroporto, ci imbattiamo nel muro di calore che opprime questa zona desertica.

Con un taxi, qui costano davvero poco, ci facciamo portare al Suk dell'oro e in venti minuti ci reimmergiamo nell'atmosfera afosa degli emirati.

In giro non c'è molta gente, il caldo è asfissiante. Basta un'occhiata ai negozi di oro per capire quanto ci tengano e quanto il livello medio di ricchezza sia alto. Vetrine stipatissime di gioielli a ventidue carati che stordirebbero qualunque uomo che accompagna una donna a fare shopping, vengono ignorate da Cassandra. Per fortuna non le interessano, dice che è troppo puro, si ammaccherebbe al primo colpo.

Cercando di rimanere all'ombra, attraversiamo il primo suk e approdiamo a quello delle spezie, dove ci riconoscono subito come italiani.

Fa troppo caldo, Pier non ci sta più dentro e propone di cercare un centro commerciale con aria condizionata per rinfrescarci le idee e decidere cosa fare.

Camminiamo per una decina di minuti prima di trovare il più brutto e piccolo centro commerciale di Dubai, dove però la frescura ci restituisce la parola e la ragione.



Decidiamo di andare a vedere il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa. Usciamo e prendiamo un altro taxi che in un quarto d'ora ci scarica all'ingresso del Dubai Mall.

Questo si è che un centro commerciale. Immenso, sconfinato, non so quanti piani abbia, considerando anche i sotterranei. Quello che vediamo subito sono il grandissimo acquario, un mare di negozi e un paio di cascate.

Poi troviamo la biglietteria del Burj Khalifa e scegliamo di pagare 35 dollari a testa per salire fino al centoventicinquesimo piano del grattacielo. Il centoquarantottesimo, l'ultimo visitabile, sarebbe costato più di cento dollari. Anche no.

Seguendo le indicazioni della hostess, ci incamminiamo verso l'ingresso del grattacielo attraversando tutto il centro commerciale mettendoci una decina di minuti a passo veloce.

Prendiamo l'ascensore e in un batter d'occhio siamo al centoventicinquesimo.

Una vista incredibile. Probabilmente siamo più in alto di alcuni voli panoramici fatti durante il viaggio.



Tutto il quartiere di grattacieli attorno a noi sembra un plastico in scala e la famosa vela, che si scorge in lontananza leggermente ottenebrata dalla foschia afosa, non appare così imponente come un tempo. Dietro di lei si intravede la forma della palma artificiale costruita in mezzo al mare.

Giovanni vede altre isole e dice che le stanno costruendo a forma di mappa mondiale. Io gli dico che si sbaglia, saranno solo isolette di sabbia, sembrano abbandonate.

In realtà aveva ragione lui, ma è anche vero che per contenziosi con l'Oman il progetto è stato interrotto, forse abbandonato.

Giriamo tutto il piano fotografando ogni angolo del panorama, poi ce ne torniamo alla base, dobbiamo incontrarci con Pier che è rimasto a terra.

Il volo ci aspetta, l'ultimo di questa vacanza.

Salutiamo i milanesi e ci mettiamo in attesa, cercando di non addormentarci.

Ormai è finita. Mentre salgo i gradini dell'aereo, mi chiedo se e quando verrò colto dal famoso mal d'Africa. Chissà se colpirà anche me?

Quello che so però, è che nonostante la vita in tenda, perennemente in viaggio attraverso paesi che non brillano per condizioni igienico sanitarie, non sono mai stato male. Non ho portato a casa neanche un mal di testa, un raffreddore o un mal di pancia.

La cosa mi fa ben sperare perché se mai mi verrà il mal d'Africa, quando tornerò da queste parti non mi ammalerò, se non di nostalgia.

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