venerdì 1 settembre 2017

Galleria Colonna

Dopo il viaggione in Africa, riprendo timidamente l'esplorazione dell'infinita riserva storico, artistica che è la città di Roma, nonostante tutto bellissima e tutta da scoprire.

Oggi visitiamo una galleria d'arte, quindi scriverò principalmente di quadri, argomento di cui sono assolutamente ignorante e profano. Dato che ho questa bassissima cultura artistica spero di non sparare troppi strafalcioni.

Inizio a dimostrare la mia ignoranza col dire che di questa importantissima galleria non conoscevo praticamente nulla, nemmeno l'esistenza. Essa si trova proprio in centro, nello stesso palazzo che ospita il museo delle cere. È un palazzo grandissimo di proprietà della famiglia Colonna e che arriva fino al quirinale. In realtà i loro possedimenti una volta arrivavano fino al mausoleo di Augusto, oltre ai molti altri al di fuori della città.

I colonna ancora oggi abitano in questo palazzo ed in particolare il principe Prospero gestisce la galleria ed il patrimonio di famiglia.

Il primo Colonna di cui si abbiano notizie risale tra il 1000 e il 1100. Sono passate più di trenta generazioni e ancora resistono.

Il capostipite pare che fosse il proprietario delle terre di Zagarolo, quindi non c'entra nulla la vicinanza del loro grande palazzo con la colonna di Traiano, come qualcuno potrebbe pensare.

Già nel 1200 i Colonna vengono a vivere a Roma, quando sarà eletto il primo cardinale di famiglia. Nella storia ce ne saranno più di venti, oltre a papa Martino V.




Tra i tanti personaggi che la famiglia darà alla storia il più importante è Marcantonio, il trionfatore della battaglia navale contro i musulmani.

Dopo la prima sala, in cui tra le altre opere ce ne sono almeno due di Piero Della Francesca, passiamo alla sala della cappella, una grande stanza su cui si affaccia una piccolissima cappella privata, un tempo arricchita perfino da delle reliquie.

La cappella è dedicata a Beata Margherita che era una seguace di san Francesco.

Nella grande sala i Colonna ricevevano i loro ospiti, facendoli attendere, come era giusto che i principi si facessero attendere e, nel frattempo, offrivano loro ogni sorta di prelibatezza disposte su un buffet con diversi ripiani.

Al centro del soffitto pende ancora un grande lampadario di vetro di murano.

In questo museo ci sono molti quadri di produzione fiamminga, ma il più importante all'interno di questa sala è quello del Guercino, famoso artista seicentesco, appunto guercio da un occhio. La leggenda vuole che da piccolo stesse dormendo tranquillamente quando un fortissimo baccano gli fece strabuzzare gli occhi provocandone così la stortura di uno.

Probabilmente la causa fu invece una malattia che lo colpì in tenera età.

Il quadro in questione rappresenta Mose' con le tavole della legge. L'uomo dipinto non è la solita immagine aulica, è un uomo pensieroso di mezza età. L'artista aveva la caratteristica di rendere i suoi quadri sempre classici, ma più freschi. Questo per accontentare le richieste dei committenti, tra i quali c'era proprio il cardinale Francesco I Colonna.

Il pittore in seguito diventerà molto amico del cardinale, per cui aveva una sorta di reverenza. Difatti verrà a lavorare spesso per lui e molte sono le opere del Guercino qui a galleria Colonna. Altro quadro infatti è l'annuncio dell'arcangelo Gabriele alla Madonna.

Passiamo in un'altra sala affrescata da Pietro da Cortona. Costui, oltre ad essere il pittore barocco per eccellenza, fu anche architetto e scultore, come testimoniano la chiesta ai Fori imperiali dedicata ai santi Luca e Martina, nonché la galleria Panphili.

Vediamo ora un ritratto di donna che riguarda Maria Mancini, la nipote del cardinale Mazzarino, molto amico dei Colonna. Il cardinale venne inviato, portando con se tutta la sua famiglia, come ambasciatore presso la corte di Luigi XIV. Essendo Maria Mancini molto bella riuscì a far innamorare Luigi XIV e pare che divennero amanti. Purtroppo però Luigi dovette sposarsi la regina di Spagna, detta l'infanta perché ancora bambina. Così Maria Mancini viene fatta allontanare dalla corte e finisce per sposare uno dei Colonna.

La storia di Maria Mancini racconta che ad un certo punto la donna inizia ad aver paura che il marito la voglia eliminare, così essa si traveste da uomo e di notte scappa da palazzo per iniziare a vagare per tutte le corti d'Europa, dove però non era vista molto bene.

Oltre a questo quadro sembra che Maria Mancini sia stata immortalata anche da un busto posto sulla facciata della chiesa dei santi Anastasio e Vincenzo del Mazzarino, cosa che ai tempi creò molto scalpore.

Passiamo ad un'altra sala dove è esposto il ritratto di Papa Martino V, anche lui Colonna, passato alla storia per aver riportato la sua corte a Roma, proprio in questo palazzo. Oltre a questo, Martino V sarà ricordato anche per i suoi importanti interventi urbanistici che iniziarono a trasformare quello che ormai era diventato un borgo, con tanto di animali al pascolo un pò ovunque, nella grande capitale rinascimentale di cui vediamo ancora oggi la gran parte.

Oltre al ritratto del Papa c'è anche il trono papale, successivo a Martino V, su cui era solito sedere il Papa quando veniva in visita a palazzo.

Vediamo anche un ritratto di Marcantonio Colonna II e della moglie Felice Orsini. Fino al loro matrimonio, queste erano le due famiglie più importanti: i Colonna controllavano la zona sud della città, mentre gli Orsini la zona nord. Prima di questo matrimonio le due famiglie erano sempre state in guerra tra loro, finché Papa Giulio della rovere all'inizio del 1500 decise di mettere pace tra loro stabilizzando l'intera città: impose la Pax romana attraverso il matrimonio tra Marcantonio II e Felice Orsini.

In questa sala sono conservati anche i quadri più antichi della collezione, risalenti al 1300 e in stile che sembra bizantino.

Passiamo finalmente alla sala del Mangia fagioli.

Siamo nella sala dell'apoteosi di Martino V e infatti sul soffitto è proprio rappresentato il Papa nel momento della sua entrata in paradiso.

C'è poi il capolavoro di Carracci, precursore del barocco e maestro del Guercino che così come Guido Reni si rifà proprio al suo stile. Annibale Carracci è un personaggio molto particolare, difatti Caravaggio si ispirò a lui perché è lui che inventa la pittura verista. Il soggetto del Mangia fagioli difatti è un uomo comune, probabilmente un contadino che compie uno dei gesti quotidiani: mangiare, tra l'altro piatti molto poveri. Vino, pane, erbe, fagioli. Il pasto di un uomo povero che non si può permettere cibi costosi come carne e pesce.




Ora io sarò anche noioso e ripetitivo: ma questo qui è vegano! Quindi la maggior parte delle persone, che erano povere, erano vegane? Certo non per scelta loro, ma comunque era gente che viveva anche senza carne o pesce.

Concludo solo dicendo “Grande Annibale”.

Tornando al quadro, se si guarda il soggetto sembra che sia sorpreso del fatto che qualcuno lo stia osservando mentre mangia, vien quasi da mettergli la nuvoletta "Beh? Non avete mai visto un poveretto mangiare bene?"

E' uno stile rivoluzionario, totalmente in contrapposizione con il manierismo che aveva dominato fino a quel momento. Rivoluzione senza la quale chissà se Caravaggio sarebbe diventato il Caravaggio che conosciamo, colui che ha realmente e definitivamente rivoluzionato la pittura.

La curiosità di questo quadro è che sembra sia stato preso come modello un famoso attore teatrale del tempo.

Sempre nella stessa sala c'è anche il san Girolamo penitente del Perugino, pittore rinascimentale che operò tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500. Tra le altre cose fu il maestro di Raffaello Sanzio. Il Perugino a sua volta si ispira a Piero della Francesca ed a Giotto.

Ci sono poi altri ritratti fatti da Tintoretto.

Un pò storditi e ammirati, usciamo da questa piccola grande sala pensando che più di questo non potremo ammirare. Invece manca il pezzo forte.

L'ultima ala, quella seicentesca, ha un'ampia sala in cui ci sono due grandissimi scrigni, preziosi e finemente lavorati quanto inutili.



La Galleria barocca lunga circa 70 metri, è realizzata con idea scenografica, teatrale e soprattutto prospettica. Per realizzare la parte architettonica è stato chiamato Antonio Del Grande, coadiuvato poi dal Bernini.

I marmi che compongono la Galleria provengono dalla struttura romana che c'era qui fin dall'antichità in questo luogo: il grandioso tempio del Dio Serapide. Questa era la parte finale del percorso che i visitatori della famiglia Colonna dovevano fare, attraversando le sale e salette come abbiamo fatto noi, già colme di opere d'arte, fino ad arrivare alla splendida Galleria, in fondo alla quale, sulle scale c'era il principe Colonna seduto ad attenderli.

Anche sul soffitto della Galleria vengono realizzati affreschi che rappresentano una lenta processione dell'apoteosi dei Colonna. Raccontando la storia della famiglia attraverso la genealogia e le imprese. Volgendo lo sguardo verso l'alto vediamo la storia del Papa che incarica Marcantonio Colonna di andare in guerra per fermare l'avanzata dei Turchi, quindi successivamente la gloria di Marcantonio Colonna che viene incoronato vincitore della battaglia di Lepanto contro i Turchi.




Come decorazioni della Galleria ci sono una serie di quadri, quasi tutti paesaggistici. Ci sono poi numerose statue, molte delle quali antiche recuperate dai tombaroli e in parte ricostruite.

La caratteristica principale di questo ambiente però sono gli specchi, da cui la Galleria prende il nome come Sala degli specchi. L'archeologa ci spiega che qualcuno, i francesi di solito, vengono qui in visita pensando di ritrovare un'imitazione della loro sala degli specchi di Versailles. In realtà la Galleria è precedente, anzi, sembra che sia questa che abbia ispirato i francesi.

Tra gli altri quadri che si possono ammirare in questa sala, un po' in alto, se ne scorge anche uno di Guido Reni con san Francesco come soggetto. Tanto per non farsi mancare nulla.

Di fronte c'è un altro san Girolamo, stavolta però del Guercino.




Arriviamo al centro della Galleria, al centro della storia e quindi della battaglia di Lepanto, in Grecia. Sul soffitto si riconosce benissimo Marcantonio sulla sua nave che fronteggia il capo dei Turchi con la sua scimitarra. La battaglia che infuria li circonda, ma la gloria incorona Marcantonio come vincitore che poi rientrerà a Roma come trionfatore.

Stiamo per salire i gradini che portano all'uscita della Galleria quando si nota benissimo che da uno di essi sporge un palla di cannone. Nel 1848, quando Roma si trovava nell'epoca della repubblica romana, gli insorti repubblicani, tra cui Mazzini, avevano cacciato il Papa Pio IX. Questo allora aveva chiamato a difesa i francesi.

Questa palla però venne sparata da un cannone francese che stava sul quirinale e voleva colpire il Quirinale per cacciare i ribelli.

Lo sparo ha mancato clamorosamente l'obiettivo ma la palla non è mai stata disincagliata dal gradino per testimoniare la fedeltà dei Colonna nei confronti del Papa.

Prima di uscire vediamo la scena conclusiva della storia: Marcantonio che viene presentato da Ercole alla vergine Maria e viene incoronato di gloria.

L'ultima cosa che ci rimane da vedere è la sala della colonna. Al centro di questa sala c'è una colonna di tipo tortile, scolpita con scene di battaglia che ricordano un po' quelle di Traiano e Marco Aurelio, ma molto più in piccolo. Sopra il capitello era situata la statua della dea Roma.

Sulle pareti ci sono altre opere tra cui una del Bronzino e ritratti dei Colonna e di Vittoria Colonna. Essa si sposò molto giovane, rimase vedova sempre giovane e si ritirò per qualche tempo in convento. Sembra che fu una delle più care amiche di Michelangelo Buonarroti. Fra i due si creò uno stretto rapporto epistolare, l'artista chiedeva molto spesso consiglio a Vittoria, poetessa e donna di grandissima cultura, che influenzò così moltissimo la carriera di Michelangelo.

Stavolta è stata dura, un tour de force che si fa sentire solo quando usciamo a prendere aria. Distratti e presi dalle opere d'arte non ci siamo resi conto che sono volate tre ore come fossero un sol respiro.
Riprendiamo fiato, c'è ancora tanto da vedere.

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