Maun – Planet
Baobab - Kasane – Kazungula
Altra
giornata di solo trasferimento. Sarà che ormai siamo in viaggio da
quasi venti giorni, mettiamoci poi che siamo nel bush, praticamente
immersi nella savana
con alberi che coprono la visuale ovunque, animali liberi ovunque, ma
oggi sembra più pesante del solito.
In
quanto a pesantezza io non scarterei la fiatella generale che ammorba
la Jeep. Causata dal pestilenziale pane all'aglio della sera prima,
forse solo io e Cassandra, gli unici che non hanno assaporato tale
prelibatezza, siamo i soli a soffrirla. Noi tapini.
In
compenso ogni tanto si vede qualche animale vagare libero.
Le
strade sono pessime, lo so, l’ho già detto, ma oggi sono ancora
peggio.
Verso
metà mattinata, a spezzare la monotonia di questa lunga strada
rettilinea, troviamo un tratto dove ai lati della carreggiata, non
asfaltata, è tutto allagato. Incrociamo perfino una fila di
autotreni completamente impantanati nel fango. Probabilmente sono
bloccati qui da giorni. Arriviamo proprio quando una ruspa sta per
raggiungerli ad aiutarli.
Se
ci fermiamo per noi potrebbe essere la fine.
Per
fortuna siamo ancora troppo leggeri e anche se lentamente e con
qualche
preghiera, riusciamo a
uscire dal pantano.
L'altra
distrazione della giornata, questa più simpatica, è la
sosta in un hotel e campeggio particolare chiamato Planet Baobab. Si
tratta di un luogo privato ricchissimo degli enormi alberi.
Gironzoliamo per tutta la struttura come se ne fossimo ospiti,
fotografando i grandissimi colossi e poi risaliamo in Jeep. Cobus
racconta, indicandoci il più grande che abbiamo visto, che fino a
qualche anno fa ce ne era uno ancora più enorme. Era talmente
gigantesco che quando fu colpito da un fulmine impiegò due anni
interi per bruciare.
La
lunga strada che sembra non finire mai, oggi ci porta a Kasane. Per
essere precisi, in curioso posto, limitrofo a Kasane, che corrisponde
al nome Kazungula.
Dall’evidente
facile ironia, pare invece che qui siano nati diversi oggetti e
costumi utilizzati ancora oggi nel mondo occidentale.
Primo
fra tutti lo strumento musicale del Kazu. Chi lo conosce sa di cosa
sto parlando, ha un suono inconfondibile.
Secondo
una leggenda di giostrai, questa è la città natale del calcinculo.
Altri
sostengono che sia la capitale mondiale delle fregature, per questo,
se passerete da queste parti, vedrete molte persone camminare con le
spalle aderenti alle pareti.
Personalmente
non credo a nessuna di queste chiacchiere, anche perché da quello
che ho visto a Kazungula, oltre a due supermercati, non
c'è proprio un kazu.
Arrivati
all'alloggio, contrariamente a quanto pensavamo, non ci sono più
delle tende, bensì delle camere vere e proprie. Forse non siamo più
abituati a tanto lusso, ma sembrano bellissime. Lo sono talmente che
le troviamo occupate abusivamente da dei ragni giganti più grandi
del camping scalcinato. Quando chiediamo spiegazioni,
i suddetti aracnidi hanno la faccia tosta di mostrarci perfino la
prenotazione di Booking.com, falsa ovviamente.
Chiarito
il disguido,
prendiamo possesso degli alloggi e ci mettiamo a cucinare. Daniele ha
in mente di fare una bella carbonara. Il cortile dell'alloggio è
ampio e spazioso, senza più la sabbia che ci ammorba. Per di più
ben illuminato. Stavolta possiamo riporre le luci da speleologo ed
evitare di accecarci l'un l'altro quando
dobbiamo guardarci in faccia.
Dieci
minuti più tardi arriva il blackout totale del quartiere. La sciura
del posto ci dice che è frequente. Non si sa quando tornerà.
Riaccendiamo
le luci da speleologo e ci rimettiamo a cucinare.
Come
consolazione, non da poco, una fantastica visione del cielo notturno
senza inquinamento luminoso.
Il
Botswana ha veramente un cielo bellissimo in ogni momento, alba e
tramonto compresi.
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