sabato 12 agosto 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 18

Maun – Planet Baobab - Kasane – Kazungula

Altra giornata di solo trasferimento. Sarà che ormai siamo in viaggio da quasi venti giorni, mettiamoci poi che siamo nel bush, praticamente immersi nella savana con alberi che coprono la visuale ovunque, animali liberi ovunque, ma oggi sembra più pesante del solito.
In quanto a pesantezza io non scarterei la fiatella generale che ammorba la Jeep. Causata dal pestilenziale pane all'aglio della sera prima, forse solo io e Cassandra, gli unici che non hanno assaporato tale prelibatezza, siamo i soli a soffrirla. Noi tapini.
In compenso ogni tanto si vede qualche animale vagare libero.
Le strade sono pessime, lo so, l’ho già detto, ma oggi sono ancora peggio.
Verso metà mattinata, a spezzare la monotonia di questa lunga strada rettilinea, troviamo un tratto dove ai lati della carreggiata, non asfaltata, è tutto allagato. Incrociamo perfino una fila di autotreni completamente impantanati nel fango. Probabilmente sono bloccati qui da giorni. Arriviamo proprio quando una ruspa sta per raggiungerli ad aiutarli.
Se ci fermiamo per noi potrebbe essere la fine.
Per fortuna siamo ancora troppo leggeri e anche se lentamente e con qualche preghiera, riusciamo a uscire dal pantano.


L'altra distrazione della giornata, questa più simpatica, è la sosta in un hotel e campeggio particolare chiamato Planet Baobab. Si tratta di un luogo privato ricchissimo degli enormi alberi. Gironzoliamo per tutta la struttura come se ne fossimo ospiti, fotografando i grandissimi colossi e poi risaliamo in Jeep. Cobus racconta, indicandoci il più grande che abbiamo visto, che fino a qualche anno fa ce ne era uno ancora più enorme. Era talmente gigantesco che quando fu colpito da un fulmine impiegò due anni interi per bruciare.
La lunga strada che sembra non finire mai, oggi ci porta a Kasane. Per essere precisi, in curioso posto, limitrofo a Kasane, che corrisponde al nome Kazungula.
Dall’evidente facile ironia, pare invece che qui siano nati diversi oggetti e costumi utilizzati ancora oggi nel mondo occidentale.
Primo fra tutti lo strumento musicale del Kazu. Chi lo conosce sa di cosa sto parlando, ha un suono inconfondibile.
Secondo una leggenda di giostrai, questa è la città natale del calcinculo.
Altri sostengono che sia la capitale mondiale delle fregature, per questo, se passerete da queste parti, vedrete molte persone camminare con le spalle aderenti alle pareti.
Personalmente non credo a nessuna di queste chiacchiere, anche perché da quello che ho visto a Kazungula, oltre a due supermercati, non c'è proprio un kazu.
Arrivati all'alloggio, contrariamente a quanto pensavamo, non ci sono più delle tende, bensì delle camere vere e proprie. Forse non siamo più abituati a tanto lusso, ma sembrano bellissime. Lo sono talmente che le troviamo occupate abusivamente da dei ragni giganti più grandi del camping scalcinato. Quando chiediamo spiegazioni, i suddetti aracnidi hanno la faccia tosta di mostrarci perfino la prenotazione di Booking.com, falsa ovviamente.
Chiarito il disguido, prendiamo possesso degli alloggi e ci mettiamo a cucinare. Daniele ha in mente di fare una bella carbonara. Il cortile dell'alloggio è ampio e spazioso, senza più la sabbia che ci ammorba. Per di più ben illuminato. Stavolta possiamo riporre le luci da speleologo ed evitare di accecarci l'un l'altro quando dobbiamo guardarci in faccia.
Dieci minuti più tardi arriva il blackout totale del quartiere. La sciura del posto ci dice che è frequente. Non si sa quando tornerà.
Riaccendiamo le luci da speleologo e ci rimettiamo a cucinare.
Come consolazione, non da poco, una fantastica visione del cielo notturno senza inquinamento luminoso.
Il Botswana ha veramente un cielo bellissimo in ogni momento, alba e tramonto compresi.

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