mercoledì 2 agosto 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 9

Swakopmund - Cape Cross - Skeleton Coast - Palmwag

Si riparte finalmente.
Abbiamo un nuovo carrello, solo che è molto più piccolo: poco più della metà di quello vecchio. L’energumeno, da quando si è svegliato, lo sta studiando per cercare di farci stare tutto. Dopo colazione ci mettiamo un po' a sistemare i bagagli e ne rimangono fuori tre a prendere la polvere. Uno ovviamente è il mio.
Oggi siamo diretti verso l'interno della Namibia, ma prima attraverseremo l'ultimo tratto di costa atlantica, ovviamente sempre Skeleton Coast.
Ci fermiamo a fare la spesa per le ultime cose e, dato che non troviamo tutto, visitiamo tre supermercati diversi. Mi sembra di essere tornato a Roma con Cassandra che me li fa girare tutti con i volantini delle offerte in mano e il carrello sempre pieno... manco scoppiasse la guerra ogni sabato.

Terminati i rifornimenti, ripartiamo alla volta di Cape Cross, dove un portoghese sbarcò per la prima volta in Namibia nel 1486. Oltre alla croce che testimonia l'evento, qui c'è una numerosissima colonia di otarie.
Sono simpatiche e ci si può camminare vicino per mezzo di una lunga passerella di legno, facendo bene attenzione a non farsi mordere. La passerella che attraversa la colonia e si affaccia sul mare tempestoso, ci rivela di essere anch'esso pieno zeppo di altre otarie che nuotano. Tra quelle spiaggiate e quelle in acqua, saranno a migliaia. Molti i cuccioli urlanti che dopo il bagno tentano di ritrovare la madre. Molte le madri che chiamano i cuccioli. Un dedalo quasi impossibile da sciogliere in cui però le otarie pare riescano alla fine a ritrovarsi grazie al suono dei versi emessi. Sono impressionanti e sembra di essere in un documentario di Piero Angela. Bellissimo.


Quello che il buon Piero non ci ha detto prima dell’incontro ravvicinato con questi mammiferi, è che puzzano da morire. Una cosa nauseabonda e insopportabile. Personalmente non ho mai sentito nulla di peggiore, putrido e fastidioso in vita mia.
Sdraiate a prendere il sole o a proteggere il proprio sasso, sembra che non temano niente e nessuno. Ti credo, con la puzza che emanano… Invece hanno almeno tre predatori da cui stare in guardia: in mare squali e Orche, sulla terra le iene e probabilmente anche qualcos'altro.
Difatti poco lontano dalla colonia troviamo tantissime tracce di iene che portano alla colonia e, più in là, resti di cuccioli di otaria.
Ancora perfidamente intrisi di quel puzzo pestilenziale, ripartiamo ed entriamo nella parte della Skeleton Coast più selvaggia. È chiamata così perché oltre ad essere pericolosa per le navi che a causa dei banchi di sabbia si arenano definitivamente diventando relitti, si trovano spesso anche mastodontiche ossa e carcasse di balena.


Anche questa è una zona mineraria per cui non ci si potrebbe fermare. Fortunatamente siamo ben guidati, e Cobus Malus appena avvista il relitto di una nave, frena e ci fa saltare giù per alcune rapidissime foto.
Non rimane molto del relitto, giusto un’idea della chiglia, l'anima del motore e qualche altra parte meccanica non ben definita.
Ripartiamo e ancora più velocemente, senza nemmeno scendere dal mezzo, vediamo ciò che resta di un pozzo minerario. Ricorda molto le città fantasma del Far West.
Un ultimo sguardo e salutiamo definitivamente l'Atlantico.

Usciamo dal parco della Skeleton Coast ed entriamo in un mondo colorato e pieno di sorprese: strane piante grasse che pare siano tra le più vecchie esistenti. Caterina dice che ne è stato trovato un'esemplare enorme in vita di circa duemila anni.

Anche se pare siano ancora pochi, per noi avvistare qualche altro animale in libertà di tanto in tanto è come scoprire un tesoro inaspettato. L’energumeno non si ferma nemmeno, dice che nei prossimi giorni faremo così tante foto che dovremo cancellare quelle di oggi.
Comunque a noi un orice, qualche gazzella qua e là, arricchiscono parecchio la giornata. Vediamo perfino uno sciacallo della gualdrappa, o forse era una volpe. Non lo so, era troppo lontano e anche con il massimo ingrandimento della mia macchinetta non posso essere certo della preda che ho catturato.


In una cornice da documentario avanziamo lentamente sulla strada dissestata. Ogni tanto Malus si ferma per dare un occhio al carrello. Sembra che regga.
Arriviamo al campo che ormai è buio e montiamo le tende con le luci in testa. Stavolta non è semplice: il terreno è ricco di grossi sassi e faccio una gran fatica a picchettare.
La nostra piazzola è un po’ isolata rispetto alle altre, sembra che alla reception ci abbiano dato le indicazioni sbagliate e siamo finiti in un'area periferica infestata da licaoni. Speriamo bene per questa notte.
A cena lo chef ha preparato pasta ai quattro formaggi e zucca in umido. Da leccarsi i baffi. 
 
Per la prima volta dopo tanto tempo, anche il nostro autista si rilassa un po’, complice del vino e la cena di Daniele. Così, invece di impersonare il solito orso silenzioso, chiacchiera liberamente con noi, scherzando sui vegetariani e le donne.
Dice di avere 51 anni (secondo me qualcuno di più), ed è fidanzato con una donna più grande di lui. Ci racconta di un altro viaggio con italiani vegetariani che hanno mangiato ogni sera spaghetti al pomodoro, dal primo all'ultimo giorno. Inizio a capire meglio la sua avversione per questa categoria.
Ha una forte nostalgia del suo camion e insiste che la jeep che stiamo utilizzando fa schifo. Parole sue. Gli chiediamo cosa farà quando finirà il nostro viaggio. Risponde che ha venti giorni per riportare il carrello a Windhoek, la Jeep a Pretoria, o forse era Cape Town, e poi riparare il suo beneamato camion.
Stanchi, ma un pochino più tranquilli, andiamo a dormire scordandoci dei licaoni.

Nessun commento:

Posta un commento