giovedì 10 agosto 2017

Va a ciapà i Rand! - Giorno 16

Maun - Moremi game drive – Maun

Sveglia alle 5, tanto per cambiare. Ricordo quel famoso detto “Ogni giorno in Africa una gazzella si sveglia...” solo che non specificava l'orario...
Comunque oggi abbiamo in programma un nuovo game drive al parco nazionale Moremi. Sicuramente ci svegliamo prima noi delle gazzelle.
Il ragazzo che ci viene a prendere alle sei per farci da guida si chiama Phillimon. Con un certo entusiasmo ci carica su un camion aperto, senza finestrini, con solo un telo a coprirci la testa.
Fino al parco sono novanta chilometri di tentato assideramento. Tutti cercano di coprirsi con ogni possibile indumento che riescono a stratificarsi addosso tentando di arginare il freddo vento della mattina, ma è una lotta persa in partenza. Come se non bastasse, la tortura non finisce qui: dopo circa un’ora di asfalto arriva lo sterrato. Il camion di Phillimon è molto vecchio e su questa strada dimostra tutti i suoi limiti. Ad ogni grossa buca dobbiamo rallentare fino quasi a fermarci.
In compenso case, capanne e baracche a fianco della strada sono scomparse, siamo ormai immersi nella savana e gli animali iniziano a mostrarsi anche se per il momento sono quasi tutti muli.
Quando arriviamo al primo cancello del parco, l'area semi privata, ne vediamo di più: qualche elefante, dei facoceri, un paio di gnu, di Kudu e le immancabili gazzelle e zebre.


I primi minuti sono promettenti, ma poi gli animali spariscono. Passa più di mezz'ora dall'ultimo avvistamento e quando verso le nove arriviamo al cancello vero e proprio del parco, sono un po' deluso perché dopo tre ore di macchina pensavo che il game drive fosse già finito.
Invece Phillimon ci dà prima la colazione e poi ci ricarica sul furgone per iniziare il vero safari.
Imbocchiamo il giro più lungo da 45 km e incrociamo le dita. Le mie speranze sono totalmente indirizzate sulla visione di questo fantomatico leopardo, poi viene tutto il resto.
L'inizio non è incoraggiante: il parco è fittissimo di vegetazione e anche se ci fossero dei leoni a qualche decina di metri dalla strada non lo vedremmo. In compenso spuntano gazzelle, antilopi, dik dik, soprattutto zebre, che la guida dice essere l'animale nazionale del Botswana.
Vediamo qualche elefante e una giraffa che pare indecisa se bere o meno l'acqua di un laghetto.

Stazioniamo per un po’ dall’altra parte della pozza d’acqua, in attesa di vedere la sua curiosa postura per abbeverarsi, ma poi si gira e se ne va.
'Sta preziosa.


Il paesaggio non cambia e io inizio a volgere lo sguardo solo sui rami dei grandi alberi, sperando di vedere qualche macchia leopardata.
Il miracolo però non avviene e spuntiamo su smisurate piane, macchiate qua e là da piccoli laghetti. Ci sono uccelli colorati, un paio di coccodrilli stesi al sole e poi finalmente gli Ippopotami. Per loro posso scordarmi anche per un attimo i leopardi.


Spuntano dall'acqua solo con occhi e naso ma sono riconoscibilissimi. A volte spariscono, a volte riemergono.
Ne vediamo anche uno completamente fuori dall'acqua che muovendosi lentamente si va ad immergere.
Poco più in là un altro paio di coccodrilli riposano al sole, tranquillamente sdraiati sulla riva, circondati da molti uccelli.


Se non ce li avesse indicati Phillimon non li avremmo mai visti talmente sono mimetizzati bene con l'ambiente circostante.



Gironzoliamo per queste piane finché non vediamo dei bufali da lontano poi riecco gli elefanti. Pensandoci, sono forse tra gli animali africani che conosciamo meglio. Chissà quante volte li abbiamo visti in televisione, a volte anche nelle fiere, nei circhi. Vederli dal vivo però è tutta un’altra cosa. Non sono solo grossi e lenti, non sono stupidi e imbambolati, anzi. Quello che incontriamo oggi, per proteggersi dal gran caldo, decide di ricoprirsi tutto di fango spruzzandoselo addosso con la proboscide.


Che spettacolo. Siamo a dieci metri di distanza e l'elefante, che da quella distanza credo riesca a vederci, non sembra molto preoccupato. Forse lo siamo più noi perché al primo accenno di movimento nella nostra direzione ci spostiamo, anche se di poco. 
Ipnotizzati ancora una volta dal fascino della vita selvaggia, restiamo ad osservare ancora e ancora. Poi ripartiamo per fermarci dietro un gruppo di alberi dove Phillimon si ferma e imbandisce un pic nic.
Ci racconta che guida nei parchi fin dal 2000, mentre dal 2010 si è messo in proprio. Gli chiedo dei grandi felini e lui dice che per essere quasi certi di vederli bisogna dormire in tenda nel parco. Lui farebbe la guardia e la mattina alle 6:30 si andrebbe alla ricerca delle tracce dei leopardi, portandoci direttamente alla loro tana.
La colazione è servita.
Secondo lui non c'è alcun pericolo. 

Per quanto mi riguarda sarei molto tentato dal provare questa esperienza, ma non credo che chiuderei occhio per tutta la notte.
Dopo pranzo ci rimettiamo in cammino, avviandoci verso l'uscita. Vedremo ancora molti animali, anche se col caldo ora ce ne sono meno in giro.
Alle tre del pomeriggio usciamo dal parco e imbocchiamo la maledetta strada sterrata spacca schiena.


La prima ora passa anche piacevolmente perché vediamo qualche giraffa e tantissimi elefanti con svariati elefantini. Phillimon ci aveva avvertito della forte presenza di pachidermi in questa zona, ma nessuno pensava fossero così tanti.
Per tornare a casa ci aspettano due ore intense, che per rendere l'idea si potrebbero descrivere come due ore passate su di un toro meccanico infuriato.
Quando scendiamo dal camion, nonostante la terra ferma sotto i piedi, continuo a sentirmi sballottato e troviamo Pier un po' strano. Il capo era rimasto al campeggio pensando di lavorare e invece è stato asciugato dalle chiacchiere di Cobus, soprannominato per l’occasione Uber. Pare che Pier abbia anche tentato di far finta di dormire, ma Uber gli è entrato in tenda e, continuando a fumare, gli parlava come se fosse sveglio. Poraccio.

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