Maun - Moremi game drive –
Maun
Sveglia
alle 5, tanto per cambiare. Ricordo quel famoso detto “Ogni giorno
in Africa una gazzella si sveglia...” solo che non specificava
l'orario...
Comunque
oggi abbiamo in programma un nuovo game drive al parco nazionale
Moremi. Sicuramente ci svegliamo prima noi delle gazzelle.
Il
ragazzo che ci viene a prendere alle sei per farci da guida si chiama
Phillimon. Con un certo entusiasmo ci carica su un camion aperto,
senza finestrini, con solo un telo a coprirci la testa.
Fino
al parco sono novanta chilometri di tentato assideramento. Tutti
cercano di coprirsi con ogni possibile indumento che riescono a
stratificarsi addosso
tentando di arginare il freddo vento della mattina, ma è una lotta
persa in partenza. Come se non bastasse, la tortura non finisce qui:
dopo circa un’ora di asfalto arriva lo sterrato. Il camion di
Phillimon è molto vecchio e su questa strada dimostra tutti i suoi
limiti. Ad ogni grossa buca dobbiamo rallentare fino quasi a
fermarci.
In
compenso case,
capanne e baracche a fianco della strada sono scomparse, siamo ormai
immersi nella savana e gli animali iniziano a mostrarsi anche se per
il momento sono quasi tutti muli.
Quando
arriviamo al primo cancello del parco, l'area semi privata, ne
vediamo di più: qualche elefante, dei facoceri, un paio di gnu, di
Kudu e le immancabili gazzelle e zebre.
I
primi minuti sono promettenti, ma poi gli animali spariscono. Passa
più di mezz'ora dall'ultimo avvistamento e quando verso le nove
arriviamo al cancello vero e proprio del parco, sono un po' deluso
perché dopo tre ore di macchina pensavo che il game drive fosse già
finito.
Invece
Phillimon ci dà prima la colazione e poi ci ricarica sul furgone per
iniziare il vero safari.
Imbocchiamo
il giro più lungo da 45 km e incrociamo le dita. Le mie speranze
sono totalmente indirizzate sulla visione di questo fantomatico
leopardo, poi viene tutto il resto.
L'inizio
non è incoraggiante: il parco è fittissimo di vegetazione e anche
se ci fossero dei leoni a qualche decina di metri dalla strada non lo
vedremmo. In compenso spuntano gazzelle, antilopi, dik dik,
soprattutto zebre, che la guida dice essere l'animale nazionale del
Botswana.
Vediamo
qualche elefante e una giraffa che pare indecisa se bere o meno
l'acqua di un laghetto.
Stazioniamo
per un po’ dall’altra
parte della pozza d’acqua, in attesa di vedere la sua curiosa
postura per abbeverarsi, ma poi si gira
e se ne va.
'Sta
preziosa.
Il
paesaggio non cambia e io inizio a volgere lo sguardo solo sui rami
dei grandi
alberi, sperando di vedere qualche macchia leopardata.
Il
miracolo però non avviene e spuntiamo su smisurate piane, macchiate
qua e là da piccoli laghetti. Ci sono uccelli colorati, un paio di
coccodrilli stesi al sole e poi finalmente gli Ippopotami. Per loro
posso scordarmi anche per un attimo i leopardi.
Spuntano
dall'acqua solo con occhi e naso ma sono riconoscibilissimi. A volte
spariscono, a volte riemergono.
Ne
vediamo anche uno completamente fuori dall'acqua che muovendosi
lentamente si va ad immergere.
Poco
più in là un altro paio di coccodrilli riposano al sole,
tranquillamente sdraiati sulla riva, circondati da molti uccelli.
Se
non ce li avesse indicati Phillimon non li avremmo mai visti talmente
sono mimetizzati bene con l'ambiente circostante.
Gironzoliamo
per queste piane finché non vediamo
dei bufali da lontano poi riecco gli elefanti. Pensandoci, sono forse
tra gli animali africani che conosciamo meglio. Chissà quante volte
li abbiamo visti in televisione, a
volte anche nelle fiere, nei circhi. Vederli dal vivo però è tutta
un’altra cosa. Non sono solo grossi e lenti, non sono stupidi e
imbambolati, anzi. Quello che incontriamo oggi, per proteggersi dal
gran caldo, decide di ricoprirsi tutto di fango spruzzandoselo
addosso con la proboscide.
Che
spettacolo. Siamo a dieci metri di distanza e l'elefante, che da
quella distanza credo riesca a vederci, non sembra molto preoccupato.
Forse lo siamo più noi perché al primo accenno di movimento nella
nostra direzione ci spostiamo, anche
se di poco.
Ipnotizzati ancora una volta dal fascino della vita
selvaggia, restiamo ad osservare ancora e ancora. Poi ripartiamo per
fermarci dietro un gruppo di alberi dove Phillimon si ferma e
imbandisce un pic nic.
Ci
racconta che guida nei parchi fin dal 2000, mentre dal 2010 si è
messo in proprio. Gli chiedo dei grandi felini e lui dice che per
essere quasi certi di vederli bisogna dormire in tenda nel parco. Lui
farebbe la guardia e la mattina alle 6:30 si andrebbe alla ricerca
delle tracce dei leopardi, portandoci direttamente alla loro tana.
La
colazione è servita.
Secondo
lui non c'è alcun pericolo.
Per
quanto mi riguarda sarei molto tentato dal provare questa esperienza,
ma non credo che chiuderei occhio per tutta la notte.
Dopo
pranzo ci rimettiamo in cammino, avviandoci verso l'uscita. Vedremo
ancora molti animali, anche se col caldo ora ce ne sono meno in giro.
Alle
tre del pomeriggio usciamo dal parco e imbocchiamo la maledetta
strada sterrata spacca schiena.
La
prima ora passa anche piacevolmente perché vediamo qualche giraffa e
tantissimi elefanti con svariati elefantini. Phillimon ci aveva
avvertito della forte presenza di pachidermi in questa zona, ma
nessuno pensava fossero così tanti.
Per
tornare
a casa ci aspettano due ore intense, che per rendere l'idea si
potrebbero descrivere come due ore passate su di un toro meccanico
infuriato.
Quando
scendiamo dal camion, nonostante la terra ferma sotto i piedi,
continuo a sentirmi sballottato e troviamo Pier un po' strano. Il
capo era rimasto al campeggio pensando di lavorare e invece è stato
asciugato dalle chiacchiere di Cobus, soprannominato per l’occasione
Uber. Pare
che Pier abbia anche tentato di far finta di dormire, ma Uber gli è
entrato in tenda e, continuando a fumare, gli parlava come se fosse
sveglio. Poraccio.
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