C’è un bel parco archeologico che parte subito alla biglietteria
con uno dei pezzi da novanta: l’anfiteatro romano. La struttura è quasi
integra, per lo meno nella forma circolare, tanto che si possono ancora
percorrere le gallerie subito sotto gli spalti e si affacciano al prato
centrale.
Facciamo il giro tondo dell’anfiteatro fotografando ogni angolo,
ogni dettaglio scampato ai secoli, quindi usciamo come i gladiatori vincitori,
ovvero vivi, e ci dirigiamo verso le tombe esterne che si vedono anche dalla
strada. Il parco archeologico gira attorno alla collina accanto all’anfiteatro
su cui sorgeva l’antica Sutri. Seguendo le indicazioni del sentiero
archeologico andiamo a cercare le tagliate etrusche e altre tombe. Ci
addentriamo nel boschetto e non impieghiamo molto a trovarle. Come sempre hanno
un’aura particolare capace di catapultarvi in un tempo indefinito dove la magia
era qualcosa di possibile nella mente degli uomini. Al giorno d’oggi sappiamo
che la magia non esiste, ma quando scopro posti come questi le mie convinzioni
tendono venir meno.
Per completare il giro arriviamo all’ingresso della cittadella
antica, dall’altra parte della collina, dove scopriamo che il pezzo forte del
parco è chiuso per restauro. Qui infatti c’è il Sacello della Madonna del parto
che era una tomba etrusca, divenuto poi Mitreo e infine luogo di culto
cristiano. Con le sue pareti affrescate doveva essere un vero spettacolo, ma ci
toccherà aspettare ancora qualche mese per poterlo vedere.
Saliamo allora verso Villa Savorelli, chiusa causa Covid, così
come la chiesa di Santa Maria del Monte e il Castello di Carlo Magno,
trasformato in villa privata.
Non ci rimane altro che addentrarci nel bosco sacro e vedere
dall’alto l’anfiteatro.
Pranziamo con un panino al volo all’ombra della piazza centrale e
torniamo alla macchina passando accanto alle ultime tombe etrusche che
completano il parco archeologico, quindi ci dirigiamo verso una meta che
speriamo vivamente risollevi il nostro morale.
La destinazione è la necropoli etrusca di San Giuliano, nel parco
naturale di Martoranum, poco distante da Sutri.
Troviamo l'accesso su una strada dove possono parcheggiare al
massimo tre o quattro automobili, quindi si deve camminare un po’ per trovare
la vera necropoli.
Già molto vicino alla strada c’è un tumulo molto simile a quelli
che si possono ammirare nella celebre necropoli di Cerveteri. Girandovi attorno
vediamo diverse tombe, più o meno grandi e decorate sul soffitto o, in alcuni
casi, anche sulle pareti. Ovviamente non c’è più traccia di affreschi, anche
perché chissà da quanto tempo sono esposte agli eventi.
Ispezionate tutte le tombe ci dirigiamo verso la necropoli vera e
propria, scendendo verso il basso dove scorre un torrente quasi asciutto.
La discesa è fattibile per chi è solito fare trekking in montagna,
ma ci vogliono almeno delle scarpe adatte. Già in discesa ci imbattiamo in
diverse tombe in condizioni piuttosto precarie e non tutte accessibili. Sono
abbandonate a se stesse da chissà quanti anni.
Scendendo sempre più in basso le tombe diventano più grandi di
dimensioni e alcune hanno anche dei fregi ancora visibili.
Qui scopriamo che la si poteva raggiungere dal percorso della
Francigena passando da Blera e Barbarano Romano. Poco male, avevo già messo in
conto di tornare per vedere questi altri due siti.
Visitata la chiesetta torniamo indietro e iniziamo a salire verso la parte superiore della valle, incontrando diverse tombe, tra cui quella delle Palazzine, fino ad uscire all’esterno della foresta.
Da qui possiamo vedere che siamo in un campo e sotto di noi si vedono solo alberi.
Un po’ a malincuore torniamo sui nostri passi per dirigerci alla
macchina, ma come ti giri e ti volti trovi nuovi scorci e nuove tombe, proprio
come al torrente che avevamo attraversato. Sembra che l’acqua abbia scavato la
roccia dando la forma alla montagna di una nave: dove sono state ricavate
diverse tombe, ormai piuttosto in alto, pare quasi di vedere una nave con i
suoi oblò.
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