martedì 13 ottobre 2020

Sutri - Necropoli san giuliano


Dopo il giro di ieri, oggi torniamo a spingerci verso l’Etruria, ovvero Sutri, una delle città al confine col territorio Etrusco, poi ovviamente diventato romano.

C’è un bel parco archeologico che parte subito alla biglietteria con uno dei pezzi da novanta: l’anfiteatro romano. La struttura è quasi integra, per lo meno nella forma circolare, tanto che si possono ancora percorrere le gallerie subito sotto gli spalti e si affacciano al prato centrale.

Facciamo il giro tondo dell’anfiteatro fotografando ogni angolo, ogni dettaglio scampato ai secoli, quindi usciamo come i gladiatori vincitori, ovvero vivi, e ci dirigiamo verso le tombe esterne che si vedono anche dalla strada. Il parco archeologico gira attorno alla collina accanto all’anfiteatro su cui sorgeva l’antica Sutri. Seguendo le indicazioni del sentiero archeologico andiamo a cercare le tagliate etrusche e altre tombe. Ci addentriamo nel boschetto e non impieghiamo molto a trovarle. Come sempre hanno un’aura particolare capace di catapultarvi in un tempo indefinito dove la magia era qualcosa di possibile nella mente degli uomini. Al giorno d’oggi sappiamo che la magia non esiste, ma quando scopro posti come questi le mie convinzioni tendono venir meno.

Le tagliate non sono lunghissime, per cui ne esploriamo un paio e poi riprendiamo la via del parco archeologico, che per un breve tratto coincide con la via Francigena. A testimonianza del pellegrinaggio ci imbattiamo nei resti della Torre San Paolo, che per l’appunto era proprio un ricovero/punto di sosta per i pellegrini.

Per completare il giro arriviamo all’ingresso della cittadella antica, dall’altra parte della collina, dove scopriamo che il pezzo forte del parco è chiuso per restauro. Qui infatti c’è il Sacello della Madonna del parto che era una tomba etrusca, divenuto poi Mitreo e infine luogo di culto cristiano. Con le sue pareti affrescate doveva essere un vero spettacolo, ma ci toccherà aspettare ancora qualche mese per poterlo vedere.

Saliamo allora verso Villa Savorelli, chiusa causa Covid, così come la chiesa di Santa Maria del Monte e il Castello di Carlo Magno, trasformato in villa privata.

Non ci rimane altro che addentrarci nel bosco sacro e vedere dall’alto l’anfiteatro.


Un po’ delusi da tutte queste chiusure, ma comunque tranquilli perché non c’è in giro nessuno, andiamo alla ricerca del museo di Sutri dove c’è una mostra sponsorizzata di Sgarbi. Approfittiamo per esplorare in parte il borgo con le sue piccole vie. Alla fine troviamo il museo, ma forse era meglio non trovarlo. L’arte esposta, per la maggior parte, non è il nostro genere e ne usciamo ancora più delusi del parco archeologico.

Pranziamo con un panino al volo all’ombra della piazza centrale e torniamo alla macchina passando accanto alle ultime tombe etrusche che completano il parco archeologico, quindi ci dirigiamo verso una meta che speriamo vivamente risollevi il nostro morale.

La destinazione è la necropoli etrusca di San Giuliano, nel parco naturale di Martoranum, poco distante da Sutri.

Troviamo l'accesso su una strada dove possono parcheggiare al massimo tre o quattro automobili, quindi si deve camminare un po’ per trovare la vera necropoli.

Già molto vicino alla strada c’è un tumulo molto simile a quelli che si possono ammirare nella celebre necropoli di Cerveteri. Girandovi attorno vediamo diverse tombe, più o meno grandi e decorate sul soffitto o, in alcuni casi, anche sulle pareti. Ovviamente non c’è più traccia di affreschi, anche perché chissà da quanto tempo sono esposte agli eventi.

Ispezionate tutte le tombe ci dirigiamo verso la necropoli vera e propria, scendendo verso il basso dove scorre un torrente quasi asciutto.

La discesa è fattibile per chi è solito fare trekking in montagna, ma ci vogliono almeno delle scarpe adatte. Già in discesa ci imbattiamo in diverse tombe in condizioni piuttosto precarie e non tutte accessibili. Sono abbandonate a se stesse da chissà quanti anni.

Scendendo sempre più in basso le tombe diventano più grandi di dimensioni e alcune hanno anche dei fregi ancora visibili.

Qui nel fresco della foresta il sole non arriva sempre e si è immersi in un’atmosfera strana. In effetti stiamo camminando in un cimitero, anche se profanato e depredato da tempo immemore. Ci sono così tante tombe che probabilmente molte non sono neanche indicate. Alcune sono sovrastate dagli alberi che sono cresciuti sopra di loro, quasi come le antiche città asiatiche dimenticate nelle foreste e inghiottite dalla giungla. Mi aspetto da un momento all’altro di vedere spuntare Re Luigi del libro della Giungla, oppure perfino Shere Khan.

Anche questo è uno di quei luoghi che ho sempre voluto visitare sin da quando sono venuto a Roma e devo ammettere che ci siamo venuti in uno dei momenti migliori per farlo: non c’è quasi nessuno. Per caso incontriamo una famiglia che sta uscendo dopo la loro visita, dopo di che non incontreremo anima viva. Quindi nessun rischio di contagio e nemmeno di fare foto con sconosciuti che rovinano i soggetti.

Seguiamo il sentiero e attraversiamo il letto del torrente quasi asciutto, quindi saliamo verso la collina fino ad un bivio. A destra ci sono una serie di tombe, mentre a sinistra c’è la chiesetta di San Giuliano. Lasciamo la parte bella per il gran finale e ci dirigiamo verso la chiesetta che raggiungiamo in meno di mezzora andando piano.

Qui scopriamo che la si poteva raggiungere dal percorso della Francigena passando da Blera e Barbarano Romano. Poco male, avevo già messo in conto di tornare per vedere questi altri due siti.

Visitata la chiesetta torniamo indietro e iniziamo a salire verso la parte superiore della valle, incontrando diverse tombe, tra cui quella delle Palazzine, fino ad uscire all’esterno della foresta.



Da qui possiamo vedere che siamo in un campo e sotto di noi si vedono solo alberi.

Queste tombe sono del tutto nascoste, bisogna andarle a cercare e si deve sapere dove. Nonostante sia un luogo che merita di essere visto, è praticamente abbandonato a se stesso e per niente pubblicizzato. Secondo me è un vero peccato.

Torniamo al torrente dove c’era un altro bivio e scopriamo altre tombe molto belle, alcune delle quali a dado, mi ricordano vagamente quelle di Petra.

In quella dei Fregi è perfino possibile salire sulla sommità della tomba, da dove si vedono i fregi di un cervo contrapposto ad un cane.

Un po’ a malincuore torniamo sui nostri passi per dirigerci alla macchina, ma come ti giri e ti volti trovi nuovi scorci e nuove tombe, proprio come al torrente che avevamo attraversato. Sembra che l’acqua abbia scavato la roccia dando la forma alla montagna di una nave: dove sono state ricavate diverse tombe, ormai piuttosto in alto, pare quasi di vedere una nave con i suoi oblò.

Diventa difficile staccarsi dal fresco di questo sito, ma ci rendiamo conto che sono passate quasi tre ore da quando ci siamo entrati, per cui forse è arrivato il momento di salutare gli etruschi, almeno per oggi.

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