Stavolta ci riusciamo proprio grazie all’Asino d’Oro, che in
questi tempi di post Covid ha allargato il proprio raggio d’azione fuori della
città eterna.
Il posto merita, ma purtroppo l’abbiamo vissuto un pochino male per il discorso del Covid.
Alla fine la visita ci porta via tutta la mattina, quindi ci
spostiamo verso la prossima meta, le Grotte dell’Arco di Bellegra.
Prima però ci fermiamo in un paio di borghi lungo la strada. Il
primo è Cave, di cui non conosciamo nulla. Attirati da alcuni cartelli che
promettono meraviglie storiche, parcheggiamo e ci mettiamo a passeggiare per le
vie del centro. Delusione, forse sfortuna, fatto sta che da dove parcheggiamo
camminiamo per mezz’ora senza incontrare nulla che sia degno di nota, così
riprendiamo la strada verso le grotte.
Non ancora soddisfatti della cantonata presa poco prima, ci
imbattiamo in Olevano Romano e ritentiamo la fortuna. Stavolta va meglio: il
borgo sembra molto più carino e caratteristico. Arriviamo fino alla sommità del
paese, dove i resti di una rocca dominano la valle in lungo e in largo.
Il tempo però inizia ad essere poco, così salutiamo Olevano (omettono,
insomma decidete!) e in pochi minuti siamo a Bellegra, più precisamente alle Grotte
dell’Arco.
Il gruppo che troviamo in attesa della visita è abbastanza
variegato. Fa molto caldo ma appena ci addentriamo nell’ingresso delle grotte
dove indossiamo gli stivali e il caschetto con la luce, la temperatura scende a
livelli umani. Prevedendo il peggio iniziamo a coprirci. Le possibilità di visita,
da prenotare con un po’ di anticipo, sono tre: il percorso turistico che non
necessita l’uso degli stivali perché si cammina su delle passerelle e dura
circa 40 minuti, quello speleo turistico che però si può fare solo con le
galosce perché si camminerà dentro un torrente, durata 2 ore circa. Infine ci
sarebbe il percorso speleologico vero e proprio, ma in questo caso credo ci vuole
una certa preparazione fisica e un po’ di esperienza, nonché guanti e tuta ad hoc perché c’è da fare
qualche movimento con le mani per aiutarsi nei passaggi più angusti.
Noi optiamo per lo speleo turistico e ne siamo soddisfatti. La prima parte è molto scolastica e la guida cerca di fare il simpatico per coinvolgere tutto il gruppo, forse perché la speleologia non riscuote spesso l’apprezzamento dei turisti. Personalmente è un’attività che mi è sempre piaciuta. Già da bambino sono stato più volte in gita scolastica alle Grotte di Toirano.
Addentrandoci sempre più, arriviamo alla fine delle passerelle,
dove i turisti ci salutano. Il fresco ora è diventato freddo, ma camminando
riusciamo ancora a scaldarci. Il problema sono i sassi. Infatti le calosce
mantengono i piedi asciutti anche quando entriamo nei torrenti, ma non
proteggono dai sassi che distruggono la pianta del piede. Qui ci vorrebbero
delle calosce con la suola in vibram.
Man mano che proseguiamo nella montagna le volte sopra di noi diventano
sempre più grandi e ampie.
Vedo Sergio, che non smette di parlare un solo attimo, sempre
con lo sguardo per aria. Sta cercando qualcosa.
In questa grotta infatti vivono dei pipistrelli unici al mondo.
Un po’ spaventati guardiamo attorno anche noi, ma ci rassicura
dicendo che ora stanno dormendo, si sveglieranno fra poco, dopo che ce ne
saremo andati dalla grotta. Se siamo fortunati riusciremo a vederli.
Questa specie così particolare ha un nome un po’ bizzarro,
Miniopterus, che scritto così suona in modo scientifico. Ma Sergio non lo
pronuncia così. Lui li chiama Mignottèra.
Solo Cassandra afferra la battuta, ed è la fine.
Inizia a ridere senza soluzione di continuità. Per fortuna ha la
mascherina e probabilmente non se ne accorge nessuno. Io però sono lì accanto e
quando capisco il motivo delle risate di Cassandra non riesco più a trattenermi
neanche io... vengo inesorabilmente trascinato nel suo magico mondo esilarante.
Purtroppo anche Sergio se ne accorge e da buona guida turistica
rincara la dose quando ci racconta che le grotte vengono chiuse per tre mesi
all’anno proprio a causa dei pipistrelli.
Un turista prova a ipotizzare “Perché? Vanno in letargo?"
“Ma de che? Sti figli de
na Mignottera non vanno letteralmente in ibernazione, e così noi non li
possiamo disturbà, perché se anche solo provassimo a sfiorarli, quelli ce
cascano stecchiti come na pera marcia”.
Porca mignottera.
Un po’ storditi ma
divertiti, proseguiamo verso un’altra grandissima sala dove nel mezzo c’è un
grosso blocco di pietra e sabbia. Sergio ci racconta che dentro quel blocco
sono stati trovati i resti 13 orsi preistorici e, probabilmente, ce ne
potrebbero essere degli altri, ma gli scavi sono stati interrotti, anche perché
dopo tredici orsi… Avranno detto: Sai che c’è?
Come quando apri delle bustine di figurine e trovi tredici volte di seguito lo stesso calciatore. Per finire l’album provi almeno a cambiare edicola…
Proseguiamo verso l’ultima grande sala dove la guida tenta
l’esperimento del buio assoluto. Purtroppo ci sono dei bambini nel gruppo e
l’esperimento dopo qualche minuto di buio e silenzio fallisce. In ogni caso io
mi aspettavo di vedere brillare le pareti della caverna grazie alla luce
prodotta da creature e funghi alieni, ma non c’era nulla di tutto ciò, solo buio.
Purtroppo arriveremo fino alla fine senza vederne uno, sti figli
de ‘na minioptera…
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