mercoledì 14 ottobre 2020

Caprarola - Monte Cimino - Vitorchiano

 

Ci eravamo già stati, un paio di anni fa in un venticinque aprile con una visita guidata affollatissima. Se ci penso mi vengono i brividi, un po’ per il discorso Covid, un po’ perché con tutta quella gente ci siamo persi diverse cose della guida. 

Stavolta andiamo sul sicuro e ci veniamo accompagnati dalle nostre amiche dell’associazione L’Asino d’Oro, con numero chiuso, auricolari e mascherina.

Nonostante la villa Farnese stia a Caprarola, quindi non proprio vicina a Roma, è un gioiello di palazzo papale, particolare nella sua forma pentagonale, ma ricchissima, con la sua scala a chiocciola affrescata con grottesche.
I portici interni anch’essi affrescati, la grande sala con la fontana, e poi la sala delle mappe, che pare abbia ispirato il corridoio delle mappe in Vaticano.

Tra gli altri artisti lavorarono agli affreschi, ci sono Taddeo Zuccari, il Vignola e Antonio Tempesta.

Una visita da fare.  Anche se già ci eravamo stati, questa volta il giardino non è chiuso come nella precedente occasione e scopriamo che è anche molto grande. Si sale infatti fino alla casina del Piacere, che poi è un palazzo vero e proprio, in cui soggiornò tra gli altri, il principe Carlo.

Per arrivarci si percorre un sentiero all’ombra degli altissimi alberi, si sale una scalinata con una fontana a cascata che la attraversa dall’inizio alla fine. In cima c’è un’altra grande fontana, ai cui lati scalinate per salire al livello della casina. C’è un grande giardino a labirinto, quindi si sale ancora sul retro dove si apre un altro grande giardino che si affaccia sul bosco retrostante, che altro non era che era la riserva di caccia della villa.

Si è fatta ora di pranzo e qui fa già abbastanza caldo, così ci spostiamo con l’auto fino alla faggeta del Monte Cimino.

Un luogo magico, intanto perché anche se è una giornata calda mantiene una temperatura primaverile, ma non solo.

Prima di fare un breve giro nella faggeta cerchiamo un posto tranquillo dove consumare il nostro panino. Seguiamo il sentiero e vediamo che ci sono molte persone che hanno avuto la nostra stessa idea di fare un pic nic. Per fortuna c’è tantissimo spazio e non si rischia di affollarsi. Per sicurezza ci arrampichiamo su una piccola salita dove troviamo un paio di massi su cui possiamo accomodarci.

Nonostante ci sia tanta gente il luogo rimane abbastanza silenzioso, ma soprattutto fresco e verde. La luce del sole filtra pochissimo dalle fronde degli altissimi faggi che ricoprono tutta la vetta del Monte Cimino. Effettivamente siamo a quota 1000 metri sopra il livello del mare, per cui ci sta che l’aria sia così fresca.

Come dicevo questo luogo è magico, un po’ perché sembra l’ambientazione perfetta per una storia fantasy, un po’ per il fresco e il silenzio, ma anche per il sasso magico. Nascosto in questo sottobosco infatti, mimetizzato tra le centinaia di massi grandi come case, ce ne è uno con una particolare proprietà: nonostante sia grandissimo e pesantissimo, lo si può spostare semplicemente per mezzo di un semplice bastone. Si chiama Sasso Naticarello.

Purtroppo stavolta non riusciamo a trovarlo. Probabilmente fa parte della sua magia l’essere mimetizzato, oppure ci sono troppe persone sedute qua e là. In ogni caso decidiamo di lasciar perdere per questa volta, tanto sono certo che ci torneremo. Per il futuro ho già in mente di fare un paio di escursioni lunghe che includono questo luogo.

Decidiamo esplorare la faggeta seguendo il sentiero che traccia un piccolo anello di circa due chilometri attorno alla cima del Monte Cimino.

Dopo un prima salita interessante, il percorso si mantiene sempre in piano, e in ombra ovviamente.

Ci godiamo la passeggiata immersi in una pace che solo certe montagne sono in grado di regalarti, quindi ci dirigiamo verso la prossima meta, dove ho in serbo una sorpresa per Cassandra che non immagina cosa l’aspetti. No, non le chiederò di sposarmi, anche perché so già che direbbe di no… e se poi non dicesse di no… mi toccherebbe sposarla…

Dopo un sacrosanto caffè preso al bar del ristorante che sta davanti all’ingresso della faggeta, riprendiamo il cammino in auto e in pochi chilometri arriviamo al borgo medievale di Vitorchiano.

In realtà non sapevo che fosse un borgo medievale, il motivo per cui ci sono venuto è un altro, ma sono piacevolmente sorpreso di quello che troviamo. Qui infatti è stato girato il film “L’armata Brancaleone” di Monicelli con Vittorio Gassman, e poi anche “Il prode Anselmo e il suo scudiero” di Bruno Corbucci con Enrico Montesano.

Visitiamo il borgo, quasi deserto perché la sagra che doveva esserci in questo periodo è stata annullata a causa Covid, entriamo in un paio di chiese e poi nel museo.

Ancora però non vedo la sorpresa per Cassandra, almeno fino a che non troviamo una terrazza che si affaccia sulla valle sottostante e che ha fatto da sfondo per l’arrivo di Brancaleone a Vitorchiano.

Dall’altra parte della valle però intravedo qualcosa, una statua, anche se coperta in parte dalla vegetazione, attira la mia attenzione. Solo con l’ausilio dello zoom della macchina fotografica la riconosco, è lei.

Riprendiamo l’auto e andiamo al cospetto della sorpresa per Cassandra: un Moai!

L’unico Moai esistente e fatto al di fuori dell’isola di Pasqua.

Un fake Moai? Neanche per sogno.

Certo non è uno degli storici testoni che adornavano Rapa Nui, alcuni dei quali portati via dagli “esploratori”. Questo è stato fatto ex-novo da abitanti dell’isola cilena trent’anni fa utilizzando la tipica pietra locale, scolpendola a mano per dargli la forma tipica degli antenati di Rapa Nui.


Essendo stati noi stessi a Rapa Nui, ed avendo fatto dei selfie con praticamente tutte le statue dell’isola, per lo meno quelle rimesse in piedi, non potevamo farci mancare anche questa.

Si tratta senza dubbio di uno scoop che secondo me nemmeno Giacobbo ha ancora scoperto. Tiè, alla faccia di Kezzenger.

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