Johannesburg - Dubai –
Roma
Nottata
quasi in bianco durante il volo per Dubai.
Comunque
io, Cassandra, Pier, Giovanni e Pietro decidiamo di uscire a fare una
visita veloce della città.
E'
mattina, ma appena fuori dell'area condizionata dell'aeroporto, ci
imbattiamo nel muro di calore che opprime questa zona desertica.
Con
un taxi, qui costano davvero poco, ci facciamo portare al Suk
dell'oro e in venti minuti ci reimmergiamo nell'atmosfera afosa degli
emirati.
In
giro non c'è molta gente, il caldo è asfissiante. Basta un'occhiata
ai negozi di oro per capire quanto ci tengano e quanto il livello
medio di ricchezza sia alto. Vetrine stipatissime di gioielli a
ventidue carati che stordirebbero qualunque uomo che accompagna una
donna a fare shopping, vengono ignorate da Cassandra. Per fortuna non
le interessano, dice che è troppo puro, si ammaccherebbe al primo
colpo.
Cercando
di rimanere all'ombra, attraversiamo il primo suk e approdiamo a
quello delle spezie, dove ci riconoscono subito come italiani.
Fa
troppo caldo, Pier non ci sta più dentro e propone di cercare un
centro commerciale con aria condizionata per rinfrescarci le idee e
decidere cosa fare.
Camminiamo
per una decina di minuti prima di trovare il più brutto e piccolo
centro commerciale di Dubai, dove però la frescura ci restituisce la
parola e la ragione.
Decidiamo
di andare a vedere il grattacielo più alto del mondo, il Burj
Khalifa. Usciamo e prendiamo un altro taxi che in un quarto d'ora ci
scarica all'ingresso del Dubai Mall.
Questo
si è che un centro commerciale. Immenso, sconfinato, non so quanti
piani abbia, considerando anche i sotterranei. Quello che vediamo
subito sono il grandissimo acquario, un mare di negozi e un paio di
cascate.
Poi
troviamo la biglietteria del Burj
Khalifa e scegliamo
di pagare 35 dollari a testa per salire fino al centoventicinquesimo
piano del grattacielo. Il centoquarantottesimo, l'ultimo visitabile,
sarebbe costato più di cento dollari. Anche no.
Seguendo
le indicazioni della hostess,
ci incamminiamo verso l'ingresso del grattacielo attraversando tutto
il centro commerciale mettendoci una decina di minuti a passo veloce.
Prendiamo
l'ascensore e in un batter d'occhio siamo al centoventicinquesimo.
Una
vista incredibile. Probabilmente siamo più in alto di alcuni voli
panoramici fatti durante il viaggio.
Tutto
il quartiere di grattacieli attorno a noi sembra un plastico in scala
e la famosa vela, che si scorge in lontananza leggermente ottenebrata
dalla foschia afosa, non appare così imponente come un tempo. Dietro
di lei si intravede la forma della palma
artificiale costruita in mezzo al mare.
Giovanni
vede altre isole e dice che le stanno costruendo a forma di mappa
mondiale. Io gli dico che si sbaglia, saranno solo isolette di
sabbia, sembrano abbandonate.
In
realtà aveva ragione lui, ma è anche vero che per contenziosi con
l'Oman il progetto è stato interrotto, forse abbandonato.
Giriamo
tutto il piano fotografando ogni angolo del panorama, poi ce ne
torniamo alla base, dobbiamo incontrarci con Pier che è rimasto a
terra.
Il
volo ci aspetta, l'ultimo di questa vacanza.
Salutiamo
i milanesi e ci mettiamo in attesa, cercando di non addormentarci.
Ormai
è finita. Mentre salgo i gradini dell'aereo, mi chiedo se e quando
verrò colto dal famoso mal d'Africa. Chissà se colpirà anche me?
Quello
che so però, è che nonostante la vita in tenda, perennemente in
viaggio attraverso paesi che non brillano per condizioni igienico
sanitarie,
non sono mai stato male. Non ho portato a casa neanche un mal di
testa, un raffreddore o un mal di pancia.
La
cosa mi fa ben sperare perché se mai mi verrà il mal d'Africa,
quando tornerò da queste parti non mi ammalerò, se non di
nostalgia.