venerdì 10 ottobre 2014

Turkolento - secondo giorno



Istanbul, Costantinopoli, Bisanzio. Una città immensa, forse anche per questo ha cambiato nome così tante volte, è diventata talmente ingombrante che i vecchi nomi non riuscivano a rappresentarla ed a trattenere i circa venti milioni di abitanti che oggi occupano le sue strade.

E' il primo giorno che mi sveglio in Turchia, e vorrei iniziare bene. Tanto per non perdere troppo dell'allenamento fatto fin'ora, per cui decido di andare a correre. Esco alle 7,15 e, al contrario della sera prima, non c'e nessuno. Percorro tutto il vialone principale su cui ogni tanto passa un taxi con andatura pigra. Nonostante sia presto fa già abbastanza caldo, inoltre non mi sento ancora di sconfinare molto nelle viuzze laterali che non conosco, per cui dopo solo venti minuti inverto il senso di marcia.
Alla fine avrò corso solo cinque, ma li ho sentiti, soprattutto nei reni. Ahi ahi. Oggi devo assolutamente bere, non voglio sperimentare qualche cura turca.
Dopo la doccia scendo a far colazione assieme a tutti gli altri. E' domenica mattina e già si intuisce che in hotel c'è un certo fermento. All'esterno ci sono strane corone di fiori, a guardarle sembra ci sia stato un naufragio. In realtà sono per più matrimoni.
Mentre siamo in attesa di poter iniziare la nostra esplorazione di Istanbul, una dopo l'altra, arrivano dei macchinoni da cui scendono gli invitati: sembra di assistere in prima persona ad una puntata del mio grosso grasso matrimonio gipsy. Non l'avete mai visto? Ve lo consiglio caldamente, se avete del gran tempo da perdere.
Gli uomini sono molto eleganti, a loro modo, mentre le donne hanno abiti coloratissimi e luccicanti, molto poco tradizionali per il nostro punto di vista. Molto appariscenti, troppo poco gusto. Le bambine invece sembra che debbano fare la comunione con i loro vestitini di raso e organza bianca.

Terminata la sfilata ci dirigiamo a prendere il tram che ci porterà nel cuore della città, nel cuore del corno d'oro, ovvero a Sultanhamet. Dopo dieci minuti sudati di viaggio a strettissimo contatto con la realtà urbana turca, sbarchiamo all'ippodromo, e ci perdiamo subito di vista in mezzo a centinaia di persone. Lo faremo spesso, anche più volte al giorno.
Quando finalmente riusciamo a ricompattarci entriamo nel cortile della moschea blu, che già da fuori sembra spettacolare. Peccato che per accedervi ci sia una fila chilometrica. Pensando di tornare ad un orario migliore e con meno turisti, cambiamo destinazione: la moschea chiamata Aya Sofia che sta nella stessa grande piazza. Un tempo la più grande chiesa bizantina mai costruita, seconda solo a San pietro, è stata trasformata in moschea dopo la conquista della città da parte dei musulmani. Al momento è in ristrutturazione e non è attiva come luogo di culto, ma pare che vogliano farla riaprire in tal senso.


E' maestosamente grande. Non sono molte le decorazioni, l'arte islamica è molto povera da questo punto di vista. I pochi resti che ornano ancora qualche parete sono le decorazioni della cupola e dei mosaici bizantini, tra i quali ci sono ancora figure bibliche, lasciate intoccate dai musulmani, lasciate però alla mercé del tempo.
Particolarità che risalta, penso aggiunta dagli ottomani, un secondo piano a cui solo le donne potevano accedere per pregare, infatti al pian terreno erano ammessi solo gli uomini.
Fuori da Santa Sofia ci dirigiamo al Topkapi, l'immenso complesso dove risiedevano i sultani. Non prima di aver acquistato una pannocchia arrostita per ben due lire turche, meno di un euro, ed un succo di melograno spremuto al momento: eccezionale.


Fa caldo al sole, all'ombra invece si sta benissimo. Per essere tranquillo ogni tanto mi bevo un pò d'acqua, sento infatti dei fastidi ai reni che non mi fanno star tranquillo... Sperem.
Entriamo nella prima corte del Topkapi, un parco che contiene la moschea di Sant Irene, detta piccola Aya Sofia e un paio di musei. Dovrebbe esserci anche la pietra del monito, su cui il Sultano era solito far tagliare le teste di chiunque, a suo giudizio, lo meritasse. Perfino i gran Visir, se questi diventava una minaccia. Erano i Giannizzeri, gli eunuchi addestrati per essere la guardia reale del Sultano che a volte pilotavano le esecuzioni ordinate dal Sultano. Questo infatti, temendo una loro rivolta, era costretto ad accontentarli. Purtroppo la pietra non l'ho vista, così come la fontana del boia, in cui esso si lavava dopo l'esecuzione.
Entriamo nella seconda corte. Qui c'erano l'oreficeria e la sala dei divani dove i Visir ed il gran Visir vi si riunivano sedendosi su un divano lunghissimo. Nel muro alle Spalle del Gran Visir, c'era una finestra protetta da una grata, il sultano poteva assistere a tutte le riunioni, ma i Visir non sapevano mai se era presente o meno.
Sull'altro lato della corte c'erano, sormontate da decine di grandi camini a cupola, le immense cucine in cui lavoravano 1100 uomini. Questi dovevano cucinare ogni giorno per 5000 persone, mentre nelle festività potevano arrivare fino a 10000.



Oltrepassando la porta della felicità si accede alla terza corte, dove c'era la sala delle udienze, il museo dei tesori, visto sudandoci una bella coda sotto il sole e il museo delle reliquie, saltato per mancanza di energie psicologiche necessarie per sostenere un'altra fila. Si racconta che in questo museo avrei potuto vedere il bastone di Abramo e altre reliquie. Non ce la potevo fare…
Andiamo invece diretti invece all'Harem, il luogo più custodito ed intimo di tutto il Topkapi. Qui vivevano le concubine e le moglie del Sultano, come anche la Valide, potentissima madre del Sultano.
A guardia di questo magnifico complesso di stanze c'erano gli eunuchi che vivevano in una corte tutta loro, i più anziani al pian terreno, i più giovani a quello superiore.



Passando dalla zona delle concubine a quella della consorte le stanze diventano sempre più belle. Anche la Valide, che a volte era ancora più potente del Sultano, aveva delle stanze magnifiche, ma non quanto quelle del sultano.
E' pomeriggio inoltrato quando usciamo e ci dirigiamo verso sant Irene. Mentre camminiamo parte il canto islamico che annuncia l'ora della preghiera. Sono le 16.35 ma mi spiegano che non è sempre allo stesso orario, dipende dalle stagioni. Mi sembra strano sentirlo dal vivo, fino ad ora lo avevo sentito solo in televisione. Devo dire che ha un suo fascino.
Sant Irene sembra una piccola copia di santa sofia, ma è quasi del tutto spoglia. Trasformata anch'essa in moschea, poi distrutta da un incendio, ne sono rimaste solo le mura. Qui si respira un'aria decisamente più romanico bizantina.
Riuniti nella piazza di Sultahamet, ci dirigiamo verso il ponte di Galata per imbarcarci sul battello che ci porterà a fare una crociera sul bosforo.
Scendiamo a piedi verso il porticciolo e passiamo vicino ad una stazione. Solo poi scopriremo che era il punto di partenza e arrivo dell'orient express.
A fatica troviamo il punto d'attracco, appena in tempo. Purtroppo non c'è nessuno.
Sono già partiti?

Fabio, il coordinatore, ha lasciato in hotel il telefono. Ma come si fa?
Giriamo lungo il molo a chiedere se qualcuno conosce Adil della Allegro Turco, ma nessuno sa niente.
Ci spargiamo ai quattro venti in cerca di Adil, risultato: perdiamo Fabio e tre compagni. Nel frattempo arriva Adil, l'allegro turco, che ci riconosce e ci dice di imbarcarci. Lo faremo solo dopo un quarto d'ora quando avremo ritrovato tutti.

Girando per il porto è impossibile non notare barche e battelli addobbati a festa: sono matrimoni. Pare che qui invece che andare al ristorante si affitti una barca e si faccia la festa in battello. Ma la cosa che più mi colpisce è il fatto che in poco tempo vedo almeno dieci matrimoni! Che Istanbul sia un’altra la Las Vegas?
 La crociera sul Bosforo è molto bella, passiamo accanto prima alla costa europea, quindi a quella asiatica. Molto belle entrambe, ma forse quella asiatica, caratterizzata dalle tipiche case in legno Yali, è più piacevole. Il rientro nel canale interno con le luci della sera è molto bello, un'esperienza da fare.



Appena sbarcati ci imbattiamo in altri matrimoni... Inutile, non riesco a non pensare che oggi è il 14 settembre...
Per distrarmi la butto in caciara!
Isabella, napoletana verace, vorrebbe andare in cerca di un ristorantino di pesce nel quartiere Beyoglu, sopra la collina dove c’è la torre di Galata. Per raggiungerlo però c'è ancora un bel po' di strada da fare. Stanco e con i piedi un po’ malconci sollevo la proposta di dividerci. Dalla discussione si decide di andare a mangiare al mercato del pesce, ma non da Faruk. Giunti al ristorante scopro che Alba è vegetariana. Al solo sentire l'odore del pesce sta male. Vorrebbe andarsene in giro da sola in mezzo alla bolgia di Istanbul per mangiarsi la sua schiscetta. Mi offro di accompagnarla e con me si unisce Mariagrazia, la mamma di Davide e moglie di Pietro, la famiglia torinese detti Tallons.



Abbandonati gli altri che in fondo ero stato io ad aver subdolamente dirottato, scendiamo tra le decine di ristoranti sotto il ponte di Galata. Troveremo qualcosa di vegetariano, o no?
Purtroppo le proposte che ci fanno non soddisfano minimamente Alba, per cui decidiamo di tornare al porticciolo, io e Mariagrazia prenderemo il panino turkolento con sgombro e cipolle, Alba, de Roma, se magna la sua robba.
Memore della pesantezza sperimentata la sera precedente stavolta tolgo le cipolle, e infatti dormirò meglio.
Alba non e vegana, il formaggio e le uova li mangia, ma non sopporta carne e pesce. Lo è da vent'anni per cui la capisco. Io sono vegetariano da solo due anni e per me' è più facile fare eccezioni, specie se in un paese straniero dove la cosa meno peggio che posso mangiare e' il pesce.
Eh lo so, c'è gente strana in giro per il mondo.
Consumato il panino torniamo dagli altri, prendiamo il taxi sportivo e torniamo in hotel. Purtroppo il mio compagno di stanza Andrea, romano DOC trapiantato a Milano, s'è preso il raffreddore. Tento di curarlo con le medicine che ho, sperando che non peggiori e si rovini le vacanze.

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