lunedì 13 ottobre 2014

Turkolento - quinto giorno

Si parte, è il momento di lasciare Istanbul. Sveglia alle 5:30 e dopo colazione partenza alle sei per la stazione. Alle 7:20 il treno dell'alta velocità parte per Ankara. 600 chilometri in quattro ore scarse. Quasi tutti dormono, ma io non riesco, ho bevuto troppo caffè.
Il viaggio è tranquillo e in poco tempo si passa da un panorama cittadino a qualcosa di simile alle sconfinate steppe. Anche i paesini che si attraversano hanno un aspetto del tutto rurale. L'Anatolia centrale è un altopiano immenso e coltivato, che ai tempi dell'antica Roma veniva definito il granaio dell'impero.
Tra i campi non sono pochi gli accampamenti nomadi, sperduti in mezzo a decine di chilometri di nulla. Osservandoli viene da chiedersi con che cosa possano sopravvivere, così isolati, ma forse le coltivazioni di patate e grano turco potrebbero essere una prima risposta.
Arrivati ad Ankara, dove c'è il grande mausoleo di Ataturk, il padre fondatore della repubblica laica turca, il tempo è uggioso. Ci dirigiamo alla cittadella, in cima alla collina che domina la città, ma non c'è molto da vedere, poche mura lasciate senza protezione per i visitatori che potrebbero, scivolando facilmente, cadere verso morte certa. Inoltre inizia a piovere proprio quando siamo sulla cima.
Scendiamo un pochino zuppi per vedere il museo della civiltà ittita. Forse scoraggiati dal tempo, forse bisognosi di mettere qualcosa sotto i denti, quasi tutti rifiutano di entrarci, gli unici temerari rimaniamo io ed Alba.
Alla fine ci abbiamo guadagnato noi, il museo era molto bello, forse anche più di quello dell'archeologia, visitato ieri ad Istanbul.
Dopo un caldo tea turco, o Cay, saltiamo sul furgone. L'autista è molto silenzioso e capiamo subito perché: parla solo turco. Fabio cerca di farsi capire a gesti ma con scarso successo. Per fortuna il guidatore sembra conoscere la strada.
Inizia cosi il lungo viaggio nell'Anatolia centrale dove sembra che le poche auto incontrate siano prevalentemente vecchie Renault 9, 12 e 19, davvero tante ed imbarazzanti. Ci sono poi le fiat marea, grande punto e anche la Linea, una grande punto a tre volumi. Le vere padrone però le Sahin, auto veramente bizzarre che hanno il telaio di vecchi modelli italiani come la fiat 128, 131 mirafiori, alfa 33, e perfino della Regata. Il motore che montano invece è russo. Per completare il tutto va detto che le auto sono costruite dalla dai turchi. Ricordo che alla trasmissione “Top gear” ci avevano fatto un pezzo di puntata sopra. Ne avevano dette di tutti i colori su queste povere auto.
Dopo una sosta all'autogrill, dove troppo tardi scopro che qualunque cosa si prenda, anche solo il pane, si paga sempre 15 lire, assisto ad una scena strana. Sembra che sia usanza del servizio turco togliere dalla tavola il piatto vuoto. Qui però il cameriere sembra un pò scocciato di farlo, quasi disgustato. Tant'è che il capo lo rimprovera pesantemente di fronte a tutti.
Ripresa la strada faremo ancora una tappa, a sorpresa, ma molto gradita: il lago salato di Gulum. Bellissimo.


Prima di scendere si passa dalle grinfie di una bancarella che ti impiastrano le mani con del sale blu, te le fanno sfregare e poi lavare. Risultato: due mani morbide e profumate. Comunque scavalcato l'ostacolo siamo in mezzo al lago. Una sensazione unica si impossessa della mie gambe che, mentre guardo verso il centro della bianca distesa cristallina, mi ritrovo a correrci. In pochi istanti mi ritrovo solo, circondato da una distesa bianca e pura. C'e poco sole, per fortuna, e questo rende ancora più piacevole la corsa. Quando mi fermo i miei compagni di viaggio sono diventati dei puntini lontani, cosi mi godo il silenzio e la solitudine per un po'. Poi, il vento mi suggerisce di tornare e riprendo a correre verso di loro.
Rimaniamo sulla distesa di sale a fare qualche foto e poi partiamo per Avanos, in Cappadocia. Mentre ci avviciniamo alla destinazione la luce nel cielo si abbassa sempre più e mi domando come sarebbe viaggiare in questo deserto di notte, oltre alle luci del furgone non ci sarebbe niente, non ci sono lampioni qui, nessuno nel raggio di un centinaio di km. Chissà che cielo stellato potremmo vedere.
L'hotel non è male, altre quattro stelle per la nostra collezione turca, stavolta abbastanza meritate. La cena poi è molto buona ed abbondante, finalmente a buffet, ognuno può prendere tutto ciò che vuole senza dover litigare con il coordinatore per il menù fisso.

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