Si
parte, è il momento di lasciare Istanbul. Sveglia alle 5:30 e dopo
colazione partenza alle sei per la stazione. Alle 7:20 il treno
dell'alta velocità parte per Ankara. 600 chilometri in quattro ore
scarse. Quasi tutti dormono, ma io non riesco, ho bevuto troppo
caffè.
Il
viaggio è tranquillo e in poco tempo si passa da un panorama
cittadino a qualcosa di simile alle sconfinate steppe. Anche i
paesini che si attraversano hanno un aspetto del tutto rurale.
L'Anatolia centrale è un altopiano immenso e coltivato, che ai tempi
dell'antica Roma veniva definito il granaio dell'impero.
Tra
i campi non sono pochi gli accampamenti nomadi, sperduti in mezzo a
decine di chilometri di nulla. Osservandoli viene da chiedersi con
che cosa possano sopravvivere, così isolati, ma forse le
coltivazioni di patate e grano turco potrebbero essere una prima
risposta.
Arrivati
ad Ankara, dove c'è il grande mausoleo di Ataturk, il padre
fondatore della repubblica laica turca, il tempo è uggioso. Ci
dirigiamo alla cittadella, in cima alla collina che domina la città,
ma non c'è molto da vedere, poche mura lasciate senza protezione per
i visitatori che potrebbero, scivolando facilmente, cadere verso
morte certa. Inoltre inizia a piovere proprio quando siamo sulla
cima.
Scendiamo
un pochino zuppi per vedere il museo della civiltà ittita. Forse
scoraggiati dal tempo, forse bisognosi di mettere qualcosa sotto i
denti, quasi tutti rifiutano di entrarci, gli unici temerari
rimaniamo io ed Alba.
Alla
fine ci abbiamo guadagnato noi, il museo era molto bello, forse anche
più di quello dell'archeologia, visitato ieri ad Istanbul.
Dopo
un caldo tea turco, o Cay, saltiamo sul furgone. L'autista è molto
silenzioso e capiamo subito perché: parla solo turco. Fabio cerca di
farsi capire a gesti ma con scarso successo. Per fortuna il guidatore
sembra conoscere la strada.
Inizia
cosi il lungo viaggio nell'Anatolia centrale dove sembra che le poche
auto incontrate siano prevalentemente vecchie Renault 9, 12 e 19,
davvero tante ed imbarazzanti. Ci sono poi le fiat marea, grande
punto e anche la Linea, una grande punto a tre volumi. Le vere
padrone però le Sahin, auto veramente bizzarre che hanno il telaio
di vecchi modelli italiani come la fiat 128, 131 mirafiori, alfa 33,
e perfino della Regata. Il motore che montano invece è russo. Per
completare il tutto va detto che le auto sono costruite dalla dai
turchi. Ricordo che alla trasmissione “Top gear” ci avevano fatto
un pezzo di puntata sopra. Ne avevano dette di tutti i colori su
queste povere auto.
Dopo
una sosta all'autogrill, dove troppo tardi scopro che qualunque cosa
si prenda, anche solo il pane, si paga sempre 15 lire, assisto ad una
scena strana. Sembra che sia usanza del servizio turco togliere dalla
tavola il piatto vuoto. Qui però il cameriere sembra un pò
scocciato di farlo, quasi disgustato. Tant'è che il capo lo
rimprovera pesantemente di fronte a tutti.
Ripresa
la strada faremo ancora una tappa, a sorpresa, ma molto gradita: il
lago salato di Gulum. Bellissimo.
Prima
di scendere si passa dalle grinfie di una bancarella che ti
impiastrano le mani con del sale blu, te le fanno sfregare e poi
lavare. Risultato: due mani morbide e profumate. Comunque scavalcato
l'ostacolo siamo in mezzo al lago. Una sensazione unica si impossessa
della mie gambe che, mentre guardo verso il centro della bianca
distesa cristallina, mi ritrovo a correrci. In pochi istanti mi
ritrovo solo, circondato da una distesa bianca e pura. C'e poco sole,
per fortuna, e questo rende ancora più piacevole la corsa. Quando mi
fermo i miei compagni di viaggio sono diventati dei puntini lontani,
cosi mi godo il silenzio e la solitudine per un po'. Poi, il vento mi
suggerisce di tornare e riprendo a correre verso di loro.
Rimaniamo
sulla distesa di sale a fare qualche foto e poi partiamo per Avanos,
in Cappadocia. Mentre ci avviciniamo alla destinazione la luce nel
cielo si abbassa sempre più e mi domando come sarebbe viaggiare in
questo deserto di notte, oltre alle luci del furgone non ci sarebbe
niente, non ci sono lampioni qui, nessuno nel raggio di un centinaio
di km. Chissà che cielo stellato potremmo vedere.
L'hotel
non è male, altre quattro stelle per la nostra collezione turca,
stavolta abbastanza meritate. La cena poi è molto buona ed
abbondante, finalmente a buffet, ognuno può prendere tutto ciò che
vuole senza dover litigare con il coordinatore per il menù fisso.
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