mercoledì 22 ottobre 2014

Turkolento - quattordicesimo giorno


Siamo arrivati all'ultimo giorno di vacanza. Purtroppo domani ci aspetta solo il doppio volo che ci riporterà a casa.
Lasciamo Marmaris nemmeno troppo dispiaciuti, un po' per il mare, un pò perché siamo diretti ad Efeso. Solo il nome fa tremare i polsi. La più grande città dell'antichità, dopo Roma, che nel suo massimo momento di espansione poteva contare fino a duecentocinquantamila abitanti.
Pare inoltre che sia stata la destinazione ultima della Madonna dopo la sua fuga da Gerusalemme.
La città è molto grande, non per niente è il sito archeologico più esteso dell'intera Turchia. La guida del Touring raccomanda di visitarla nelle prime ore della mattina o verso sera, quando la temperatura è più mite.
Noi arriviamo a mezzogiorno.
Per fortuna c'è qualche nuvoletta che di tanto in tanto rinfresca l'aria. Partiamo subito dall'immensa strada del porto. Praticamente un'autostrada di marmo che conduce al porto. Non se ne vede la fine che sfociava nel bacino artificiale, probabilmente doveva essere l'arteria principale che portava le merci scaricate dalle navi direttamente in città. Purtroppo la strada per il porto è sbarrata, per cui la possiamo solo ammirare dalla sua parte terminale
Voltando lo sguardo dall'altra parte ci troviamo di fronte l'imponente teatro. Solo per conservarlo come la ciliegina sulla torta, lasciamo la sua visita per ultima e ci incamminiamo lungo la via del marmo.


Questa era un strada lastricata di marmo, ancora oggi pressoché in buonissime condizioni, che da una parte aveva le mura esterne dell'Agorà, mentre dall'altra c'erano dei portici sotto cui si poteva camminare e fermare lungo i vari esercizi commerciali che vi si affacciavano.
In fondo alla via già si vede la biblioteca di San Celso, ma la lasciamo per il ritorno, così come le case a terrazza, le latrine e tanti altri edifici pubblici.
Saliamo invece lungo la Via dei Cureti che porta all’Agorà superiore, o statale.
Qui oltre alla piazza, c’è anche il ginnasio dell’Est, la porta di magnesia e l’Odeon, o Bouleterion, o piccolo teatro, che altro non era se non il luogo dove le personalità della città si riunivano per discutere dei problemi. Sullo stesso livello c’erano anche il tempio di Priapo ed il tempio di Domiziano.


Tornando a scendere dalla strada dei Cureti, ora la temperatura è un pò più mite, così possiamo fermarci alla porta di Traiano, le colonne di Eracle, la fontana di Adriano, le terme di scolastica e soprattutto le case a terrazza.
Nelle Latrine scopriamo che gli antichi più potenti e ricchi potevano riservarsi l’uso di un bagno personale, senza dover ogni volta aspettare il proprio turno.


Le case a terrazza sono proprio lì di fronte. Per entrare c’era da fare un biglietto aggiuntivo di 15 lire, ma dopo averle viste credo tranquillamente di poter dire che ne valgono almeno tre volte tanto, se non di più.
Si tratta di solo sei case ancora in fase di scavo e restauro, corredate con tanto di archeologi che stanno ricomponendo i rivestimenti in marmo delle pareti della prima casa.
Uno spettacolo da perdere il fiato.
Sembra che siano state abbandonate a causa dei fortissimi terremoti che hanno colpito la zona chissà quanti secoli fa.
Le mura di queste case hanno uno spessore davvero considerevole e a vederle comunque piegate, viene davvero da dire: al giorno d’oggi non le fanno più come una volta.





Per essere state sepolte per così tanto tempo, alcuni intonaci, e soprattutto i mosaici dei pavimenti sono in condizioni spettacolari. C'è perfino un bagno, ancora semi intonacato, con una tubatura di terracotta che si è scoperta lasciando intravedere il lavoro, è caso di dire “fatto ad arte”, di un antico idraulico. La tettoia che ricopre le sei case è già di per sé speciale, tutti ci siamo chiesti perché non si è pensato a fare qualcosa del genere anche a Pompei…


Appena usciti dalle case scendiamo verso il basso, e proprio di fronte alle terme di scolastica ed al tempio di Adriano, troviamo la famosissima biblioteca di San Celso, una delle icone di Efeso.
La facciata, anche se è stata ricostruita con i pochi resti ritrovati, è spettacolare e rende bene l’idea di come doveva essere questa biblioteca di tre piani. Era la terza più grande dell’impero e, ovviamente conteneva rotoli e pergamene, non libri.


Dopo una raffica di fotografie alle biblioteca, scendiamo nell’Agorà commerciale, ovvero la grande piazza che sotto i propri portici ospitava il grande mercato. In fondo ad essa c’era anche il tempio di Serapide, ma preso come sono dal raggiungere il grande teatro, lo osservo appena.
E finalmente eccolo lì, il teatro che poteva ospitare un decimo della popolazione di Efeso, ovvero ben venticinquemila persone.
Visto dal basso è maestoso, ma salendo gli antichi gradini consumati e piegati dal tempo, si può vedere quanto sia veramente grande e perfetto.
Dall'alto si può vedere quasi tutta la lunghissima strada del porto e capire quanto sia veramente grande. Le persone che camminano sulla strada sembrano addirittura formiche.





Immaginare di assistere in un antico teatro ad uno spettacolo ai tempi dei romani sembra sempre impossibile, ma forse qui non lo è poi così tanto.




Scesi dagli spalti, non ci rimane che incamminarci verso il pulmino, ma prima scorgiamo le indicazioni per la chiesa della Madonna.
Delle tre chiese che furono costruite una accanto all'altra, non rimane molto, quasi niente, ma è l'ultimo scampolo di visita archeologica e non me lo voglio perdere.
Riprendiamo il viaggio e in nemmeno un paio d'ore siamo ad Izmir, la seconda città della Turchia per dimensioni. In realtà all'inizio del secolo scorso si chiamava Smirne, ma poi le vicende della guerra contro la Grecia ne hanno decretato la fine con un incendio che la distrusse completamente. Ricostruita dai turchi venne ribattezzata Izmir.
Giunti in hotel, abbiamo il tempo di lasciare i bagagli, quindi ci troviamo per decidere che fare per l'ultima cena.
In realtà lo scoordinatore aveva detto fin dall'inizio che lui sapeva dove andare a mangiare, quasi ogni giorno lo ripeteva, ma poi, dopo aver gettato la maschera, si è rivelato per quello che è: un chiacchierone.
Per lui il primo ristorante potrebbe andare bene.
Io e Andrea controlliamo sulla Lonely quali possibilità ci sono e se sono vicine. Appurato che la zona del lungo mare è ricca di ristorantini, indirizziamo in gruppo in quell'area della città, neanche troppo lontana.
Lungo la strada ne troviamo uno, secondo lo scoordinatore va benissimo, agli altri invece non piace.
Proseguiamo allora per il lungo mare e quando ci arriviamo scoppia l'ennesima grana.
Lo scoordinatore dice di avere delle necessità, come tutti del resto, ma che lui vuole mangiare presto ed andare subito a letto, che è stanco.
Solo lui ha delle priorità ed è stanco?
Scandagliamo allora il lungo mare in cerca di un ristorante che metta d'accordo tutti quanti, ma ormai il morbo della scoordinazione ha colpito metà gruppo, e l'altra è colpita da una certa incazzatura.
Io sono tendente alla seconda, anche perché l'unica sera che si può stare fuori fino a tardi, e magari mangiare con calma... dobbiamo assecondare lo scoordinatore?
Dopo un ora di passeggio e finte contrattazioni, il cielo all'orizzonte si riempie di fulmini. Mentre passiamo davanti ai locali che trasmettono la partita del Galatasaray in diretta, notiamo che sullo stadio sta scendendo il diluvio.
Intimoriti dalle funeste condizioni meteorologiche, ritorniamo sui nostri passi e cerchiamo di avvicinarci all'hotel.
Alla fine torneremo al primo ristorante che abbiamo incontrato sul lungo mare.
Lo scoordinatore contratterà il suo menù preferito, e tutti iniziano a mangiare. Tutti tranne i due vegetariani che invece di poter scegliere si vedono portare un piatto di antipasti. Buoni, anzi, per fortuna molto buoni.
Purtroppo però la scelta dello scoordinatore si rivela ancora una volta funesta: sulla città si abbatte un temporale, forse una tromba d'aria.
Fatto sta che noi, essendo seduti sotto dei gazebi, quando iniziano a volare piatti, posate e bicchieri sollevati dal vento, scappiamo all'interno del locale.
Lo scoordinatore invece rimane fuori e, con naturalezza inquietante, finisce di mangiare il suo piatto e si mette a mangiare anche i piatti abbandonati da chi è scappato dentro.
E ho detto tutto...
Terminata la cena all'interno, c'è il solito inghippo da azzeccagarbugli del conto. Chi ha preso altro, oltre al suo piatto pattuito, dovrebbe regolarsi, chi come me e Alba che abbiamo mangiato un piattino di verdure, dovrebbe essere regolato. Invece finisce che io e Alba, e credo anche qualcun altro, non veniamo regolati, ma regaliamo.
Questo non per colpa di chi ha preso un piatto in più, ma per colpa dello scoordinatore che doveva per forza applicare un menù fisso che già in partenza si sapeva non sarebbe stato rispettato.
Complimenti.
La parte più bella della serata arriva quando salutiamo lo scoordinatore. Che bello vederlo andarsene da solo.
Echeccavolo.
Fuori non piove più, così proviamo a trovare il gran bazar di Izmir che deve essere una cosa immensa.
Dopo mezzora o forse più di ricerca lo troviamo, peccato però che la tromba d'aria abbia fatto scappare tutti e di conseguenza chiudere i negozi.
Per consolare la nostra ultima serata ci accomodiamo in un localino all'aperto dove stanno suonando due cantautori turchi. Ovviamente non capiamo un turco... ehm, un tubo, ma a tutti piace.
Il rientro a fine serata, è rapido e assonnato.
Senza rendermi conto che è l'ultima sera di vacanza, mi addormento sfinito, ma senza troppi pensieri, roba che ormai non mi capitava da anni.

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