lunedì 29 luglio 2024

Undicesimo giorno - Kyoto in libertà


Oggi il programma prevede di vedere Kyoto in libertà. Ci troviamo in stazione con gli altri e a piedi andiamo verso il tempio Sanjūsangen-dō, il tempio delle “mille e una” statue.

Sfortunatamente non si possono fare foto all’interno dove ci sono le statue di legno e ricoperte d’oro.

Il tempio è del 1164, nel 1249 è bruciato in un incendio. Subito ricostruito, solo 124 statue sono sopravvissute, tutte le altre che mancano per arrivare a 1001, sono del tredicesimo secolo.

Sono tutte statue del dio Kannon dalle mille braccia, lo stesso del primo tempio visto a Tokyo, e della macchina fotografica.

Uno degli aspetti più singolari è che sono tutte a grandezza naturale e diverse tra loro. Disposte su dieci file da cinquanta, a destra della grande statua di Kannon al centro del tempio, e dieci file da cinquanta a sinistra della grande statua.

È considerato un tesoro nazionale e ne ha ben donde.

Ci prendiamo il tempo necessario per vedere tutte le statue e cercare di leggere più didascalie possibili, traducendoli con google translate dal giapponese. Usciamo a vedere il giardino zen che completa il complesso buddista.

Appena fuori da qui basta attraversare la strada per arrivare al museo Nazionale di Kyoto.

Mentre gli altri decidono di andare a prendere l’autobus per recarsi al mercato coperto di Nishiki per pranzare, io e Cassandra ci buttiamo nel museo, anche perché inizia a fare molto caldo.

Sfortunatamente la collezione permanente è in riallestimento, come gran parte del museo. C’è solo una mostra temporanea di arte giapponese che però non ci attira molto, così andiamo anche noi al Nishiki, che scopriamo essere comunque vicino alla zona dove siamo già stati, la parte posteriore dei “navigli” di Kyoto.




Mangiamo il nostro pranzo mentre attraversiamo il mercato, le cui piccole vie coperte sono ricchissime di localini in cui si può mangiare carne e pesce, in alcuni solo dolci, pochi i localini dove prendere souvenir.

Mi faccio attirare da un baracchino che vende frittatine appena fatte e la mangio al volo. Né carne, né pesce ovviamente. Il gusto non è di quelli indimenticabili, è una frittata, tutto qui. Chissà cosa mi aspettavo…

Proseguiamo e finiamo in un’altra zona del mercato, stavolta con un più ampio passaggio e negozi per turisti dove alla fine casco nella febbre da Gachapon. Ne prendo solo uno di Slam-Dunk.

I Gachapon sono quelle palline con dentro dei gadget, dei portachiavi a tema. Un po' come quelle che da noi c’erano negli anni 80 davanti ai bar e alle edicole, solo che in Italia trovavi sorprese nostrane e impersonali come le palline di gomma multicolori che rimbalzavano ovunque, biglie colorate, gomme da masticare, ecc…

Qui invece si trova di tutto, veramente. Io sono attirato dai Gachapon a tema anime o manga… Speravo di trovare qualcosa di più vintage, tipo i robottoni anni ’70, ’80.

Ogni volta che ci ripenso la febbre mi torna e rimpiango di non averne presi molti di più in quel mercato di Kyoto…

Soddisfatta la mia poca sete di nerdità, torniamo nella zona dei templi che non siamo riusciti a vedere ieri.


Siamo solo io e Cassandra. Per prima cosa andiamo a vedere il tempio con quella statua gigante che ieri era chiuso, il Ryozen Kannon.

Un’oasi di pace e tranquillità.

Ci addentriamo in una stradina nascosta che si arrampica sulla montagna sperimentando e sperando che arrivi anch’essa al Kyiomizu-Dera. Ci arriva, ma passando sempre da Sannenzaka e Ninenzaka.

Nonostante il gran caldo c’è ancora moltissima gente che sale verso i templi.

Finalmente visitiamo il Kyiomizu-Dera, costruito sul fianco della montagna e con una grandissima terrazza. Mentre si ammira il panorama circostante non si può immaginare che il tempio sia stato costruito con un ampio e complicato sistema di palafitte composto da ben 139 pilastri di legno.


Per entrare nel tempio c’è un biglietto da pagare, ne vale la pena perché oltre alla grande struttura ce ne sono molte altre da scoprire disseminate nella foresta. Seguendo la strada si passa davanti ad altri tre edifici, l’ultimo dei quali ha anch’esso una terrazza. Già da qui si possono vedere le palafitte su cui poggia il grande tempio dove eravamo prima.

Continuiamo a camminare. Ad un bivio troviamo le indicazioni per il tempio Seikan-ji. Dal cartello abbiamo poco tempo per andarci, dopodiché chiuderanno la strada. Stiamo già camminando a passo spedito sul sentiero che in dieci-quindici minuti ci conduce attraverso gli alberi fino al cancello del tempio, ma scopriamo essere chiuso… Il cartello diceva che avrebbero chiuso la strada… non il tempio… ancora una volta ho calcolato male i templi.

Ritorniamo indietro e al bivio andiamo alla pagoda, la cui cima vedevamo spuntare dalla foresta quando eravamo sulla terrazza del Kiyomizu-Dera.

Anche da qui c’è un magnifico panorama e una strada che scende sinuosa verso la base del tempio e poi fuori da tutto verso la città.

La seguiamo e usciamo da un grande cancello in una via simile alla Ninenzaka, con molta meno gente. Sarà l’orario, sarà che sono italiano, se la gente entrasse da qui e facesse il percorso al contrario non dovrebbe neanche pagare il biglietto d’ingresso al tempio…


Forse solo a un italiano verrebbe in mente, di sicuro non a un giapponese…

Mentre scendiamo verso la città gli altri avvisano si sono incontrati ancora con la guida per andare nuovamente a caccia di geishe.

Noi decliniamo l’invito e andiamo a fare shopping. Questa volta andrà meglio a loro perché vedranno molte geishe e le fotograferanno.

A me invece andrà male perché dovrò portare Cassandra a fare shopping da Donqui per tentare di svaligiare il più possibile la loro riserva di cosmetici.

 

Cosplay dei turisti

Kyoto è una delle città più caratteristiche del Giappone, una delle meglio conservate, quindi è normale incontrare molte persone che girano ancora vestite in Kimono o Yukata, soprattutto se si considera che a Gion ci sono perfino le vere Geishe!

Sulle strade più caratteristiche di Kyoto, la Sannenka e la Ninnenzaka, si vedono spesso persone vestite in questo modo, ma non sono giapponesi come potremmo subito pensare, sono turisti cinesi o koreani. A volte anche europei o americani!

In pratica i turisti vengono qui a fare cosplay!

Come se in una città europea, magari che conserva ancora in parte un aspetto medievaleggiante, i turisti affittassero un’armatura oppure andassero in giro vestiti come Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere”

Oppure se in America i turisti che vanno nella Monument Valley si vestissero da pellerossa o da cowboy/pistoleri, invece in Francia affitterebbero i costumi di Asterix e Obelix!

A tal proposito mi viene da citare gallo corpulento: “Sono pazzi questi… turisti”.

Nessun commento:

Posta un commento