sabato 27 luglio 2024

Nono giorno – Kyoto – Arashiyama - Ryoan-ji - Sanjo Keian - Fushimi Inari

Rimaniamo a Kyoto, avendo esaurito il JR pass non ci muoveremo più su lunghissime distanze, bensì esploreremo la città. Poche fermate di treno scendiamo ad Arashiyama e andiamo a vedere un tempio Tenryu-ji, ma quando siamo lì il gruppo cambia idea e vediamo solo il giardino giapponese, all’uscita del quale c’è la famosa foresta di bambù.

Giardino carino, meglio altri già visti. La foresta dei bambù invece è un percorso molto breve, circa 10 minuti, fatto apposta per far fare le foto ai turisti, se ti vengono. Moltissima gente e i bambù nelle foto rischiano di passare in secondo piano. Il percorso guidato spunta sopra la stazione di un trenino turistico con un gruppo di chioschetti dove prendo dei buonissimi mochi.

Torniamo in stazione per riprendere un altro treno. Una sola fermata e si prende un trenino locale da un solo vagone che sembra uscito da un Anime di Miyazaki.  Ci porta al Tempio Ryoan-ji, luogo di un famosissimo giardino zen e un laghetto.


Al giardino Claudio esordisce con una frase sibillina: ho provato a leggere un libro sullo zen: non ci ho capito niente.

Ci sguinzagliamo nel parco lasciando il laghetto per ultimo e andando subito al Ryoan-ji, dove lasciamo le scarpe e visitiamo tempio e giardino zen.

Appena arrivati troviamo Tony che butta lì un’altra perla.

“Non vorrei spoilerare il giardino, ma sono solo sassi buttati là.”

Non conosco la filosofia zen, sebbene mi renda conto ultimamente che sono molto sensibile ai discorsi filosofici. Lo zen però è sia arte che filosofia, per cui non saprei dire se e quanto sia bello questo giardino.

Parlando di arte, quando fa nascere delle emozioni in noi esseri terreni, raggiunge il suo scopo e non ha bisogno di molte spiegazioni.

Questo giardino è particolare perché ci sono 15 pietre, ma da qualunque posizione lo si guardi, non si riesce a vederle tutte. Già da questo si può intuire che ha generato un certo interesse nel verificare se fosse vero o no spostandoci ovunque ci fosse consentito.

Il muro che circonda il giardino poi è ancora più criptico perché è di un colore strano che sembra in evidente stato di degrado. Invece pare che sia fatto di una particolare mistura di materiali poi cotti nell’olio per avere quei colori. Il fatto che appaia parzialmente “sgarrupato” dovrebbe far parte del fascino zen.

Credo ci sia ancora molto da studiare…


Non c’è solo il giardino, ci sono anche delle stanze antiche con tatami e pareti dipinte molto belle. Un ulteriore corridoio porta ad un’altra struttura a cui non possiamo accedere perché riservata ai messi imperiali.

Terminiamo di visitare il parco con una singolare pagoda ad un solo piano ed il laghetto con al centro un’isola.

Mentre attendiamo l’autobus per la prossima destinazione, per ottimizzare i tempi io e Cassandra consumiamo il pranzo. Con l’autobus si arriva al quartiere Sanjo Keian, praticamente i navigli di Kyoto.

Arrivati dovremo attendere che gli altri pranzino, allora io e Cassandra siamo liberi di girovagare nei vicoli dietro i navigli pieni di localini, nella strada principale trafficata e ricca di negozi, cosa che fa brillare gli occhi di Cassandra.

È qui che facciamo la prima conoscenza di Donqui, abbreviazione di Donquisciotte, negozione su più piani che vende di tutto, e quando dico tutto… se semo capiti…

In pratica sarà solo un giro perlustrativo per prendere confidenza con Kyoto, ma leggo ben chiaro nello sguardo della mia consorte una promessa e una minaccia: tornerò!

All’ora dell’appuntamento ci ritroviamo tutti sui navigli ed andiamo a prendere la metropolitana che ci porterà all’ingresso del santuario Fushimi Inari.

Qualche passo a piedi e siamo all’ingresso, dove iniziano i mille Torii che salgono fino in cima alla collina. I Torii sono un punto di passaggio tra il mondo terreno e il mondo divino, fra sacro e profano. In ogni tempio in cui siamo stati ce ne erano sempre diversi, più o meno grandi.


In questo santuario, dedicato al dio Inari, si attraversano i mille Torii su cui sono scritte delle preghiere, per arrivare in cima alla montagna dove c'è il vero santuario. In realtà ci sono più percorsi per arrivare in cima e anche se nessuno li ha mai contati veramente, sembra che i Torii qui siano circa diecimila.

Inari è il dio del raccolto. Mentre saliamo, si notano oltre ai portali anche delle statue di volpi con il tipico bavaglino rosso. La volpe bianca era uno spirito molto caro a Inari. Al contrario quella nera, era considerata uno spirito malevolo e molto pericoloso.


La collina non è molto alta, circa 235 metri sul livello del mare, per arrivare in cima ci metteremo quasi cinquanta minuti. Il sentiero all’inizio è pieno di gente che si scatta selfie e fa video, man mano che si sale la gente rallenta e si ferma.

Lungo il percorso ci sono diverse stazioni con localini e aree di sosta a quest'ora tutti chiusi. Molti vi si fermano a prendere fiato. Noi invece continuiamo tranquilli e come durante una maratona ben presto la folla si dirada e i Torii rimangono quasi solo per noi.


A volte ci sono alcune zone che si aprono a lato del sentiero, sul fianco della montagna. Sono ricchissime di Torii, la maggior parte in miniatura. Se contano anche questi ecco spiegato perché in totale sono circa diecimila.

L’idea di salire verso sera era quella di vedere il tramonto. È un po' nuvoloso. Sperem...

Passate ormai diverse aree di sosta arriviamo ad un bivio, c’è un belvedere. Cerchiamo di capire dove dobbiamo andare per arrivare prima alla cima e non perderci il momento del tramonto, quindi prendiamo la strada a destra.

Pian piano arriviamo, un po’ sudati, ma senza fiatone. Anzi la cima neanche la vediamo! Mi accorgo di averla passata solo quando ormai siamo già in discesa da qualche minuto. Ma siamo sicuri?

Torniamo su.

Il fatto che dalla cima non c’è nessuna vista mi aveva ingannato. Facciamo qualche foto. Riprendiamo il percorso per completare l’anello e tornare al belvedere, sperando di fare in tempo per il tramonto. A occhio ce la dovremmo fare.

Ci godiamo il tragitto in discesa avvolti dalla penombra della sera.


La luce è poca e se va avanti così, tocca accendere le torce dei telefoni per non inciampare.

Inoltre siamo soli, ci sono solo i Torii e le statue selle volpi con il bavaglino che spuntano ad ogni angolo.

Sto per prendere la torcia quando i pochi lampioni messi lungo il percorso, ben nascosti, si accedono gettando un po’ di luce sul sentiero. Subito mi torna alla mente una scena della città incantata: quella dove Chihiro deve tentare di uscire dalla città prima del tramonto.

Lei non ce la fa e diventa schiava della strega Zaniba che le ruba il nome e le concede il favore di lavorare nelle sue terme per spiriti.

Noi invece arriviamo al bel vedere prima del tramonto, siamo salvi.

Sfortunatamente il sole rimane troppo coperto e potremo vedere solo i suoi riflessi in un piccolo spazio di cielo in cui le nuvole sono più rade.

Poco alla volta arrivano anche gli altri scalatori del gruppo. Foto di gruppo al tramonto, si scende.


Arriviamo a destinazione facendo un'altra strada, in una zona un po' più commerciale e abitata, sempre ricca di piccoli templi e statue. Ormai è buio e non rimane altro che tornare verso casa per cenare.

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