Torniamo in stazione per riprendere un altro treno. Una sola fermata e si prende un trenino locale da un solo vagone che sembra uscito da un Anime di Miyazaki. Ci porta al Tempio Ryoan-ji, luogo di un famosissimo giardino zen e un laghetto.
Ci sguinzagliamo nel
parco lasciando il laghetto per ultimo e andando subito al Ryoan-ji, dove
lasciamo le scarpe e visitiamo tempio e giardino zen.
Appena arrivati
troviamo Tony che butta lì un’altra perla.
“Non vorrei spoilerare
il giardino, ma sono solo sassi buttati là.”
Non conosco la
filosofia zen, sebbene mi renda conto ultimamente che sono molto sensibile ai
discorsi filosofici. Lo zen però è sia arte che filosofia, per cui non saprei
dire se e quanto sia bello questo giardino.
Parlando di arte,
quando fa nascere delle emozioni in noi esseri terreni, raggiunge il suo scopo
e non ha bisogno di molte spiegazioni.
Questo giardino è
particolare perché ci sono 15 pietre, ma da qualunque posizione lo si guardi,
non si riesce a vederle tutte. Già da questo si può intuire che ha generato un
certo interesse nel verificare se fosse vero o no spostandoci ovunque ci fosse consentito.
Il muro che circonda il
giardino poi è ancora più criptico perché è di un colore strano che sembra in
evidente stato di degrado. Invece pare che sia fatto di una particolare mistura
di materiali poi cotti nell’olio per avere quei colori. Il fatto che appaia
parzialmente “sgarrupato” dovrebbe far parte del fascino zen.
Credo ci sia ancora
molto da studiare…
Terminiamo di visitare il parco con una singolare pagoda ad un solo piano ed il laghetto con al centro un’isola.
Mentre attendiamo
l’autobus per la prossima destinazione, per ottimizzare i tempi io e Cassandra
consumiamo il pranzo. Con l’autobus si arriva al quartiere Sanjo Keian,
praticamente i navigli di Kyoto.
Arrivati dovremo
attendere che gli altri pranzino, allora io e Cassandra siamo liberi di
girovagare nei vicoli dietro i navigli pieni di localini, nella strada
principale trafficata e ricca di negozi, cosa che fa brillare gli occhi di
Cassandra.
È qui che facciamo la
prima conoscenza di Donqui, abbreviazione di Donquisciotte, negozione su più
piani che vende di tutto, e quando dico tutto… se semo capiti…
In pratica sarà solo un
giro perlustrativo per prendere confidenza con Kyoto, ma leggo ben chiaro nello
sguardo della mia consorte una promessa e una minaccia: tornerò!
All’ora
dell’appuntamento ci ritroviamo tutti sui navigli ed andiamo a prendere la
metropolitana che ci porterà all’ingresso del santuario Fushimi Inari.
Qualche passo a piedi e siamo all’ingresso, dove iniziano i mille Torii che salgono fino in cima alla collina. I Torii sono un punto di passaggio tra il mondo terreno e il mondo divino, fra sacro e profano. In ogni tempio in cui siamo stati ce ne erano sempre diversi, più o meno grandi.
Inari è il dio del raccolto. Mentre saliamo, si notano oltre ai portali anche delle statue di volpi con il tipico bavaglino rosso. La volpe bianca era uno spirito molto caro a Inari. Al contrario quella nera, era considerata uno spirito malevolo e molto pericoloso.
Lungo il percorso ci
sono diverse stazioni con localini e aree di sosta a quest'ora tutti chiusi.
Molti vi si fermano a prendere fiato. Noi invece continuiamo tranquilli e come
durante una maratona ben presto la folla si dirada e i Torii rimangono quasi solo
per noi.
L’idea di salire verso sera era quella di vedere il tramonto. È un po' nuvoloso. Sperem...
Pian piano arriviamo,
un po’ sudati, ma senza fiatone. Anzi la cima neanche la vediamo! Mi accorgo di
averla passata solo quando ormai siamo già in discesa da qualche minuto. Ma
siamo sicuri?
Torniamo su.
Il fatto che dalla cima
non c’è nessuna vista mi aveva ingannato. Facciamo qualche foto. Riprendiamo il
percorso per completare l’anello e tornare al belvedere, sperando di fare in
tempo per il tramonto. A occhio ce la dovremmo fare.
Ci godiamo il tragitto
in discesa avvolti dalla penombra della sera.
Inoltre siamo soli, ci
sono solo i Torii e le statue selle volpi con il bavaglino che spuntano ad ogni
angolo.
Sto per prendere la
torcia quando i pochi lampioni messi lungo il percorso, ben nascosti, si
accedono gettando un po’ di luce sul sentiero. Subito mi torna alla mente una
scena della città incantata: quella dove Chihiro deve tentare di uscire dalla
città prima del tramonto.
Lei non ce la fa e
diventa schiava della strega Zaniba che le ruba il nome e le concede il favore
di lavorare nelle sue terme per spiriti.
Noi invece arriviamo al
bel vedere prima del tramonto, siamo salvi.
Sfortunatamente il sole
rimane troppo coperto e potremo vedere solo i suoi riflessi in un piccolo
spazio di cielo in cui le nuvole sono più rade.
Poco alla volta arrivano anche gli altri scalatori del gruppo. Foto di gruppo al tramonto, si scende.
Arriviamo a destinazione facendo un'altra strada, in una zona un po' più commerciale e abitata, sempre ricca di piccoli templi e statue. Ormai è buio e non rimane altro che tornare verso casa per cenare.
Nessun commento:
Posta un commento