Ultimo giorno per usare il biglietto JR pass, così lo sfruttiamo fino in fondo.
La strada dalla
stazione non è lunga, basta seguire con qualche applicazione la direzione
giusta attraverso le piccole stradine. In dieci minuti siamo arrivati.
Il complesso di templi
è immerso in un bel parco dove veniamo accolti da un glicine rosa che pende da
una grande struttura in legno. Subito dopo un laghetto in mezzo al quale si
erge il famoso tempio. Non avendo molto tempo inizio a perlustrare il parco e
vado subito a vedere il museo dove però non si possono fare foto. Il complesso
è stato costruito nel 998 e il tempio è famoso per la statua del Buddha Amida.
Esco e provo a mettermi in fila per andare a vederlo, purtroppo i biglietti
sono già oltre l’orario in cui saremo qui… Stavolta ho calcolato male i templi…
Con quel poco tempo che
ci rimane cerco di perlustrare ogni angolo nascosto del complesso, quindi ci
rimettiamo in cammino per la stazione.
Per arrivare alla zona
dei templi bisogna camminare un pochino.
Visto che la velocità media del gruppo è piuttosto bassa, optiamo per
l’autobus.
Sfortunatamente c’è una
marea di gente e il traffico è praticamente bloccato. Scendiamo a metà percorso
per andare a piedi. La cosa si rivela una scorciatoia che ci fa arrivare
direttamente nel parco ai cancelli del tempio Todai-ji, proprio davanti al museo.
Partiamo subito dal museo e con Cassandra già ci stacchiamo dal gruppo perché siamo più lenti a vederlo, passiamo sotto il grande cancello del Todai-ji e andiamo al tempio stesso.
Come tutti i templi,
essendo in legno è stato ricostruito più volte. Pare sia la più grande
struttura in legno del mondo. La cosa assurda è che la versione originale era
più grande di un terzo…
Oltre alle moltissime
altre statue buddiste, di dimensioni molto più piccole, ci imbattiamo in una
fila. Ok, in Giappone fanno la fila per tutto, qui ci sono quasi principalmente
turisti a farla. Mi metto in fila anche io.
Davanti a me c’è una
sciura cinese, o coreana non so, sicuramente non giapponese perché faceva un
gran baccano assieme alle sue amiche.
In pratica la fila è
per entrare in un buco alla base di una delle grandissime colonne di legno che
sostengono il tempio.
Si dice che il buco
abbia le stesse dimensioni della narice della statua di Buddha, quella
gigantesca che sta là dietro.
La leggenda dice: chi
riesce a passarci, riceverà l’illuminazione nella prossima vita.
La sciura non so cosa
farà nella prossima vita, ma in questa la sua vita è troppo larga e rimane
incastrata. Niente illuminazione.
Ci provo io anche se
non sono buddista.
E voilà! L’alluce fu.
Nella prossima vita però!
Correre almeno dodici
chilometri tutti i giorni è servito a qualcosa.
Mentre risaliamo
mangiamo la nostra schiscetta schivando i cervi affamati. Arriviamo al Todai-ji
Nigatsudo, dalla cui terrazza si gode un’ottima vista.
Uscendo incrociamo gli
altri del gruppo sparsi qua e là, chi in ristorantini, chi in altri templi, chi
a mangiare il gelato.
Gelato?
Eh, ci starebbe proprio
un dolcetto… Non trovando il mio amato mochi mi butto sul gelato. Niente di
che, ma come dolce vale lo stesso.
Io e Cassandra ci
facciamo abbindolare da un altro tempio il Todai-Ji Hokkedo, dove per 800 yen
ci assicurano vedremo meraviglie. Cinque statue buddiste che non possiamo
fotografare. Poca luce, si vedono poco.
Proseguiamo per il
Kasuga Taisha, sempre a pagamento. Molto più magico, con tutte le sue lanterne
appese ovunque all’aperto e una stanza buia dove sono state accese che mi
ricorda quella vista a Miyajima.
Molto bello e illuminante!
Proseguiamo sullo stesso sentiero circondati da grandi lanterne di pietra, troveremo solo qualche tempietto.
Uno in particolare, all’ombra degli altissimi alberi, tre persone davanti ad esso. Non so se stanno pregando o fanno finta. Di fronte al tempietto battono le mani, si inchinano più volte, girano attorno al tempietto tre volte, ricominciano. Mi vien da dire che stiano pregando perché sono ignorante sulle pratiche buddiste. È così bizzarro e diverso dai riti delle altre religioni che mi sembra troppo strano.
Come tappa finale
decidiamo di andare al museo Nazionale di Nara. In realtà ci sarebbe anche una
mostra temporanea, non ne avremmo il tempo per cui vediamo solo la collezione
classica.
Si tratta di statue
buddiste attraverso le quali ci si può immergere nella storia del buddismo in
Giappone. Per chi come me non capisce nulla di buddismo, c’è una spiegazione
facile, giusto per interpretare le statue che vedremo e distinguere i Buddha dai
Bodhisattva e dagli esseri celestiali.
Pare di Buddha ce ne
sono stati molti, un po' come i nostri santi, mentre pensavo che Buddha fosse
solo Siddharta, il fondatore della religione buddista…
I Bodhisattva invece
sono coloro che cercano la via per diventare Buddha e, quando ci riescono,
invece che raggiungere il Nirvana, scelgono di reincarnarsi per dedicarsi ad
aiutare i più bisognosi.
Poi ci sono gli esseri
celestiali, considerati esseri dall’avanzato sviluppo spirituale.
I buddha sono facili da
riconoscere per l’acconciatura a “pallini” e le mani: una appoggiata alla gamba
e l’altra alzata e aperta. A seconda del messaggio che vuole dare le dita sono
piegate in modo differente.
I bodhisattva sono meno
riconoscibili perché sembrano dei buddha. Per capirlo si deve indugiare sulle
acconciature diverse tra loro e più elaborate che nei buddha, i vestiti più
eleganti e sul fatto che poggiano i piedi su un fiore di loto. Gli esseri spirituali
invece sono espressivi, quasi arrabbiati e a volte brandiscono oggetti come
armi o strumenti musicali.
Ci godiamo la visita
del museo, fotografando solo quello che è consentito. Dobbiamo correre
all’appuntamento con gli altri che aspettano vicino ad un altro tempio.
Riunito il gruppo
torniamo tutti assieme alla stazione per riprendere la strada di Kyoto.
Verso sera arrivati
alla stazione, cerchiamo ancora una volta lo Skygarden. Stavolta lo troviamo:
era sull’altro lato dell’immensa stazione.
Con una lunghissima
serie di scale mobili saliamo di una decina di piani accanto ad una scalinata
che dall’alto si rivela essere fatta come una porzione di spalti di un
anfiteatro. A metà salita infatti c’è una terrazza con un palco. Evidentemente
ci fanno anche concerti. Sopra di noi ora si vede tutta la struttura metallica
della volta della stazione. Una lunga cupola di tubi di acciaio e vetro che le
danno l’aspetto di una moderna cattedrale, molto più grande.
In cima la famosa
terrazza dello Skygarden! Da qui si può vedere un gran bel panorama della città
a 180° da una parte e dall’altra.
Arrivati in fondo
iniziamo a scendere e come sottofondo veniamo accolti da una musica di
pianoforte.
Dopo un paio di rampe
si accede ad un’altra terrazza e, sotto delle arcate laterali, c’è un
pianoforte con alcune persone che aspettano il proprio turno per potersi
cimentare. Credo facciano parte di una scuola di musica.
C’è chi è più bravo,
chi meno, comunque sono apprezzabilissimi.
Poi arriva lui.
Un pianista inizia a
suonare una melodia, bella, ma triste. Ne veniamo subito rapiti. Non si sa dove
ti voglia portare con la sua musica. Nel frattempo il sole sta tramontando, la
melodia sembra accelerare, rallentare, finché proprio nel momento in cui il
sole sparisce dietro le montagne che circondano Kyoto, il pianista si alza, fa
un inchino e se ne va.
Io e Cassandra torniamo
in hotel, Cassandra pensa già alla spesa da fare per la cena, mentre io cammino
pensando ancora al pianista e a come ha smesso di suonare improvvisamente.
Chissà che non venga
tutte le sere per suonare solo fino al tramonto…
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