sabato 20 luglio 2024

Secondo giorno - Tokyo

Continuiamo ad esplorare Tokyo. Al contrario di ieri ad accompagnarci non ci sarà Atsuko, bensì un ragazzo molto giovane originario della Liguria che vive qui da circa cinque anni e si è pure sposato con una giapponese da un paio di anni.

È simpatico e ci porta a vedere il Meiji Jingu, un tempio shintoista con due parchi, lo Yoyogi e il Naien.

Ovviamente anche questo tempio non è originale perché ricostruito dopo i bombardamenti. Pure la guida tiene a precisare che le costruzioni antiche giapponesi erano fatte di legno e già prima della seconda guerra mondiale quasi tutto era stato più volte ricostruito. Il legno, per quanto possa essere solido e di ottima qualità, col tempo si deteriora comunque e ha bisogno di continui restauri o sostituzioni.

In proposito mi viene in mente il paradosso della nave di Teseo, l’argonauta che usò la sua nave per andare a Creta e sconfiggere il Minotauro. Considerata dei greci un tesoro, col tempo si deteriorò e poco alla volta le parti più compromesse vennero sostituite. Finché un giorno non rimase più nessuno pezzo della nave originale. A questo punto la nave si può ancora considerare come “nave di Teseo”?

Va be’, lasciamo la filosofia ai filosofoni. Noi siamo viaggiatori e sognatori, continuiamo il nostro lavoro che è decisamente più semplice: fantasticare.

Il parco è molto bello, così come i templi shintoisti. Una grande strada sterrata tra gli alberi altissimi ci porta a dei giganteschi Torii, i tradizionali portali di accesso ad un santuario shintoista e che rappresentano un passaggio simbolico tra mondo umano e divino, poi al muro delle botti di sake donato per essere consacrato e lasciato qui. Di fronte al sake c'è un muro di botti di vino francese di Borgogna. Donato anch’esso per essere consacrato.

Al tempio per prima cosa ci si deve purificare con l’acqua e lo si deve fare nel modo giusto: si prende un mestolo, si riempie d'acqua, con la mano destra si lascia scorrere l'acqua sulla mano sinistra, poi sulla mano destra, con le mani bagnate si passa l'acqua sulla bocca, quindi sul manico del mestolo per lasciarlo pulito, alla fine lo si ripone.

Ci sono diverse persone che vanno davanti al tempio, dove c’è una grande cassa di legno, vi lanciano dentro una moneta, battono le mani, si inchinano e pregano.


Se si ha più tempo si può anche scrivere una preghiera da lasciare appesa agli alberi su delle tavolette di legno. La visita al tempio sembra così diversa da quella che viene fatta nelle nostre chiese, oppure nelle sinagoghe o nelle moschee. Quasi non sembra religione e questo mi piace.

Mentre lentamente torniamo indietro, la guida racconta che questo tempio è visitatissimo nei giorni festivi, ma il 70% dei giapponesi è ateo. Il fatto che comunque vengano quasi tutti al tempio, si spiega con il loro essere tradizionalisti. Anche questo aspetto non mi dispiace.

Fuori dal tempio prendiamo la metropolitana e andiamo ad Harajuku dove veniamo accolti da un mega monitor con un gigantesco gatto in animazione computerizzata che interpreta diverse scenette simpatiche.

Quindi proseguiamo verso il grattacielo sulla cui terrazza c’è Godzilla che afferra il parapetto e si affaccia.

 

Ora di pranzo, liberi tutti.

Io e Cassandra gironzoliamo per il quartiere sgranocchiando il pranzo al sacco e, attirato dal fascino dei videogiochi, finiamo in alcune sale giochi sperando di rivivere le atmosfere degli anni ottanta e novanta. Purtroppo non sono quello che mi aspettavo perché ricolme di giochi troppo moderni e macchine pesca premi, quelle con gli artigli. Finiamo per capitare anche nel quartiere a luci rosse, torniamo indietro.

Terminata la pausa ci ritroviamo con gli altri e riprendiamo la visita andando al piccolo quartierino chiamato Golden Gai, dove le strade sono tutte piccolissime ma di sera è frequentatissimo da chi viene a bere. I locali sono tanti e tutti piccolissimi, tipo che al massimo c'è un bancone o un tavolo con tre o quattro posti. Ovviamente ora è pressoché deserto, ma in un paio di essi c’è già gente che sta iniziando i bagordi.

La guida narra un’altra contraddizione dei giapponesi: sono un popolo civilissimo, tranquillo e rispettoso del prossimo e dell’ambiente… ma quando bevono si trasformano. Diventano rumorosi come non mai e basta pochissimo per far uscire allo scoperto un lato della loro personalità che viene tenuta segregata e nascosta. In pratica non reggono minimamente l’alcol.


Fuori di lì andiamo ad una via di negozi di grandi firme. Lungo la strada di Omotesando ci sono molti palazzi moderni con un'architettura particolare, negozi fuori portata per noi, comunque interessante da vedere, almeno finché il gruppo dopo un paio di chilometri inizia a stufarsi perché preferirebbe vedere altro.

Del resto a Tokyo c'è talmente tanto da vedere che non si ha mai la sensazione di essere nel posto giusto perché c'è un altro posto dove andare...

Per concludere la visita ad Omotesando saliamo in cima ad un palazzo ad un grande incrocio. Lì in alto, un giardino a terrazze su più livelli dà la sensazione di essere ancora più piccoli rispetto alla città, ma ne mostra una buona parte.


Tanto per continuare a rimanere in alto, tappa successiva il Palazzo del Governo, dove si può salire gratuitamente in cima al grattacielo con un ascensore per osservare dall’alto una buona porzione della città. Gran bella vista sulla città con il sole che sta scendendo anche se non è ancora ora del tramonto.

Mentre scendiamo e prendiamo la metro per la tappa successiva, la guida ammette di non conoscere ancora bene tutti i caratteri giapponesi, i cosiddetti Kanji. Non sa neanche se li imparerà mai tutti. Dubito sia così, soprattutto se come penso rimarrà a lungo in Giappone. È venuto in questo paese per una vacanza, ci è tornato altre otto volte finché alla fine è rimasto a vivere e lavorare. Cosa che ha fatto subito, pare di lavoro ce ne sia parecchio. Ha impiegato solo un giorno a trovarsi un'occupazione nonostante fosse uno straniero.

Racconta inoltre, conoscere ragazze giapponesi è molto facile, non tanto perché l’uomo straniero sia più affascinante, quanto perché i giapponesi sono molto introversi. Se esci con qualcuno e sei molto silenzioso, difficilmente farai venire voglia ad una ragazza giapponese di rivederti. Lui non è un chiacchierone, ma rispetto alla media giapponese è molto “espansivo”.

I rapporti tra uomini e donne sono ancora più complicati di così: pare che gli uomini giapponesi vogliano che anche la loro compagna sia prevalentemente introversa e silenziosa. Insomma, una festa...

Questa la sua versione eh, se fosse veramente così… Che noia e che barba!

La serata sta per volgere al termine e la guida ci conduce fino a Ueno, dove io e Cassandra ci staccheremo dal gruppo per andare ad Akibahara, mentre gli altri andranno al museo Archeologico Nazionale all’interno del parco di Ueno.

Usciti dalla metropolitana perdiamo un pezzo del gruppo, tanto per cambiare. Per uscire dalla stazione alcuni hanno preso l’ascensore e sono finiti chissà dove. Tra loro c’è perfino Claudio, il capogruppo.

Ci metteremo almeno mezz’ora per capire dove sono: assieme alla guida organizziamo le ricerche e arriviamo ad un incrocio molto lontano da cui hanno trasmesso la loro posizione. Sono usciti quasi un chilometro più in là.

Ormai il tempo per vedere il museo è troppo poco, così, dopo aver salutato la guida, mi incarico di guidare tutto il gruppo ad Akihabara. Finalmente il posto che aspettavo di vedere.

Si tratta del quartiere dell’elettronica e del mondo dei manga. Siamo al tramonto e i negozi da nerd non so quanto ancora resteranno aperti, per cui avendo poco tempo, vado diretto sul negozio che tutti i siti raccomandano di visitare: Mandarake.

Un monolite nero composto da Sette piani di nerdità.

Quando entro devo dire che ne rimango alquanto deluso.

Partiamo dall’ottavo piano, quello dell’usato. Ci sono molti robot e giocattoli d’annata. Praticamente sono quelli di 40 anni fa quando io ero bambino, ma giapponesi, il che significa che molti di quei robot e giocattoli non sono mai arrivati in Italia. Ne cito uno solo perché altrimenti la lista sarebbe infinita: Jeeg robot d’acciaio. Costo: oltre 400 euro. Per un collezionista forse non sono tanti.

Per un collezionista.

Certo, io sono un nerd, ma un nerd povero. Tutti i soldi che guadagno li spendo nei viaggi con Cassandra, al massimo posso permettermi un paio di Gachapon.

Scendiamo e al settimo piano troviamo robot e action figure contemporanei. Neanche così tanti come mi sarei aspettato.

Niente che mi attiri. Soprattutto i prezzi.

Piano 5: fumetti usati, ma in giapponese.

Piano 4 fumetti non usati, ma in giapponese.

Piano 3 anime. In giapponese.

Piano 2 Hentai. La lingua in questo caso è indifferente, ma non è il mio genere.

Piano 1 accessori per fare cosplay.

Piano zero anticaglia e petrella. Ma nerd.

Quando siamo entrati tutti nel palazzo ero entusiasta, ad ogni piano lo diventavo sempre meno.

Alla fine abbiamo resistito solo io Alba, Francesca e Jessica.

Fuori ci sono tutti gli altri del gruppo ad aspettarci. La maggior parte decide di andare a cercare un ristorante.

Io, Cassandra, Jessica e Francesca invece continuiamo a cazzarare in cerca di chissà quale nerdità da portare in patria.

Primo negozietto in cui ci imbattiamo la mercanzia mi sembra già molto meglio. Trovo una action figure da portare a mia nipote Giorgia.

Ci sono anche moltissimi Gundam, alcuni molto economici, ma resisto… Ora che ci penso avrei dovuto prenderne almeno due o tre. Tornerò! Forse l’anno prossimo o quello dopo ancora, tornerò.

Il prossimo negozio forse sarà meglio.

Insomma.

Proviamone un altro.

Peggio di prima.


Mentre la nostra ricerca continua invano, ci imbattiamo in una strada dove c’è una fila di ragazzine vestite in modo strano e che chiamano la gente lasciando loro dei volantini.

Credo che siano le rappresentanti di alcuni Maid caffè: locali dove le ragazze sono vestite da cameriere in modo succinto e si rivolgono ai clienti con l’appellativo di “padrone”. Ci sono diversi tipi di questi locali, cercando su internet avevo trovato che in alcuni la gente paga un supplemento per farsi imboccare, in altri peggio: si fanno prendere a schiaffi.

Mi viene in mente la scena di un vecchio film dove Bombolo seduto ad un tavolo dice “Acameriere? Ma quando arriva ‘sta pizza?” Da dietro arriva Thomas Milian e gli molla uno sberlone in faccia dicendo “Eccola”.

Sinceramente non so quanto paghino per farsi menare, se venissero in Italia… Ok, ci sarebbe sempre il biglietto aereo da comprare, ma poi potrebbero farsi prendere a pizze finché vogliono. A gratis. Farebbero un’indigestione di pizze.

Lasciamo perdere il cibo e continuiamo a perseverare nella vana ricerca delle nerdità.

Proprio quando stavo per gettare la spugna trovo un altro negozietto ben fornito e a prezzi accessibili. Prendo altri piccoli pensieri per Giorgia e finalmente posso sentirmi soddisfatto.

Ora possiamo anche tornare a casa.

Per questa sera.


Cosplay?

Tra le molte contraddizioni della cultura giapponese, quella del vestirsi, truccarsi e travestirsi è un’altra che salta subito all’occhio del turista. Leggendo tonnellate di fumetti e guardando altrettanti anime (animazione giapponese), non mi sconvolgo più di tanto, ormai anche in Italia si vedono moltissime persone che fanno cosplay, (si travestono da personaggi di fumetti, anime, serie TV o del cinema), però esclusivamente nelle convention fumettistiche.

Quando però sei in metropolitana a Tokyo con personaggi del genere e non capisci se vanno sempre in giro così o stanno facendo cosplay, un attimo di confusione te la creano nonostante gli anni di studio della cultura giapponese...

Come? Dove sta contraddizione? Semplicemente nel fatto che non vedi mai una via di mezzo: da una parte ci sono gli studenti vestiti tutti uguali con la divisa, o ancora i colletti bianchi in giacca e cravatta, dall’altra ci sono loro… Probabilmente si vestono così tutti i giorni.

A me piace questa libertà creativa e sono convinto piaccia anche a tantissimi turisti.  Non oso immaginare cosa succederebbe se anche da noi la gente iniziasse a vestirsi così tutti giorni…

In fondo cos’è la moda se non una fuga dalla realtà quotidiana?

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