venerdì 19 luglio 2024

Primo giorno - Tokyo

Nonostante il viaggio di ieri, Cassandra si sveglia prima delle 8 per continuare il cambio di stagione giapponese. La stanza è molto piccola, per cui sento tutto quello che fa e mi devo mettere i tappi altrimenti finisco per chiedere il cambio stanza per compagno di viaggio molesto.

Alle 9 siamo tutti nella hall, già colazionati come raccomandato da Claudio. Alla fine non ho dormito molto ma ancora non lo sento.

Ad aspettarci c’è Atsuko, il cui nome e cognome significano bianca signora gentile.

Parla italiano, abbastanza bene per una giapponese, coi suoi tempi. Per iniziare va benissimo.

Usciamo a piedi in direzione della metropolitana dove facciamo il biglietto giornaliero, cosa che servirà molto oggi.

Prima passiamo per caso sotto due ciliegi i cui petali sono sopravvissuti alla tempesta che la settimana scorsa ha praticamente spazzato via quasi tutti i petali della città.


Facciamo solo una fermata.

Livello metro Tokyo? Vulcaniani.

Pulitissima e tutti in fila per salire senza ammassarsi attorno alle uscite impedendo la discesa a chi deve uscire. Ah, in metropolitana non parla nessuno. Silenzio sul vagone, gli unici che parlano siamo noi italiani.

In tutto quel silenzio, anche se non stavamo facendo baccano, mi sono sentito po’ come quando a Roma sale sulla metro un gruppo di ubriaconi molesti. Tutti fanno finta di niente ma in realtà so benissimo che pensano:

Tacci loro!

Usciti dalla metro ci troviamo a camminare in un quartiere che sembra nuovo, dove tutto è in ordine, con spazi calcolati al centimetro. In realtà Atsuko racconta che a Tokyo essendo stata bombardata tantissimo durante l’ultima guerra mondiale, non è rimasto quasi nulla di antico, o anche solo di prima della guerra.

In pochi minuti arriviamo ad Asakusa, dove c’è il tempio Sensō-ji.



Siamo dall'altra parte della strada e la porta del tempio è un alveare di persone intente a scattare foto e selfie, così facciamo un attimo marcia indietro per salire con l'ascensore sulla terrazza del palazzo di fronte, in modo da vedere tutto il quartiere dall’alto.

Sulla destra dopo il fiume Sumida spicca un palazzo dorato che dovrebbe sembrare un bicchiere di birra: è la sede della marca di birra Asahi.

Il fiume era lo sbocco principale della città verso l’oceano, per cui era molto importante per il commercio. Oggi invece è navigato solo per turismo.


Scendiamo, ritorniamo al tempio ed entriamo attraverso la Porta del Tuono con le sue grandi statue del dio del Tuono e del dio del Vento ai lati. Al centro si passa sotto una grandissima lanterna rossa.

Anche questa porta è stata ricostruita più volte, l'ultima nel dopoguerra dal fondatore di Panasonic.

Per arrivare al tempio si deve attraversare un viale di negozietti per turisti. Ne vedo alcuni con i mochi, dei dolci che devo assolutamente assaggiare!

Sensō-ji è un tempio antico ma ricostruito almeno venti volte. Essendo in legno non ha potuto resistere molto ad incendi e terremoti. Ogni volta è stato sempre ricostruito dai commercianti del quartiere.



La sua origine viene raccontata dalla leggenda di due pescatori che raccolsero tra le reti la statua del dio Cannon (da cui arriva il nome della macchina fotografica Canon).

I pescatori ributtarono a mare la statua, ma ogni volta che ritiravano le reti, ce la ritrovavano dentro. In questo modo si convinsero che dovevano costruire un tempio a lui dedicato, così lo fecero proprio nella zona dove siamo oggi.

Non è un tempio molto grande. Per essere il primo che visitiamo ci sembra bello. Anche i giardini con le coloratissime carpe Koi sono piccoli e carini. Sul ponticello avvisto perfino un piccolo serpentello verde.

Avendo una mezz'ora di tempo per gironzolare tra templi e negozietti, mi dirigo direttamente da Kagetsudo, uno storico negozio di dolci melonpan e non essendoci quasi fila ne compro subito uno. Sembra un panino tipo tartaruga, dolce ma non molto, il giusto. Diventerà la mia colazione quotidiana, devo ammettere che quello che ho mangiato qui è stato il migliore.

Sulla via del ritorno prendo anche tre mochi tempura. Buoni, sebbene il melonpan era meglio.

Poi prendo dei biscotti di riso e salsa di soia, per merenda.

Il discorso cibo in questo viaggio è particolare per me, dato che il concetto di vegetariano per i giapponesi non è molto chiaro, mi limiterò ad esplorare la loro cultura culinaria dei dolci, praticamene privi di latticini e strutto.

Sono già sazio? Oltre a dormire poco ora mangio poco? Sono proprio scombussolato.


Per l'ora di pranzo andiamo al mercato del pesce, un piccolo quartiere ricchissimo di bancarelle e mini localini dove si mangia prevalentemente pesce. Il gruppo sale sulla terrazza di un ristorante, io e Cassandra andiamo in giro per conto nostro, cosa che cercheremo di fare ogni volta che potremo in questo viaggio.

Nonostante il nostro credo alimentare, ci è piaciuto molto questo mercato. Come sempre i mercati sono uno dei posti migliori da vedere.

Tra una cosa e l’altra chiedo ad Atsuko da quanto tempo fa la guida e dice che è solo dal 2019 che si è messa in proprio, prima lavorava per una agenzia turistica. Ultimamente sta lavorando moltissimo con gli italiani. In pratica dopo il covid gli italiani sono arrivati in massa e parlando lei la nostra lingua… Praticamente sta portando in giro quasi esclusivamente italiani invece degli inglesi. L’italiano è molto apprezzato e molta gente lo studia. Lei per esempio lo ha imparato con dei corsi privati.

La prossima tappa è il Palazzo Imperiale, quello dove vive ancora oggi l'imperatore. Ci arriviamo a piedi, dopo un paio di cambi di metropolitana. Prima però ci perdiamo Tony che non riesce a salire in tempo sulla nostra stessa metropolitana. Per fortuna con whatsapp lo avvisiamo di trovarci alla prossima fermata.

Per fortuna, dei 16 partecipanti al nostro viaggio, molti hanno la eSim installata con il traffico dati, gli altri invece si appoggiano al wifi portatile che abbiamo noleggiato. Tutto molto comodo perché nonostante nelle stazioni i cartelli siano anche in inglese, internet è fondamentale per muoversi e non perdersi.

Quando arriva la successiva metropolitana, vediamo Tony scendere di corsa, lui non vede noi e, come un gatto di marmo che saluta (quelli che si vedono nei ristoranti giapponesi), salta sulle scale mobili ed esce dalla stazione.

Ci mettiamo qualche minuto in più a recuperarlo, ma riuniremo il gruppo.

Attraversando il quartiere dei grattacieli, tutti uffici, veniamo a sapere che in questa zona un metro quadro costa circa 200.000$.

Arrivati al grande fossato che circonda l'isola del palazzo, veniamo a sapere che in realtà del palazzo reale non vedremo nulla perché è visibile solo due giorni l’anno, quando l'imperatore si mostra al pubblico con la sua famiglia.

Attraversiamo il ponte ed entriamo nella grande porta difensiva, una delle 19 fortificazioni che un tempo proteggevano l'isola. Ora ne sono rimaste solo tre come questa.


All’interno sono ancora visibili le mura che formano un labirinto e un museo con il tesoro dell'imperatore, che per questioni di tempo non riusciamo a vedere.

Ci sono anche due antichi posti di guardia dei soldati e un giardino fiorito che si può attraversare con un sentiero in mezzo agli alberi. Dopo qualche minuto sbuca nei pressi della casa del the e il laghetto con le carpe Koi.


C'è anche un campo di fiori dai colori intensi. Mentre lo attraversiamo Atsuko afferma che questo è il periodo migliore per visitare il Giappone perché giugno e luglio sarà il periodo delle piogge, mentre agosto, grazie all'acqua caduta copiosa nei mesi precedenti, ci sarà un'umidità altissima e il caldo sarà insopportabile. Dice che l'anno scorso durante le visite guidate faceva così caldo che ha rischiato di morire.

È pomeriggio inoltrato, il cielo è sempre più plumbeo quando usciamo dal Palazzo Imperiale. Ci dirigiamo tra i grattacieli verso la stazione centrale. Anche questa è stata distrutta durante i bombardamenti e poi ricostruita, lo hanno fatto come era prima: in stile inglese. L’architetto che ha realizzato l’opera studiò a Londra nell'800 e volle ricrearne le caratteristiche architettoniche.


Ora dovremmo andare all’isola artificiale di Obaida. Prima di procedere, visto che non c’è molta gente alla biglietteria, ne approfittiamo per attivare i voucher del JR pass, il biglietto del treno che per una settimana ci consentirà di utilizzare tutti i treni JR che ci sono nelle città giapponesi, praticamente delle metropolitane, più i famosi Shinkansen, i treni pallottola dell'alta velocità. In realtà non sono più veloci dei nostri, credo viaggino a 300/350 km/h, ma in Giappone la linea alta velocità c'è sin dagli anni 60, quindi l'hanno sviluppata molto e bene. In pratica hanno sfruttato così bene i collegamenti che quando i treni passano nelle stazioni, lo fanno senza fermarsi perché hanno dei binari dedicati senza banchine e non devono neanche rallentare. Vedere passare un treno a 300 allora a pochi passi da te è incredibile. Da provare.

Nel frattempo inizia a piovere.

Mezz’ora più tardi ha smesso. Decidiamo di andare comunque ad Odaiba, così salutiamo Atsuko e saliamo sulla monorotaia sopraelevata.

Sfortunatamente il biglietto giornaliero qui non va bene perché la monorotaia è di una compagnia diversa da quella della metropolitana. In pratica per muoversi in tutta la città ci sono tre compagnie differenti. Per fortuna c’è la Pasmo, una carta prepagata da installare sul telefono e su cui caricare qualche yen giusto da usare per i mezzi. Ovviamente è meglio avere un abbonamento, ma in caso di necessità San Pasmo viene in tuo aiuto e non perdi tempo a fare il biglietto.

Purtroppo non tutti sono devoti di San Pasmo, così dobbiamo attendere che gli altri partecipanti, questi eretici, acquistino un biglietto singolo.

Partiamo dal capolinea. Non essendo ancora avvezzi ai meccanismi giapponesi, la prendiamo con troppa tranquillità e Domenico rimane a piedi sulla banchina mentre la moglie Pina perde un po’ le staffe vedendolo giù dal treno.

Gli facciamo segno di prendere il prossimo convoglio e lui sembra aver capito.

La monorotaia sopraelevata passa sopra le strade in mezzo a palazzi e grattacieli, molto bella e panoramica, soprattutto quando sale a spirale come il trenino rosso del Bernina per poi puntare in mezzo al mare dove c’è l’isola artificiale di Odaiba. Atsuko ci aveva spiegato che quest'isola, e altre analoghe, nacquero quando Tokyo era diventata troppo piccola e non c'era più terreno da occupare. Così le hanno create dal nulla ed ora fanno parte della città.

Arrivati a destinazione ci disponiamo a rastrello sulle varie uscite dei vagoni, pronti a intercettare Domenico in modo che non ci sfugga come ha fatto Tony questa mattina.

Arriva il primo treno, di Domenico nessuna traccia.

Arriva il secondo.

Ancora nulla.

Mi viene un dubbio: non sarà che è sceso alla fermata successiva sperando che fossimo li ad aspettarlo?

Lui non ha internet per cui Francesca prova a chiamarlo, il telefono suona, lui non risponde.

A questo punto prendo Claudio e torniamo indietro per cercare di intercettarlo, forse si è un po' spaventato e ci sta aspettando su qualche banchina non sapendo cosa fare. Cassandra si unisce al rescue team, la quota rosa, e partiamo.

Arriviamo alla prima fermata e mi sporgo dall’altra parte mentre arriva un treno. Eccolo!

Appena prima che si richiudano le porte del nostro treno scendiamo e saltiamo sul treno di Domenico.

Salvataggio compiuto.

Domenico è un po’ frastornato, più che altro perché ora dovrà affrontare la moglie.

Eh Domenico, mo so cazzi tua, vedrai quanno tu moje te rimette e mani addosso.

Invece Pina è tranquilla e contenta di poterlo riabbracciare.

A Odaiba pioviggina. Per prima cosa andiamo subito verso il Gundam.


Il Gundam Unicorn è un robot alto quasi 20 metri. Si tratta del protagonista di una serie Anime successiva al Gundam originale che vedevo in TV quando ero bambino.

Il colosso, tutto in metallo sfavillante, è il simbolo di Odaiba. Fatto benissimo, in ogni minimo particolare, sembra che possa prendere vita e andare a combattere da un momento all'altro.

Bellissimo.

Il tempo di girarci attorno per immortalarlo da ogni angolazione e poi inizia lo spettacolo.

Vengono proiettate immagini dell’Anime sul grande muro dietro al Gundam e in sincrono con l’audio della musica e dei combattimenti del video, il robot muove alcune parti mentre altre si illuminano in combinazione con un gioco di luci che, accendendolo e spegnendolo come un albero di natale, aumenta la sua dinamicità.

Non è come il Gundam 0078 di Yokohama che si muove veramente, ma è molto bello anche questo.

Dopo che lo spettacolo finisce, mi accorgo che ormai piove bene. Per completare la serata andiamo a vedere la riproduzione della statua della libertà con alle sue spalle un ponte dalle fattezze di quello di Brooklyn. Sarà la pioggia, saranno le luci e il buio ma dà proprio la sensazione di essere a New York.

Mentre gli altri vanno a cercare un ristorante al vicino centro commerciale, io e Cassandra facciamo la prima fuga in solitaria e torniamo in hotel in autonomia. Prendiamo la monorotaia e una metro che, in soli 40 minuti ci riporta a Ryogoku, dove c'è la nostra base.

Questo ultimo viaggio ci rende definitivamente consapevoli di poter girare la città senza problemi.

Una rapida incursione al Seven Eleven per procacciarci cena e colazione e la prima lunghissima giornata si conclude. 


Il bagno giapponese

 

Prima di chiudere questa intensa giornata devo raccontare ancora una cosa, il bagno giapponese.

Chiunque ho sentito parlare del Giappone raccontava di quanto fossero fantastici i bagni giapponesi. Ho sempre pensato che esagerassero, anzi, che fosse una cosa un po' spaventosa e inquietante.

Invece mi devo ricredere.

A partire dal più basico al più fantascientifico sono praticamente degli attrezzi avveniristici. Se non fosse che ho appena ristrutturato il bagno di casa… ce lo farei mettere anche io!

La prima volta che ho sperimentato il bidet mi sono fatto quattro risate per quanto sia un’idea semplice ma anche pratica, oltre al fatto che faceva ridere per il solletico.

I bagni, soprattutto in hotel sono molto piccoli, quasi claustrofobici, ma hanno tutto e il WC con in bidet e l’asse riscaldato è una cosa a cui noi italiani dovremmo convertirci al più presto.

Sono di parte, lo so, mastico la cultura giapponese da così tanto tempo che ormai a certe cose non ci faccio più caso, questa è una di quelle che merita.

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