Liberi tutti!
Alla mattina
iniziano a circolare messaggi di ammutinamento sul gruppo whatsapp. Causa mal
tempo alcuni rimarranno a visitare Tokyo in libertà, altri andranno al museo
Nazionale Archeologico di Ueno e nel pomeriggio a Kamakura come da programma.
Io e Cassandra
stiamo a Tokyo per conto nostro. Già la sera prima lo avevamo deciso e così
siamo riusciti a prendere due biglietti on line per il TeamLab e la Torre di
Tokyo.
Ho studiato il
percorso e, muniti dal nostro santino Pasmo, raggiungiamo il TeamLab sotto la
pioggia.
Si tratta di un
museo interattivo e sensoriale.
Prima cosa da
fare una volta entrati è togliersi scarpe e calze e riporle assieme a zaini ecc
in un armadietto.
Prima di entrare
ci sono i bagni. Ma come faccio ad andare in bagno a piedi nudi?
Non c’è
problema: decine di ciabatte di gomma sono pronte all’uso all’ingresso dei
bagni.
Ok ora possiamo entrare.
La prima prova
sembra uscita da una puntata di “Mai dire banzai”.
In un corridoio
quasi buio, si deve camminare in salita a piedi nudi su un pavimento nero
inondato da una cascata d’acqua. Mentre mi aggrappo ai corrimano per non
cadere, ogni tanto alzo lo sguardo per vedere se dall’alto non sta cadendo una
palla gigante per travolgermi, o se qualcuno è cascato e sta simulando la palla
gigante…
Superata la
prima prova c’è uno stanzino con degli asciugamani usa e getta per i piedi,
quindi si entra nella prossima camera: anch’essa in penombra ma con il
pavimento morbido, molto morbido. Sembra fatto da enormi cuscini tutti diversi
tra loro e coperti da un telo nero. Impossibile capire dove si stanno mettendo
i piedi. Speriamo non ci sia il cosiddetto ago nel pagliaio. Anche le pareti
sono ricoperte protuberanze morbide, per fortuna non cadiamo e non troviamo
aghi.
Insomma, per ora
niente di che.
Si entra in una
stanza immensa, con specchi sul pavimento, sul soffitto e sulle pareti. Qui il
percorso è obbligato attraverso un corridoio libero da migliaia di luci led
appese al soffitto come le frange dei negozi alimentari degli anni settanta.
All’inizio è
difficile capire quale direzione prendere per esplorare tutte le stanze che si
aprono tra i led. Ci metteremo almeno una mezz’ora, devo dire è stato molto
divertente.
Ogni tanto i led
si animano seguendo dei suoni, scopro grazie all’app del TeamLab, si può
scegliere tra sei animazioni stellari da vedere e provare in tutta la stanza.
Mentre passiamo
alla successiva sento il rumore dell’acqua e una musica ci attira verso una
vasca dove prima di entrare, un cartello avvisa di arrotolarci bene i pantaloni
fino al polpaccio.
Siamo nuovamente
in una stanza buia con specchi alle pareti, dove l’acqua arriva fino quasi al
ginocchio ed è illuminata con colori che vanno dal rosso al rosato.
Uniche eccezioni luminose rimaste sono delle grosse e coloratissime carpe Koy animate che nuotano tra noi. La musica ora ha un ritmo molto blando, così come le carpe si muovono in ordine sparso e lentamente.
Una mi
attraversa come se fosse stata un fantasma.
L’acqua è abbastanza
calda. Facciamo un po' di foto e video, entriamo in una piccola stanza buia
dove numerosi rivoli d’acqua coloratissimi scendono a ritmo della musica dal
soffitto. È una stanza chiusa così torniamo indietro e sentiamo che il ritmo
sta aumentando. Anche le carpe nuotano sempre più veloci e numerose, finché si
uniscono in un branco e creano un vortice di colori che alla fine colorerà
tutta la stanza di un'unica mistura di rosata, senza più carpe, ma con un
tappeto fluttuante.
Bellissimo.
Ci stiamo dentro
un paio di cicli, poi le dita dei piedi iniziano a raggrinzirsi e controvoglia
ci forziamo ad andare nella prossima stanza.
Prepariamoci,
arriva il gran finale.
L’ultima sala è
rotonda e le istruzioni dicono che dobbiamo sdraiarci a pancia in su, il più
vicino possibile al centro della sala.
Io e Cassandra
lo facciamo mettendoci in Upside-Down, ovvero con la testa attaccata l’uno
all’altra, ma con il corpo dalla parte opposta.
Apriamo gli
occhi e il mondo comincia a girare. Un vortice di piante, fiori e petali
vengono proiettati su tutto il soffitto circolare accompagnati nella danza da
una musica coinvolgente. Oltre al mondo inizia a girare anche la testa. Non
provoca nessun malessere, la sensazione di essere in movimento è fortissima.
Siamo letteralmente ipnotizzati e lo saremo per non so quanto. Rimarremo lì sdraiati
a guardare il soffitto, ridere e scherzare per un tempo indefinito.
Quando ci
alziamo la testa gira ancora e non smette di farlo finché non usciamo.
Era l’ultima
stanza, o meglio, c’è ancora il giardino da vedere, ben poca cosa rispetto a
quello che abbiamo appena visto. Riprendiamo possesso delle nostre calzature e
ci dirigiamo verso la prossima destinazione.
Monorotaia,
metropolitana, altra metropolitana e siamo a qualche centinaio di metri dalla
famosa Torre di Tokyo.
Evidentemente li
hanno rimessi…
Prima di salire
entriamo in un mini museo in cui si racconta la storia della Torre, che venne
costruita ispirandosi a quella francese di Eiffel. L’idea era che dovesse
servire per le trasmissioni radio e TV, cosa che ha fatto per moltissimi anni,
diventando così il simbolo di Tokyo così come il suo ideatore aveva voluto.
A questo punto
prendiamo un altro ascensore dove si vede tutto. Si sale attraverso la
struttura nuda della torre verso l’ultimo piano visitabile dal pubblico.
Quando ormai
abbiamo radiografato l’intera città, decidiamo di scendere, anche perché ho un
certo appetito…
Prima dobbiamo vedere un altro piano con negozi e le finestre di vetro sul pavimento per poter vedere bene quanto siamo in alto.
Dopo aver
consumato il nostro pranzo al sacco decidiamo di tentare la fortuna andando a
vedere anche il Miraikan, un museo interattivo sul futuro della scienza e della
tecnologia.
Ci tentiamo
perché è un po' lontano e non sappiamo se facciamo in tempo. Riprendiamo un
paio di metropolitane e monorotaia fino a Odaiba. Stavolta proseguiamo quasi
fino al capolinea. Sorpassando la fermata del Gundam lo vedremo in lontananza
stagliarsi nella luce della tardo pomeriggio.
Quando scendiamo
alla nostra fermata ci troviamo di fronte anche il museo del mare, il cui
edificio è stato costruito con la forma di una gigantesca nave.
Purtroppo alla
biglietteria del Miraikan, un tizio del museo ci avvisa che abbiamo solo un’ora
per vederlo e generalmente ne servono due e mezza se non tre. Inoltre gli
spettacoli interattivi sono già chiusi.
Va be’, ora
abbiamo un altro motivo per tornare a Tokyo, come se non ne avessimo
abbastanza…
Torniamo in
hotel a spedire la valigia visto che domani viaggeremo con il solo zaino. La
valigia la ritroveremo tra due giorni a Kyoto.
La pratica per
la spedizione dovrebbe essere veloce, visto che spediamo i bagagli ad un altro
hotel della stessa catena dove alloggiamo, purtroppo la pessima elasticità
mentale dei giapponesi ci ha fatto perdere non poco tempo, anzi. Per spiegare
la situazione basta dire che il foglio da compilare per ogni bagaglio, con
nome, cognome, indirizzo di destinazione e indirizzo di partenza, abbiamo
dovuto farlo per tutti in giapponese!!!
Dato che nessuno
di noi padroneggia ancora gli ideogrammi, abbiamo sequestrato una persona della
reception e gli abbiamo fatto compilare tutte le 17 bolle dei bagagli.
No elasticità?
Allora scrivi e taci. La giapponese obbedisce senza protestare. Se gli dai
indicazioni chiare e precise non ci sono problemi, nonostante così gli aumenti
il lavoro.
Artificieri o elettricisti?
Una delle cose più strane che a volte si vedono nei
fumetti e cartoni giapponesi sono i cavi dell’alta tensione: aggrovigliati in
modo assurdo sui pali ai lati di normalissime strade di città.
Ho sempre ritenuto quelle immagini come dei
riempitivi, ora che cammino in quelle stesse strade e vedo i reali e
diffusissimi grovigli, devo ricredermi: sono degli esercizi artistici non
indifferenti.
Se non si sa dove puntare lo sguardo è difficile
notarli, una volta individuati appaiono intricati e allo stesso tempo puliti e
dall’aspetto efficiente, vere e proprie opere d’arte dell’ingegneria
elettronica.
Purtroppo, distratto dall’intero Giappone, non ho
avuto la freddezza di cercarne uno davvero intricatissimo e allo stesso tempo
artistico, comunque mi chiedo se chi ha concepito un sistema simile abbia
studiato come artificiere oltre che come elettricista…
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