Siamo
arrivati all'ultimo giorno di vacanza. Purtroppo domani ci aspetta
solo il doppio volo che ci riporterà a casa.
Lasciamo
Marmaris nemmeno troppo dispiaciuti, un po' per il mare, un pò
perché siamo diretti ad Efeso. Solo il nome fa tremare i polsi. La
più grande città dell'antichità, dopo Roma, che nel suo massimo
momento di espansione poteva contare fino a duecentocinquantamila
abitanti.
Pare
inoltre che sia stata la destinazione ultima della Madonna dopo la
sua fuga da Gerusalemme.
La
città è molto grande, non per niente è il sito archeologico più
esteso dell'intera Turchia. La guida del Touring raccomanda di
visitarla nelle prime ore della mattina o verso sera, quando la
temperatura è più mite.
Noi
arriviamo a mezzogiorno.
Per
fortuna c'è qualche nuvoletta che di tanto in tanto rinfresca
l'aria. Partiamo subito dall'immensa strada del porto. Praticamente
un'autostrada di marmo che conduce al porto. Non se ne vede la fine
che sfociava nel bacino artificiale, probabilmente doveva essere
l'arteria principale che portava le merci scaricate dalle navi
direttamente in città. Purtroppo la strada per il porto è sbarrata,
per cui la possiamo solo ammirare dalla sua parte terminale
Voltando
lo sguardo dall'altra parte ci troviamo di fronte l'imponente teatro.
Solo per conservarlo come la ciliegina sulla torta, lasciamo la sua
visita per ultima e ci incamminiamo lungo la via del marmo.
Questa
era un strada lastricata di marmo, ancora oggi pressoché in
buonissime condizioni, che da una parte aveva le mura esterne
dell'Agorà, mentre dall'altra c'erano dei portici sotto cui si
poteva camminare e fermare lungo i vari esercizi commerciali che vi
si affacciavano.
In
fondo alla via già si vede la biblioteca di San Celso, ma la
lasciamo per il ritorno, così come le case a terrazza, le latrine e
tanti altri edifici pubblici.
Saliamo
invece lungo la Via dei Cureti che porta all’Agorà superiore, o
statale.
Qui
oltre alla piazza, c’è anche il ginnasio dell’Est, la porta di
magnesia e l’Odeon, o Bouleterion, o piccolo teatro, che altro non
era se non il luogo dove le personalità della città si riunivano
per discutere dei problemi. Sullo stesso livello c’erano anche il
tempio di Priapo ed il tempio di Domiziano.
Tornando
a scendere dalla strada dei Cureti, ora la temperatura è un pò più
mite, così possiamo fermarci alla porta di Traiano, le colonne di
Eracle, la fontana di Adriano, le terme di scolastica e soprattutto
le case a terrazza.
Nelle
Latrine scopriamo che gli antichi più potenti e ricchi potevano
riservarsi l’uso di un bagno personale, senza dover ogni volta
aspettare il proprio turno.
Le
case a terrazza sono proprio lì di fronte. Per entrare c’era da
fare un biglietto aggiuntivo di 15 lire, ma dopo averle viste credo
tranquillamente di poter dire che ne valgono almeno tre volte tanto,
se non di più.
Si
tratta di solo sei case ancora in fase di scavo e restauro, corredate
con tanto di archeologi che stanno ricomponendo i rivestimenti in
marmo delle pareti della prima casa.
Uno
spettacolo da perdere il fiato.
Sembra
che siano state abbandonate a causa dei fortissimi terremoti che
hanno colpito la zona chissà quanti secoli fa.
Le
mura di queste case hanno uno spessore davvero considerevole e a
vederle comunque piegate, viene davvero da dire: al giorno d’oggi
non le fanno più come una volta.
Per
essere state sepolte per così tanto tempo, alcuni intonaci, e
soprattutto i mosaici dei pavimenti sono in condizioni spettacolari.
C'è perfino un bagno, ancora semi intonacato, con una tubatura di
terracotta che si è scoperta lasciando intravedere il lavoro, è
caso di dire “fatto ad arte”, di un antico idraulico. La tettoia
che ricopre le sei case è già di per sé speciale, tutti ci siamo
chiesti perché non si è pensato a fare qualcosa del genere anche a
Pompei…
Appena
usciti dalle case scendiamo verso il basso, e proprio di fronte alle
terme di scolastica ed al tempio di Adriano, troviamo la famosissima
biblioteca di San Celso, una delle icone di Efeso.
La
facciata, anche se è stata ricostruita con i pochi resti ritrovati,
è spettacolare e rende bene l’idea di come doveva essere questa
biblioteca di tre piani. Era la terza più grande dell’impero e,
ovviamente conteneva rotoli e pergamene, non libri.
Dopo
una raffica di fotografie alle biblioteca, scendiamo nell’Agorà
commerciale, ovvero la grande piazza che sotto i propri portici
ospitava il grande mercato. In fondo ad essa c’era anche il tempio
di Serapide, ma preso come sono dal raggiungere il grande teatro, lo
osservo appena.
E
finalmente eccolo lì, il teatro che poteva ospitare un decimo della
popolazione di Efeso, ovvero ben venticinquemila persone.
Visto
dal basso è maestoso, ma salendo gli antichi gradini consumati e
piegati dal tempo, si può vedere quanto sia veramente grande e
perfetto.
Dall'alto
si può vedere quasi tutta la lunghissima strada del porto e capire
quanto sia veramente grande. Le persone che camminano sulla strada
sembrano addirittura formiche.
Immaginare
di assistere in un antico teatro ad uno spettacolo ai tempi dei
romani sembra sempre impossibile, ma forse qui non lo è poi così
tanto.
Scesi
dagli spalti, non ci rimane che incamminarci verso il pulmino, ma
prima scorgiamo le indicazioni per la chiesa della Madonna.
Delle
tre chiese che furono costruite una accanto all'altra, non rimane
molto, quasi niente, ma è l'ultimo scampolo di visita archeologica e
non me lo voglio perdere.
Riprendiamo
il viaggio e in nemmeno un paio d'ore siamo ad Izmir, la seconda
città della Turchia per dimensioni. In realtà all'inizio del secolo
scorso si chiamava Smirne, ma poi le vicende della guerra contro la
Grecia ne hanno decretato la fine con un incendio che la distrusse
completamente. Ricostruita dai turchi venne ribattezzata Izmir.
Giunti
in hotel, abbiamo il tempo di lasciare i bagagli, quindi ci troviamo
per decidere che fare per l'ultima cena.
In
realtà lo scoordinatore aveva detto fin dall'inizio che lui sapeva
dove andare a mangiare, quasi ogni giorno lo ripeteva, ma poi, dopo
aver gettato la maschera, si è rivelato per quello che è: un
chiacchierone.
Per
lui il primo ristorante potrebbe andare bene.
Io
e Andrea controlliamo sulla Lonely quali possibilità ci sono e se
sono vicine. Appurato che la zona del lungo mare è ricca di
ristorantini, indirizziamo in gruppo in quell'area della città,
neanche troppo lontana.
Lungo
la strada ne troviamo uno, secondo lo scoordinatore va benissimo,
agli altri invece non piace.
Proseguiamo
allora per il lungo mare e quando ci arriviamo scoppia l'ennesima
grana.
Lo
scoordinatore dice di avere delle necessità, come tutti del resto,
ma che lui vuole mangiare presto ed andare subito a letto, che è
stanco.
Solo
lui ha delle priorità ed è stanco?
Scandagliamo
allora il lungo mare in cerca di un ristorante che metta d'accordo
tutti quanti, ma ormai il morbo della scoordinazione ha colpito metà
gruppo, e l'altra è colpita da una certa incazzatura.
Io
sono tendente alla seconda, anche perché l'unica sera che si può
stare fuori fino a tardi, e magari mangiare con calma... dobbiamo
assecondare lo scoordinatore?
Dopo
un ora di passeggio e finte contrattazioni, il cielo all'orizzonte si
riempie di fulmini. Mentre passiamo davanti ai locali che trasmettono
la partita del Galatasaray in diretta, notiamo che sullo stadio sta
scendendo il diluvio.
Intimoriti
dalle funeste condizioni meteorologiche, ritorniamo sui nostri passi
e cerchiamo di avvicinarci all'hotel.
Alla
fine torneremo al primo ristorante che abbiamo incontrato sul lungo
mare.
Lo
scoordinatore contratterà il suo menù preferito, e tutti iniziano a
mangiare. Tutti tranne i due vegetariani che invece di poter
scegliere si vedono portare un piatto di antipasti. Buoni, anzi, per
fortuna molto buoni.
Purtroppo
però la scelta dello scoordinatore si rivela ancora una volta
funesta: sulla città si abbatte un temporale, forse una tromba
d'aria.
Fatto
sta che noi, essendo seduti sotto dei gazebi, quando iniziano a
volare piatti, posate e bicchieri sollevati dal vento, scappiamo
all'interno del locale.
Lo
scoordinatore invece rimane fuori e, con naturalezza inquietante,
finisce di mangiare il suo piatto e si mette a mangiare anche i
piatti abbandonati da chi è scappato dentro.
E
ho detto tutto...
Terminata
la cena all'interno, c'è il solito inghippo da azzeccagarbugli del
conto. Chi ha preso altro, oltre al suo piatto pattuito, dovrebbe
regolarsi, chi come me e Alba che abbiamo mangiato un piattino di
verdure, dovrebbe essere regolato. Invece finisce che io e Alba, e
credo anche qualcun altro, non veniamo regolati, ma regaliamo.
Questo
non per colpa di chi ha preso un piatto in più, ma per colpa dello
scoordinatore che doveva per forza applicare un menù fisso che già
in partenza si sapeva non sarebbe stato rispettato.
Complimenti.
La
parte più bella della serata arriva quando salutiamo lo
scoordinatore. Che bello vederlo andarsene da solo.
Echeccavolo.
Fuori
non piove più, così proviamo a trovare il gran bazar di Izmir che
deve essere una cosa immensa.
Dopo
mezzora o forse più di ricerca lo troviamo, peccato però che la
tromba d'aria abbia fatto scappare tutti e di conseguenza chiudere i
negozi.
Per
consolare la nostra ultima serata ci accomodiamo in un localino
all'aperto dove stanno suonando due cantautori turchi. Ovviamente non
capiamo un turco... ehm, un tubo, ma a tutti piace.
Il
rientro a fine serata, è rapido e assonnato.
Senza
rendermi conto che è l'ultima sera di vacanza, mi addormento
sfinito, ma senza troppi pensieri, roba che ormai non mi capitava da
anni.