giovedì 23 ottobre 2014

Turkolento - quindicesimo giorno



Ci svegliamo tardi, stanchi, un pochino tristi, oggi si riparte e la vacanza è giunta al termine.
Il ritrovo è alle 10 del mattino. Abbiamo tutto il tempo di fare colazione con comodo e chiudere i bagagli, ma nell'aria non c'è più quell'entusiasmo che si respirava nei giorni precedenti.
E' normale, si torna alla vita di tutti i giorni, si torna a faticare, o a studiare, e magari anche a sognare di questo viaggio.
La giornata è grigia, e anche sul pulmino c'è meno allegria del solito. L'aeroporto di Izmir è grandissimo, e ci controllano più volte, ma almeno abbiamo l'ultimissima l'occasione per prendere qualche piccolo souvenir da portare a casa. Non tornerò a mani vuote.
Non so se e quando tornerò in Turchia, il futuro è imperscrutabile. Posso dire che in questa terra non mi ci sono trovato affatto male, anzi. Forse Istanbul potrebbe essere una tappa da pianificare, magari accludendoci la maratona...
Prendiamo l'aereo per Istanbul e mi ritrovo accanto ad una ragazza di Udine che ha fatto anche lei una settimana girandosi più o meno come noi la Turchia, ma con il pullman. Abbiamo fatto quasi le stesse tappe e così ci mettiamo a chiacchierare ricordando i posti, le atmosfere ,i profumi, le sensazioni. Già un pochino di nostalgia mi assale, non tanto per la Turchia, ma per la condivisione che ho avuto il piacere e soprattutto la fortuna di sperimentare.
Quando sono partito dall'Italia ero ridotto ai minimi termini, sull'orlo dell'ennesimo esaurimento nervoso nel giro di pochi mesi. Avevo continue crisi d'ansia ed una stanchezza cronica che non riuscivo a levarmi di dosso.
Questo viaggio invece, fatto assieme ai miei compagni di avventure è stata una medicina migliore di qualunque farmaco e di qualunque seduta psicoterapeutica. E' solo la seconda volta che viaggio con avventure, ma anche stavolta è stato molto bello, una delle vacanze più belle, ricche e vive che si possano fare, probabilmente proprio perché impreziosite da personalità tutte diverse, ma uniche.
Non so se e quando tornerò in Turchia, ma ci terrei a rivedere le persone che hanno condiviso con me questa terra magica.



mercoledì 22 ottobre 2014

Turkolento - quattordicesimo giorno


Siamo arrivati all'ultimo giorno di vacanza. Purtroppo domani ci aspetta solo il doppio volo che ci riporterà a casa.
Lasciamo Marmaris nemmeno troppo dispiaciuti, un po' per il mare, un pò perché siamo diretti ad Efeso. Solo il nome fa tremare i polsi. La più grande città dell'antichità, dopo Roma, che nel suo massimo momento di espansione poteva contare fino a duecentocinquantamila abitanti.
Pare inoltre che sia stata la destinazione ultima della Madonna dopo la sua fuga da Gerusalemme.
La città è molto grande, non per niente è il sito archeologico più esteso dell'intera Turchia. La guida del Touring raccomanda di visitarla nelle prime ore della mattina o verso sera, quando la temperatura è più mite.
Noi arriviamo a mezzogiorno.
Per fortuna c'è qualche nuvoletta che di tanto in tanto rinfresca l'aria. Partiamo subito dall'immensa strada del porto. Praticamente un'autostrada di marmo che conduce al porto. Non se ne vede la fine che sfociava nel bacino artificiale, probabilmente doveva essere l'arteria principale che portava le merci scaricate dalle navi direttamente in città. Purtroppo la strada per il porto è sbarrata, per cui la possiamo solo ammirare dalla sua parte terminale
Voltando lo sguardo dall'altra parte ci troviamo di fronte l'imponente teatro. Solo per conservarlo come la ciliegina sulla torta, lasciamo la sua visita per ultima e ci incamminiamo lungo la via del marmo.


Questa era un strada lastricata di marmo, ancora oggi pressoché in buonissime condizioni, che da una parte aveva le mura esterne dell'Agorà, mentre dall'altra c'erano dei portici sotto cui si poteva camminare e fermare lungo i vari esercizi commerciali che vi si affacciavano.
In fondo alla via già si vede la biblioteca di San Celso, ma la lasciamo per il ritorno, così come le case a terrazza, le latrine e tanti altri edifici pubblici.
Saliamo invece lungo la Via dei Cureti che porta all’Agorà superiore, o statale.
Qui oltre alla piazza, c’è anche il ginnasio dell’Est, la porta di magnesia e l’Odeon, o Bouleterion, o piccolo teatro, che altro non era se non il luogo dove le personalità della città si riunivano per discutere dei problemi. Sullo stesso livello c’erano anche il tempio di Priapo ed il tempio di Domiziano.


Tornando a scendere dalla strada dei Cureti, ora la temperatura è un pò più mite, così possiamo fermarci alla porta di Traiano, le colonne di Eracle, la fontana di Adriano, le terme di scolastica e soprattutto le case a terrazza.
Nelle Latrine scopriamo che gli antichi più potenti e ricchi potevano riservarsi l’uso di un bagno personale, senza dover ogni volta aspettare il proprio turno.


Le case a terrazza sono proprio lì di fronte. Per entrare c’era da fare un biglietto aggiuntivo di 15 lire, ma dopo averle viste credo tranquillamente di poter dire che ne valgono almeno tre volte tanto, se non di più.
Si tratta di solo sei case ancora in fase di scavo e restauro, corredate con tanto di archeologi che stanno ricomponendo i rivestimenti in marmo delle pareti della prima casa.
Uno spettacolo da perdere il fiato.
Sembra che siano state abbandonate a causa dei fortissimi terremoti che hanno colpito la zona chissà quanti secoli fa.
Le mura di queste case hanno uno spessore davvero considerevole e a vederle comunque piegate, viene davvero da dire: al giorno d’oggi non le fanno più come una volta.





Per essere state sepolte per così tanto tempo, alcuni intonaci, e soprattutto i mosaici dei pavimenti sono in condizioni spettacolari. C'è perfino un bagno, ancora semi intonacato, con una tubatura di terracotta che si è scoperta lasciando intravedere il lavoro, è caso di dire “fatto ad arte”, di un antico idraulico. La tettoia che ricopre le sei case è già di per sé speciale, tutti ci siamo chiesti perché non si è pensato a fare qualcosa del genere anche a Pompei…


Appena usciti dalle case scendiamo verso il basso, e proprio di fronte alle terme di scolastica ed al tempio di Adriano, troviamo la famosissima biblioteca di San Celso, una delle icone di Efeso.
La facciata, anche se è stata ricostruita con i pochi resti ritrovati, è spettacolare e rende bene l’idea di come doveva essere questa biblioteca di tre piani. Era la terza più grande dell’impero e, ovviamente conteneva rotoli e pergamene, non libri.


Dopo una raffica di fotografie alle biblioteca, scendiamo nell’Agorà commerciale, ovvero la grande piazza che sotto i propri portici ospitava il grande mercato. In fondo ad essa c’era anche il tempio di Serapide, ma preso come sono dal raggiungere il grande teatro, lo osservo appena.
E finalmente eccolo lì, il teatro che poteva ospitare un decimo della popolazione di Efeso, ovvero ben venticinquemila persone.
Visto dal basso è maestoso, ma salendo gli antichi gradini consumati e piegati dal tempo, si può vedere quanto sia veramente grande e perfetto.
Dall'alto si può vedere quasi tutta la lunghissima strada del porto e capire quanto sia veramente grande. Le persone che camminano sulla strada sembrano addirittura formiche.





Immaginare di assistere in un antico teatro ad uno spettacolo ai tempi dei romani sembra sempre impossibile, ma forse qui non lo è poi così tanto.




Scesi dagli spalti, non ci rimane che incamminarci verso il pulmino, ma prima scorgiamo le indicazioni per la chiesa della Madonna.
Delle tre chiese che furono costruite una accanto all'altra, non rimane molto, quasi niente, ma è l'ultimo scampolo di visita archeologica e non me lo voglio perdere.
Riprendiamo il viaggio e in nemmeno un paio d'ore siamo ad Izmir, la seconda città della Turchia per dimensioni. In realtà all'inizio del secolo scorso si chiamava Smirne, ma poi le vicende della guerra contro la Grecia ne hanno decretato la fine con un incendio che la distrusse completamente. Ricostruita dai turchi venne ribattezzata Izmir.
Giunti in hotel, abbiamo il tempo di lasciare i bagagli, quindi ci troviamo per decidere che fare per l'ultima cena.
In realtà lo scoordinatore aveva detto fin dall'inizio che lui sapeva dove andare a mangiare, quasi ogni giorno lo ripeteva, ma poi, dopo aver gettato la maschera, si è rivelato per quello che è: un chiacchierone.
Per lui il primo ristorante potrebbe andare bene.
Io e Andrea controlliamo sulla Lonely quali possibilità ci sono e se sono vicine. Appurato che la zona del lungo mare è ricca di ristorantini, indirizziamo in gruppo in quell'area della città, neanche troppo lontana.
Lungo la strada ne troviamo uno, secondo lo scoordinatore va benissimo, agli altri invece non piace.
Proseguiamo allora per il lungo mare e quando ci arriviamo scoppia l'ennesima grana.
Lo scoordinatore dice di avere delle necessità, come tutti del resto, ma che lui vuole mangiare presto ed andare subito a letto, che è stanco.
Solo lui ha delle priorità ed è stanco?
Scandagliamo allora il lungo mare in cerca di un ristorante che metta d'accordo tutti quanti, ma ormai il morbo della scoordinazione ha colpito metà gruppo, e l'altra è colpita da una certa incazzatura.
Io sono tendente alla seconda, anche perché l'unica sera che si può stare fuori fino a tardi, e magari mangiare con calma... dobbiamo assecondare lo scoordinatore?
Dopo un ora di passeggio e finte contrattazioni, il cielo all'orizzonte si riempie di fulmini. Mentre passiamo davanti ai locali che trasmettono la partita del Galatasaray in diretta, notiamo che sullo stadio sta scendendo il diluvio.
Intimoriti dalle funeste condizioni meteorologiche, ritorniamo sui nostri passi e cerchiamo di avvicinarci all'hotel.
Alla fine torneremo al primo ristorante che abbiamo incontrato sul lungo mare.
Lo scoordinatore contratterà il suo menù preferito, e tutti iniziano a mangiare. Tutti tranne i due vegetariani che invece di poter scegliere si vedono portare un piatto di antipasti. Buoni, anzi, per fortuna molto buoni.
Purtroppo però la scelta dello scoordinatore si rivela ancora una volta funesta: sulla città si abbatte un temporale, forse una tromba d'aria.
Fatto sta che noi, essendo seduti sotto dei gazebi, quando iniziano a volare piatti, posate e bicchieri sollevati dal vento, scappiamo all'interno del locale.
Lo scoordinatore invece rimane fuori e, con naturalezza inquietante, finisce di mangiare il suo piatto e si mette a mangiare anche i piatti abbandonati da chi è scappato dentro.
E ho detto tutto...
Terminata la cena all'interno, c'è il solito inghippo da azzeccagarbugli del conto. Chi ha preso altro, oltre al suo piatto pattuito, dovrebbe regolarsi, chi come me e Alba che abbiamo mangiato un piattino di verdure, dovrebbe essere regolato. Invece finisce che io e Alba, e credo anche qualcun altro, non veniamo regolati, ma regaliamo.
Questo non per colpa di chi ha preso un piatto in più, ma per colpa dello scoordinatore che doveva per forza applicare un menù fisso che già in partenza si sapeva non sarebbe stato rispettato.
Complimenti.
La parte più bella della serata arriva quando salutiamo lo scoordinatore. Che bello vederlo andarsene da solo.
Echeccavolo.
Fuori non piove più, così proviamo a trovare il gran bazar di Izmir che deve essere una cosa immensa.
Dopo mezzora o forse più di ricerca lo troviamo, peccato però che la tromba d'aria abbia fatto scappare tutti e di conseguenza chiudere i negozi.
Per consolare la nostra ultima serata ci accomodiamo in un localino all'aperto dove stanno suonando due cantautori turchi. Ovviamente non capiamo un turco... ehm, un tubo, ma a tutti piace.
Il rientro a fine serata, è rapido e assonnato.
Senza rendermi conto che è l'ultima sera di vacanza, mi addormento sfinito, ma senza troppi pensieri, roba che ormai non mi capitava da anni.

martedì 21 ottobre 2014

Turkolento - trediscesimo giorno

Ultimo giorno pieno a Marmaris. Questa mattina abbiamo un pochino più di tempo perché la nave del pirata su cui abbiamo prenotato il nostro posto parte alle 10,30.
Nonostante non abbia dormito molto a causa delle discoteche, mi sono alzato alle sette e sono uscito a correre. Il lungo mare è quasi sgombro e si viaggia tranquilli anche senza troppa fretta. Arriverò fino in fondo a Marmaris poi, dopo un po' di saliscendi all'ombra degli alberi, torno indietro. Alla fine correrò solo otto chilometri, ma rimango abbastanza soddisfatto, del resto sono in vacanza.
Dopo doccia e colazione saliamo a bordo della nostra bagnarola e mi accomodo al secondo piano, sulla coda. Accanto a me c'è un bizzarro personaggio di una certa età, ricco di tatuaggi e con una bandana rossa in testa. Un altro pirata! È lui a rompere il ghiaccio indicando la mia maglietta che ha scritto sopra Copenhaagen.
"Copenhaagen? I'm from Copenhaagen!"
È danese! Un pirata Danese? E’ un vichingo!
Sopreso gli rispondo:
"Really? I'm from Italy"
E già qui l'entusiasmo del pirata scema un po'.
Mi chiede se sono stato a Copenhaagen e nel frattempo si unisce alla conversazione anche la figlia/nipote.
Gli racconto che io non ci sono mai stato ma che ci vorrei andare. Il livello d'attenzione dei danesi cala vistosamente, alche' provo a raccontare che mia sorella Loriana col marito Sabino e la meravigliosa nipotina Giorgia, ci sono stati la settimana scorsa e che l'hanno trovata belliss...
Beeeeeeeeeeeeeeep
Segnale piatto.
Carica a 300!
Libera!
Per fortuna interviene il capitan pirata che con la sua sola ingombrante presenza li rianima.
Un pirata buono.
Stiamo navigando nella baia quando ci rendiamo conto che ci stiamo muovendo molto lentamente. Inoltre non c'è la musica molesta che infesta tutte le altre barche, barchette e barconi che ci superano. Il pirata buono e corpulento tenta di rianimare le casse, ma stavolta non gli è riuscito il secondo miracolo.
È perfetto così.
Si naviga lentamente senza altro rumore che il vento e il borbottio della caffettiera nascosta nel motore.
Con molta calma arriviamo alla prima caletta e ci buttiamo in acqua, anche oggi abbastanza calda. Stavolta abbiamo il tempo di arrivare fino a riva e Davide si porta anche la maschera. Difatti l'acqua è limpida e usandola si vede tutto benissimo, perfino due calamari che nuotano tranquilli sotto di noi.
Ripartiamo spostandoci in un'altra caletta, altro bagno e poi via.


Nel frattempo è arrivata l’ora di pranzo. Ci spostiamo tutti al primo ponte e, seduti ai tavoli, sembra di essere in una vecchia taverna con vista mare. Il piatto è identico a quello di ieri: fusilli al pomodoro, stavolta caldi, insalata e cotoletta. Io e Alba ovviamente chiediamo il vegetarian plate, uguale ma senza cotoletta.
Forse un pochino più buono oggi, per lo meno la pasta. La location invece è di gran lunga migliore: praticamente mangiamo affacciati sul mare.
Dopo pranzo veniamo scaricati a green sea, una minuscola località sul mare dove c'è tutto: l’acqua è limpida e magnifica, ma soprattutto non c'è caos, non ci sono discoteche. Perfino russi e inglesi sembrano ammaestrati.
Gironzoliamo per negozi e poi una passeggiata sul bagnasciuga, tanto per rilassarci e farci venire in mente che se fossimo venuti qui in hotel ce la saremmo goduta un po' di più...
Risaliti a bordo, notiamo che in porto stanno attraccando le altre navi, molto rumorose. Scappiamo per l'ultima spiaggia con il vento in poppa.
Anche questa fermata è in un posto paradisiaco in cui c’è solo una barca con due simpatici olandesi che se la stanno godendo al sole. Ci salutano anche sorpresi di avere compagnia. Noi li circumnavighiamo nuotando fino alla riva. Ci rimarremo per un po’ a giocare sulla spiaggia, poi come un’onda anomala iniziamo a sentire una musica lontana che si avvicina: sono le altre navi di turisti. In poco tempo siamo circondati.
Rientriamo a bordo e lasciamo i simpatici olandesi in balia dei discotecari naviganti.
Il rientro è lento e tranquillo e qualcuno già inizia a pensare a cosa lo aspetta a casa, per fortuna il discorso è ancora prematuro e non dura troppo, la mente dei viaggiatori è ancora libera, per ora.
Sbarcati a Marmaris, le donne più Davide e lo scoordinatore, che non si può lasciar sfuggire un hammam a soli due euro, vengono inscatolati in un pulmino che li porterà al trattamento. Invece i reduci, ovvero Io, Andrea, Pietro e Belin, ci buttiamo in cerca di un posticino tranquillo per trascorrere l'ultima serata al mare.
Dopo una doccia rinfrescante ci dirigiamo verso il porto per individuare la via d'accesso al castello che ne domina la vista.


Scovato un pertugio dietro i ristoranti sul lungo mare, ci ritroviamo in un mondo completamente differente dalla Marmaris caotica, glamour e discotecara. Sembra di essere in un isoletta greca, fatta di casette bianche, sovrapposte una all'altra e separate solo da viottoli tortuosi ma pittoreschi, con le buganville che colorano assieme a qualche finestrella a volte gialla a volte azzurra.
Seguendo le indicazioni dei cartelli saliamo verso l'alto e troviamo un posticino fantastico che domina tutta la baia. Qui si intravede come poteva essere questo posto qualche anno fa.

Ci sediamo a gustarci un'ottima birra assaporando il tramonto alle nostre spalle. Non contenti ne prendiamo un'altra e poi, un pò barcollanti, scendiamo per andare in hotel.
Sul lungo mare troveremo le donne che sono tornate dall'Hammam e ne hanno un paio da raccontare niente male.
In pratica è stato molto veloce e turistico, simile a quello fatto a Goreme, solo che per qualche donna del gruppo c'è stato un tentativo di adescaggio da parte dei massaggiatori... turismo si, ma di un altro tipo...
E ho detto tutto!
Ci doveva essere un motivo se un hammam costava solo due euro...
Dopo cena ci facciamo accompagnare dalle donne al posticino segreto e tutti assieme prendiamo una gigantesca spremuta d'arancia a testa.


Al ritorno avremo l'infelice idea di inoltrarci troppo nelle vie delle discoteche, come dire via della perdizioni.
La musica è assordante, che ci starebbe anche in una discoteca, ma qui la cosa è diffusa praticamente in tutto il quartiere, tristemente trasformato in una tecno gomorra unza unza time.
E' turismo anche questo, per carità, ma non è il mio genere...

lunedì 20 ottobre 2014

Turkolento - dodicesimo giorno

Primo giorno di mare a Marmaris. Dopo una colazione veloce e un pò scarsa, saltiamo sul furgone che ci porta alla Barkas, un battellone di tre piani su cui sono già disposti molti turisti. Ci stabiliamo sul ponte più alto dove le donne prendono posto sui materassini in attesa del sole. Il tempo non sembra il massimo, c'è una foschia tremenda e quasi non si vede l'altro capo della baia. Non è proprio il caicco che lo scoordinatore ci aveva promesso, ma almeno è un mezzo per cambiare aria. Dopo nemmeno un'ora di navigazione ci fermiamo per il primo bagno a paradise beach, una caletta dove l'acqua è limpida e abbastanza calda. Il bagno non è affatto male, anche se non si può scendere fino a riva, il tempo è poco e infatti ripartiamo subito. Verso le undici e mezza arriva pure l'ora del pranzo, va be tanto io avevo già fame. A tutti viene dato un piatto di fusilli al pomodoro, abbastanza insapore e freddi, un pezzo di pane, un insalata, buona ed una cotoletta di qualcosa che dovrebbe essere pollo. Io e Alba chiediamo un piatto vegetariano: ci tolgono la cotoletta e aumentano un pochino la pasta. Non fa una piega.
Un'ora più tardi ci sbarcano su un pontile galleggiante dove saliremo su delle barchette a motore. Ci serviranno per navigare nella palude di giunchi dove vive una particolare specie di granchi blu ed i loro predatori, le tartarughe careta careta. Per vedere le tartarughe fanno allineare tutte le barchette e lanciano in acqua una lenza alla cui estremità c'è un granchio blu. Basta poco per farne emergere una, peccato che la nostra barchetta si incagli nei giunchi e venga coperta dalle altre, in pratica non riusciamo a vedere granché, nemmeno un granchio. Dopo la dimostrazione ci trainano fuori dai giunchi per scaricarci sulla spiaggia delle tartarughe. Pare che vengano su questo grande lembo di sabbia a depositare le loro uova. Effettivamente un nido c'è ma tutti noi ci buttiamo in mezzo alle onde che si infrangono sulla spiaggia. Mi sembra di essere tornato bambino, quando passavo l'estate tra le onde liguri di Alassio. Ci divertiamo così tanto che in un attimo arriva il momento di ripartire.

Le barchette, a suon di musica disco, molto snervante, si infilano tra i giunchi. Navigheremo in questa palude per circa mezz'ora, fino ad arrivare sotto alle tombe Licia, risalenti a 2500/2800 anni fa. Scolpite nella roccia in un modo che ricordano Petra, alla lontana, sono uno spettacolo. Pare che la civiltà Licia sia stata la prima ad utilizzare il denaro in questa zona dell'Asia, per questo motivo sembra fossero ricchissimi. Ora non rimane più niente ad eccezione delle tombe, i tesori che qui abbondavano sembra siano stati trafugati da inglesi e francesi del corso dell'ultimo secolo.
Fotografate le tombe in ogni loro angolo, sempre dalla barchetta, veniamo scaricati a riva dove, con fare militaresco ci conducono alla vasca del fango.

Entrarvi non è molto piacevole: si affonda con le gambe in una massa melmosa che puzza di zolfo. Spalmarsi il fango addosso però è divertente. In poco tempo mi ritrovo infangato dalla testa ai piedi.
Al rientro, mentre siamo ancora nelle paludi, il nostro barchino tira gli ultimi sussulti e ci lascia in balia delle correnti, veniamo allora trasbordati su una altra imbarcazione più grande che riporterà sulla grande Barkas.
Da qui il rientro sarà tutta una tirata fino a Marmaris. Per fortuna si alza un po’ di vento che spazza via la foschia, rendendo il panorama fino a terra molto più piacevole.
Anche Marmaris senza troppa umidità e foschia sembra meglio.
Prima di rientrare ci fermiamo in porto per confermare la gita di domani con il capitan pirata che ci ha promesso oltre all’escursione anche l’hammam.
A cena stavolta troviamo qualcosa di meglio, anche perché siamo scesi prima delle russe e delle inglesi, praticamente delle tabularasa dei self service.
La serata è abbastanza fresca e consente un nuovo giro di esplorazione, stavolta sull’altro lato del lungo mare, quello verso il Grand Bazar.
Come nelle altre città è coperto e sempre aperto.
Penso che sia arrivato il momento di fare acquisti ma poi ci si perde in chiacchiere, e poi ci si perde pure di vista. Questi Bazar sono capaci di fagocitare i turisti con la velocità delle russe al buffet dei wurstel.

domenica 19 ottobre 2014

Turkolento - undicesimo giorno



Anche oggi la strada è lunga. Ci svegliamo presto e saltiamo sul furgone che ci porterà ad Afrodisias e poi il più presto possibile a Marmaris. Dobbiamo fare in fretta perché l'autista che ci ha accompagnato finora deve tornare in fretta ad Ankara. Dopo domani si sposa! Va be, nessuno è perfetto.


Il viaggio in mattinata è abbastanza tranquillo, chi dorme, chi ascolta musica, chi scatta foto. Arriviamo a destinazione in tarda mattinata ed anche oggi lo spettacolo di un'intera città ritrovata e riportata alla luce del giorno ci travolge. Oltre all'Agorà ci sono le terme, un teatro greco e diversi edifici pubblici, ma la vera rarità e pezzo forte è lo stadio! Praticamente completo! Solitamente in antichità era una delle prime strutture ad essere smantellata per utilizzarne le parti in altre costruzioni. Qui invece è rimasto integro, uno spettacolo unico. Preso dalla foga mi ci butto e corro fino all'altra curva senza sentire il caldo. Dopo una pausa di ammirazione riparto di corsa.


Ora posso dire di essere stato l'ultimo atleta ad averci corso.
Riprendiamo la visita passando accanto alla grande Agorà e ci infiliamo in quel che resta delle terme, per lo meno le mura. I pavimenti invece sono ancora ben visibili nei loro disegni semplici, ma pur sempre eleganti.
Costeggiando sempre l'Agorà, che altro non era la piazza dove aveva luogo il fulcro della vita cittadina, saliamo una collina che ci porta al teatro greco. 
Molto bello anche lui, anche se più piccolo di quello di Hierapolis. Scesi alla fine degli scavi c'è un'altra struttura che doveva essere maestosa quanto bella: tre piani di statue lungo pareti di almeno un centinaio di metri. Dalla parte opposta doveva esserci una struttura identica. Camminarci in mezzo sarebbe stato un'esperienza quanto meno mistica. Il museo forse è ancora meglio perché raccoglie gli oggetti e soprattutto le statue più belle ritrovate nella città. Quando vengono a chiamarci ne usciamo a malincuore. Dopo una breve sosta rifocillatoria si riparte, direzione Marmaris.

Il viaggio sarà lungo, faticoso, sudato, quasi asfissiante. Con il continuo gioco tra accendi/spegni l'aria condizionata, abbassa/alza il finestrino, apri/chiudi il tettuccio, non riusciremo a risolvere la situazione, va da sé che arriveremo a metà pomeriggio stremati e disidratati. Anche un po’ infastiditi.
Marmaris.
L'hotel è sul mare, basta attraversare il viale pedonale e si è già in spiaggia. Peccato che l'acqua sia vagamente, anzi no, è marrone.
La località è chiaramente luogo di villeggiatura per russi ed inglesi. Molto rumorosi e ingombranti. I locali sul lungo mare, come quello sotto il nostro albergo, non smettono di fare casino fino alle due di notte. La vedo dura dormirci. Anche le stanze non sono il massimo, anzi, sono le peggiori avute finora. Preso atto della situazione, il tempo di lasciare i bagagli, ci dobbiamo subito dirigere in porto per cercare il caicco con cui navigare il giorno dopo.
Purtroppo qui il coordinatore getta nuovamente, e stavolta definitivamente, la maschera rivelandosi un vero scoordinatore. I riferimenti che fino ad oggi aveva assicurato di avere non si trovano più. Nel tentativo di rimediare riesce a capire dall’hotel che i viaggi in battello sono costosissimi: 63 euro a testa.
Mi sembra impossibile. Ricordo che quando sono stato a Kos i caicchi costavano molto meno, da 10 a venti euro a persona. Non vedendoci chiaro, e soprattutto non fidandoci dell’inglese dello scoordinatore, andiamo a verificare di persona al porto. Difatti alla prima barca che troviamo riceviamo subito un'offerta migliore: venti euro a testa. Lo scoordinatore ha colpito ancora.
La barca però non è un caicco, ma un grande battello. Meglio di niente, ma non contenti della proposta ricevuta, io Andrea, Belin e Davide andiamo a vedere se più avanti troviamo un vero caicco, molto più bello e caratteristico.
Scandagliamo l'intero porto ma purtroppo constatiamo che le uniche imbarcazioni simili al caicco vengono affittate per delle crociere private. Prezzo 50 euro a testa. Troppo per tutti. Tornati indietro scopriamo che lo scoordinatore sta prendendo accordi con un'altra imbarcazione più economica, sia per domani che per dopo: 15 euro il primo giorno, dieci il secondo, compreso un hammam. Senza hammam 8 euro. Prezzo imbattibile che esalta lo scoordinatore. Lo prendiamo.
La sera a cena scopriamo che anche il cibo non è io massimo, anzi, essendo sceso in ritardo faccio fatica anche a trovare qualcosa…
Quasi sfiniti proviamo ad esplorare i locali del lungo mare ma veniamo investiti da un'ondata di umidità, discoteche rumorosissime e butta dentro appiccicosi. Insomma una brutta copia di Ibiza, tutto ricolmo di russi e inglesi over size.
Torniamo in camera sperando di riuscire a dormire ma oltre al fracasso ci faranno visita anche le zanzare, ste ‘mpunite…

sabato 18 ottobre 2014

Turkolento - decimo giorno

Anche oggi si parte presto, direzione Hierapolis e Pamukkale. Il viaggio è piuttosto lungo e cosi facciamo colazione alle 7 mentre alle 8 siamo già partiti. Arriviamo a Pamukkale intorno all'una e mezza. Subito iniziamo l'esplorazione degli scavi di Hierapolis, questa grande città romana che ,ancora quasi interamente sepolta, lascia intravvedere uno splendore ed una grandezza davvero notevoli. Sotto il sole a picco, non proprio l'orario migliore, anzi, arriviamo in cima alla collinetta del teatro. Uno spettacolo davvero fantastico.


Il teatro e' quasi del tutto completo e rende l'idea delle spettacolari esibizioni a cui potevano assistere le ben 12000 persone di capienza. Da lì risaliamo un altro crinale per arrivare al tempio di San Giacinto ed ai resti della più grande chiesa bizantina cristiana della città. Scendiamo poi per la strada romana appena liberata ed arriviamo al Nympheum, la piscina delle terme. Dietro di esso c'è anche il tempio di apollo e il Plutonium. L'ingresso a questo è stato murato perché, ancora oggi ci sono dei gas letali sin dai tempi dei romani. Al di fuori dei sacerdoti del tempio che sapevano quando trattenere il fiato. E' capitato infatti che, non essendoci più i sacerdoti, dei turisti ci abbiano lasciato le penne.
Sono le tre e mezza passate, c'è chi ha fame, chi no. Io ho voglia di piscina termale.


Per la modica cifra di trenta due lire turche, circa dieci euro, ci buttiamo nell'antica piscina termale dove si può nuotare in un'acqua sulfurea che sgorga direttamente dalla sorgente a trentasei gradi. Inoltre, la cosa più bella e unica è il fatto che si nuota tra colonne e capitelli sommersi, parti di muri scolpiti, insomma si nuota nella storia. Un'occasione irripetibile ed entusiasmante. Purtroppo mi son lasciato prendere troppo da questo entusiasmo ed ho collezionato una serie di botte storiche su ginocchia, piedi, stinchi e gomiti. Malino eh, ma quando mi ricapita?
Dopo poco più di mezzora, dobbiamo uscire per dirigerci verso le vasche di calcare.


Uno spettacolo naturale da lasciare senza parole: una montagna intera ricoperta di candido calcare, travertino, che sembra neve.
Per scendere dobbiamo toglierci le ciabatte e farlo a piedi nudi. Il travertino, oltre che bianco come la neve è anche bagnato e scivoloso, in alcuni punti troppo appuntito e doloroso per i miei candidi piedini...
Procediamo lentamente evitando con cura le prime vasche molto affollate. Scendiamo verso la metà della montagna, dove ne troviamo una con solo tre persone a mollo. Ci immergiamo in una tiepida acqua bianca come il latte e rimaniamo lì per un pò a goderci il momento. Sul fondo c'è una fanghiglia bianchiccia che rende soffice camminarci sopra, ma se si prova a portarla in superficie l'odore è pessimo.


L'ammollo dura per una buona mezz'ora poi ci raggiunge il resto del gruppo e continuiamo le abluzioni fin quasi al tramonto.


Nella discesa, tra una decina di foto e l'altra decina, prendo troppa confidenza e scivolo a terra, salvando incredibilmente la fotocamera e la pelle: il salto sarebbe stato forse troppo alto per chiunque.
Ci fermiamo a goderci lo spettacolo del tramonto con il disco rosso del sole che scompare veloce dietro le montagne all'orizzonte.
Tornati in hotel la cena non è il massimo, però è abbastanza per toglierci la fame.
Per finire in bellezza la giornata andiamo a fare un giro in paese dove c'è un mercatino all'aperto molto carino. Troverò una maglietta molto bella a sole 15 lire e un succo di melograno al prezzo stracciato di una lira e mezza.
Passeggiando tra le bancarelle di spezie, frutta, verdura, vestiti orientali e occidentali tarocchi chiacchiero molto con Belin, Alba e Andrea, poi, al momento di rientrare ritroviamo il resto del gruppo.