Io e Cassandra ci
entriamo subito e finiamo per trovare molte più stanze dipinte, tutte
bellissime, e una grande sala per le celebrazioni che si affaccia su un
giardino zen ancora più grande. Questo circonda la struttura dove siamo ed
altre che emergono camminando sul portico che si affaccia sul giardino.
Un’altra grande struttura sembra emergere dalla ghiaia come se fosse un’isola,
mentre i massi e gli alberi qui sono così tanti che anche volendo non si
riuscirebbe a contarli in una sola volta.
Questo tempio è pieno
di sorprese.
Cerco di immortalare il
grande giardino dalle angolazioni migliori ma è troppo vasto per catturarne la
bellezza con una sola foto.
Arriviamo al ponticello
che porta alle altre strutture ma il passaggio non ci è consentito e un via vai
di signore e signori vestiti con kimono tradizionali fanno presumere che ci sia
un evento privato in corso.
Quando però rimango
solo e non ci sono più turisti oltre me, mi attardo per fare le ultime foto, mi
giro per andarmene ma sento un verso:
Pst! Pst!
Mi volto e uno dei
signori in kimono mi fa segno di avvicinarmi.
Non me lo faccio
ripetere due volte. A Cassandra invece viene fatto cenno di restare lì dov’è.
Maschilismo giapponese?
Arrivo dove sta lui e
mi indica il giardino dicendomi che da lì ho una visuale migliore.
Scatto!
Arigatou gozaimazu!
E mi inchino meglio che
posso con un sorrisone mentre torno indietro da Cassandra che mi guarda un po’
incredula.
Mi inchino ancora da
lontano al signore e questo di nuovo:
Pst! Pst!
Mi richiama.
In un inglese
giapponesato mi dice che mi vuole mostrare un giardino riservato ai soli membri
della famiglia imperiale.
Lo seguo inchinandomi
continuamente per tutto il percorso ad ogni persona che incontriamo. In una
stanza ci sono uomini e donne in kimono inginocchiati e composti davanti ad un
tavolino. Sembrano finti, come se fossero dei manichini in un museo. Mi inchino
lo stesso, per precauzione.
Arriviamo sull’affaccio
ad un altro grande giardino zen nascosto a tutti e il signore mi dice che lì
posso fare la foto.
Scattooooo!
Sto per farne un’altra,
arriva una signora in kimono che in un inglese molto più comprensibile e
lapidario mi dice:
Gentile signore, questa
è un’area riservata e chiusa al pubblico. Lei non può stare qui.
Io non dico niente e
acconsento inchinandomi.
Non faccio la spia.
Allora interviene il
signore e le dice che mi ci ha portato lui.
La signora allora
scoppia a ridere, alla fine me ne devo andare lo stesso.
Il signore mi fa segno
di non preoccuparmi e di mantenere il segreto.
Io lo dico solo a voi
eh, mi raccomando.
Facciamo il percorso
inverso e ritorniamo dove stavano preparando il baldacchino. Ci ritroviamo in
mezzo all’inizio della processione. Gli altri sono già usciti tutti e noi siamo
bloccati dentro.
Dobbiamo attendere che
carichino il vecchio monaco sulla portantina. Finalmente l'anziano riesce ad
entrare e con canti e preghiere la processione lascia il tempio. In soli venti
minuti usciamo anche noi.
Prima di proseguire
mangiamo qualcosa e andiamo verso la prossima tappa del biglietto cumulativo.
Una grande strada verde circondata da alberi e piante colorate ci conduce ai
piedi verso altre strutture, tra cui spicca una grande pagoda arancione e un grande
tempio. Ce n’è anche uno più piccolo dove è giunta la processione con tutta la
gente che l’ha seguita.
Vado subito a vedere
l’interno della pagoda, forse la più grande vista finora, poi l’altro tempio.
Entrambi dentro sono molto belli e ricchi di statue colorate e decorazioni.
La maggior parte della
gente giunta sin lì è come ipnotizzata dalla cerimonia. Sarà che non essendo
buddisti e non capendo la lingua non ne subiamo il fascino, continuiamo a
vagare qua e là scoprendo altre strutture.
Ce ne è perfino una con
dei bracci di legno che sporgono da un grande cerchio anch’esso di legno.
Spingendoli si può fare il giro della struttura.
Ci provo da solo
andando in senso orario, arrivo solo ad un certo un punto in cui la ruota si
blocca.
Solo quando si unisce
Cassandra riesco a sbloccarlo e a completare il giro.
Ci sarebbe un altro
tempio da visitare, prima di salirci avvisto un calabrone che fa da guardiano.
Non ho studiato abbastanza e per evitare di essere “bocciato”, desisto ed evito
questo tempio.
Usciamo dal complesso
dei templi per andare al prossimo, prima facciamo uno spuntino. Ne approfitto
per prendere anche i mochi.
Dopo si va alla
cerimonia buddista compresa nel biglietto cumulativo.
Metà del gruppo non
riuscirà a vederla per un disguido sul biglietto.
La cerimonia ovviamente
sarà in giapponese, di questo non avevo dubbi.
Ci fanno togliere le
scarpe e ci portano in una sala del tempio dove ci fanno accomodare su delle
seggioline, dopodiché scatta la trappola.
Tutte le porte vengono
chiuse e rimaniamo soli al buio. È una prova di coraggio? È un test per vedere
se scappiamo e appena mettiamo piede fuori ci decapitano?
Da fuori arriva solo il
rumore dei passi di due monaci che camminano sul legno cigolante.
Si fermano davanti a
una delle porte e cominciano la cerimonia. Fuori.
Dopo un paio di minuti
aprono le porte ed entrano.
Al buio si piazzano
davanti a noi e ricominciano una cantilena che va avanti per un po’ fino a
quando sento qualcosa impossessarsi di me. Ho visto la luce?
No, la luce proprio no,
anzi.
Sento che gli occhi mi
si chiudono e probabilmente mi addormento.
Finisce la cantilena e
mi sveglio.
Il monaco parla, forse
è il corrispettivo della nostra predica.
Anche qui riparto in
tromba.
Altra cantilena.
Neghini neghini
nasalukolò.
Neghini neghini
nasalukolò.
Neghini neghini
nasalukolò.
PS: non diceva queste
parole, ma l’unica cantilena che conosco era quella della Regina Himika quando
tenta di risvegliare il Signore del drago (episodio 41 di Jeeg robot
d’acciaio).
Ed ecco che il signore
del drago…
Quando mi sveglio il
monaco sta chiamando una persona per ogni gruppo di partecipanti. Questi
vengono invitati a salire i gradini dell'altare, al buio, e a inginocchiarsi
per ricevere la benedizione.
Per noi va Matteo, che
incredibilmente riesce a non cadere sugli scalini.
Se ci fossi andato io
sicuramente avrei sbattuto come minimo ogni dito del piede, tirato giù mezzo
tempio e invocato svariati buddha e bodishattva… Altro che cerimonia di
benedizione, mi avrebbero dovuto fare un esorcismo.
Solo dopo un altro paio
di cantilene i monaci riaprono le porte, la luce rientra e il sonno evapora
come un vampiro colpito dal sole.
Claudio se ne va
contrariato con un solenne “Non ci ho capito una mazza.”
Nemmeno io, ne ero
consapevole, del resto cosa ci aspettavamo? Uno schermo con i sottotitoli e la
persona che fa il linguaggio dei segni per i non udenti?
Sciocchi noi a pensare
che sarebbe potuta essere una cosa interessante.
Va be’, lasciamo
perdere la religione, è una vacanza e non voglio indire lo scisma di Koyasan.
Usciamo diretti al
prossimo punto della visita: il mausoleo Tokugawa, quello di Hideyoshi e
Hidetata, Shogun e figlio.
Ovviamente non sono
sepolti lì perché le ceneri di Hideyoishi sono state portate a Nikko. Però i
mausolei, anche se in legno sono molto belli.
Prima dell’ultima
tappa, la classica ciliegina sulla torta: torniamo al nostro tempio per
prendere possesso delle camere. Ci aspetta l’ultima fatica della giornata: il
check-in.
Come abbiamo amaramente
sperimentato, in Giappone non è cosa da sottovalutare. A Koyasan inoltre
dormiamo in un tempio gestito da semplici monaci la cui filosofia non è proprio
la vita sempre di corsa.
Non la vedo bene.
E invece... Nonostante
i loro modi pacati e ben lontani da quelli europei, facciamo il check-in più
veloce di tutta la vacanza.
Tolto le scarpe e
infilato le ciabatte messe a disposizione per tutti, due monaci con un inglese
ciancicato, ovvero masticato malissimo, ci mostrano i bagni: uno per gli uomini
e uno per le donne. Ci sono le docce alla giapponese: quattro doccini con quattro
sgabellini. Nessuna struttura. Evidentemente la doccia la fanno da seduti.
Non so quanti di noi
abbiano approfittato di questa occasione, anche perché su internet avevamo
letto che i templi non avevano l’acqua calda…
I monaci ci mostrano
anche la sala da pranzo dove ci sono già tutti i vassoi e i cuscini pronti.
Altezza tavolini? Quindici centimetri.
Sono le cinque e ci
annunciano che la cena sarà tra mezz’ora…
Ci mostrano le camere:
gigantesche!
Le ciabatte vanno
lasciate fuori eh, altrimenti veniamo sgridati.
Con la porta scorrevole
di legno e carta si accede ad un’anticamera grande quanto la stanza degli hotel
a quattro stelle che abbiamo avuto finora.
Con un’altra porta
scorrevole si entra nella vera camera, ancora più grande.
Al centro c’è il
kotatsu: un tavolino quadrato di legno basso con una coperta elettrica
incorporata i cui lembi escono dai quattro lati.
In un angolo ci sono
dei piumoni ripiegati con coperta e i cuscini. Si dormirà direttamente sul
tatami. Dice che fa bene alla schiena…
Un armadio contiene
altre coperte e volendo c’è anche una stufa elettrica. Certo che messa sopra il
tatami… ovvero una stuoia… non mi sembra un’ottima idea. Poi la gente si
domanda come mai così pochi castelli medievali siano arrivati fino ai gironi
nostri… tatami e stufetta? E la casa va in fumo!
Il tempo di lasciare a
terra i bagagli, capire che non c’è neanche una sedia e che potremo stare solo
in piedi o sdraiati, e ci vengono a comunicare che la cena è in tavola, o
meglio in tavolino.
Sono lo 17:30.
Scendiamo e troviamo un
vassoio per uno, su cui ci sono diverse ciotole con pochi ingredienti ciascuna.
C’è anche un piccolo fornelletto scaldato da un lumino, su cui hanno messo a
bollire funghi, verdure e un sacchettino morbido che sembra una frittatina
ripiena.
La cena è vegana,
stasera riusciremo a mangiare finalmente tutti assieme, anche se probabilmente
l’apprezzamento non sarà generale.
Ero partito prevenuto
leggendo i pessimi commenti di diversi blog, mi ero premunito comprando la cena
per il dopo cena. Ho dovuto ricredermi. Ne sono uscito sazio e contento come un
vegano in un paese dove i vegani possono mangiare tranquilli solo nei templi
buddisti.
Tanto per capire, c’era
una grande pentola dove si poteva prendere tutto il riso bianco che si voleva,
giusto per accompagnare. Nelle ciotole c’erano verdure sottaceto, funghi,
fagioli, un tofu morbidissimo con sopra un po’ di wasabi e peperoncino e immerso
in un lieve strato di salsa di soia. Volendo c’era un brodino con delle palline
colorate che sembravano il “succhia succhia che mai si consuma” di Willy Wonka,
versione anni 70 con Gene Wilder, in realtà non sapevano di nulla.
Nel fornelletto c’erano
delle verdure, una famigliola di funghi gustosi e il fagottino era ripieno di
verdure. In un’altra ciotola altre verdure sottaceto e nell’ultima un altro
fagottino che sembrava una frittatina.
Considerando che si
tratta di cucina vegana, i fagottini non potevano essere frittatine,
probabilmente erano di soia, a me sono piaciuti.
Per dessert un paio di
fettine di arance servite su un budino bianco, che sarà stato di soia o di
mandorla, non ho idea di cosa fosse, molto buono.
Tutto innaffiato con
tazze di the verde, che di solito non bevo mai. Stavolta ci stavano benissimo.
Avendo consumato anche
un paio di ciotole di Cassandra, fagioli e dolce per citarne alcuni, non sono
riuscito a finire il riso…
Soddisfatto, torniamo
un attimo in camera e ci prepariamo per l’ultima emozionante visita della
giornata da fare esclusivamente al tramonto. Si potrebbe fare anche all'alba,
ma domani sarà dura alzarci presto, così ci incamminiamo per il cimitero
Okunoin.
A trenta minuti di
cammino infatti c’è un cimitero famoso in cui si dice che non ci sono morti,
bensì tutti coloro che vi giacciono siano in realtà addormentati, in attesa
dell'arrivo del nuovo Buddha.
La passeggiata
dell’andata è piacevole ed in leggera discesa.
Verso metà strada
iniziano a comparire delle tombe sulla sinistra della strada. Molte tombe.
Alcune sono illuminate da una flebile luce, tutte giacciono all’ombra degli
altissimi alberi.
Mi viene la tentazione
di entrarci, ma controllando sulla cartina vedo che poco più avanti si
inoltrerà su per la montagna e non vorrei perdermi ora che sta per far buio.
Proseguiamo dritti e
arriviamo al grande piazzale dove c’è l’ingresso.
Questa è la parte più
moderna del cimitero, tra tombe bizzarre, perfino aziendali come quella del
signor Mitsubishi che però ha la forma di un razzo…
Fortunatamente più si
va avanti, più diventa bello.
Pare sia uno dei luoghi
più mistici e sacri di tutto il Giappone, per quanto riguarda il buddismo.
Molto più in là nel
bosco sorge il mausoleo di Kobo Daishi, il fondatore del buddismo Shingon. Se
non sbaglio anche la guida aveva detto di essere devota a Koyasan e quindi al
suo fondatore.
La leggenda dice che
Kobo Daishi non sia morto, bensì in meditazione eterna, in attesa che giunga il
Buddha del futuro, Miroku Nyorai.
Continuiamo a camminare
tra le tombe, sotto un cielo plumbeo, senza pensare a dove arriveremo. Nel
frattempo la luce inizia a calare lentamente. Ci troviamo di fronte al ponte
che porta al mausoleo di Kobo Daishi, facciamo tre inchini e ci apprestiamo a fargli
visita.
La luce è quasi del
tutto andata, le lanterne delle tombe e qualche sporadico lampione dovrebbero
bastare a non farci perdere.
Siamo praticamente
soli. Immersi in un silenzio spettrale possiamo ammirare il mausoleo e il
padiglione delle lanterne.
Sembra ne contenga circa diecimila e si dice ve ne
siano alcune che vengono mantenute accese da ben novecento anni.
Ormai è praticamente
buio, forse è meglio tornare indietro.
Poco prima di
incamminarci sopraggiunge anche Tony, avanguardia del secondo gruppo che sta
arrivando con Claudio. Lo lasciamo lì a scattare foto.
Scendiamo le scale e ci
incamminiamo prendendo un altro sentiero, quello tra le tombe, comunque
agibilissimo e illuminato. Se ci andate da soli forse è meglio quello
dell’andata, però fatto in gruppo risulta molto bello.
Dopo una decina di
minuti ci rendiamo conto che Roberto non c’è più.
Ma ‘ndo cavolo sta??
Sapendo che non ha
neanche internet e per fare qualunque cosa chiede sempre aiuto a tutti, inizio
a preoccuparmi. Roberto è buddista, non credo sia pronto per entrare in
meditazione eterna come Kobo Daishi, piuttosto temo ci stia cercando imprecando
in romanesco.
Obuddha, se si perde
qui non lo troviamo più.
Io e Domenico torniamo
indietro per vedere se è rimasto da qualche parte. Abbiamo già fatto un bel
tratto senza incrociarlo, ci mettiamo a correre sperando sia rimasto con Tony
al tempio.
Dobbiamo tornare
proprio fino al mausoleo per ritrovarlo proprio assieme a Tony.
A Robbe’ avvisa la
prossima volta!
Un po' sudati, ormai
tranquilli, ci ricongiungiamo al gruppo. Anche senza Roberto però rimaniamo lo
stesso numero di persone. C'è un imbucato! Un tizio di un altro gruppo di
avventure, ammaliato da Jessica, ci ha seguiti come un cane randagio quando
pensa di aver trovato un nuovo padrone.
Peccato che così
facendo si è staccato dal suo gruppo finendo sul sentiero tenebroso delle
tombe.
Per di più ‘sto
frescone, dopo aver tentato l’abbordaggio all’abruzzese, viene smascherato
continuamente dalle chiamate della fidanzata, che lo cerca con il suo gruppo di
Avventure.
Jessica ci mette subito
una pietra sopra, del resto siamo al cimitero.
Man mano che camminiamo
incrociamo sempre più gente che sta andando a visitare il cimitero. Bello eh,
per carità, come lo abbiamo fatto noi, con la luce che scompare gradualmente,
credo che non abbia eguali.
Nel
frattempo il nostro cammino prosegue tra tombe e alberi, ma dopo una mezzoretta
usciamo finalmente sulla strada asfaltata sani e salvi.