venerdì 15 giugno 2018

Giorno 6 – Uhm Ar Rasas - Castello di Karak - Dana

Stamattina lasciamo la piccola ma accogliente Madaba.
La prima tappa è molto soleggiata e calda, ma quello che dà più fastidio è la luce. È così intensa che faccio fatica a tenere gli occhi aperti.
Siamo ad Uhm Ar Rasas, dove un tempo sorgeva una città nabatea, divenuta in seguito un castrum romano e poi un insediamento bizantino.
È un sito molto grande e ricco, ma gli scavi sono fermi per questioni burocratiche ed è un peccato perché potrebbero portare alla luce chissà quali meraviglie. A riprova di questa mia affermazione Zu ci porta in una chiesa bizantina dove ci sono dei teli posati a terra e ricoperti di sabbia. Qui c’è sotto qualcosa, sicuro. Come escavatore viene sorteggiato Carlo che lavora di mano, spostando la sabbia per rivelare il mosaico che si nasconde dalle intemperie. Poco a poco emergono due leoni che si fronteggiano, separati da un albero in fiore. Un magnifico esempio di arte bizantina che una volta pulito e bagnato con un po’ d’acqua, rivela la brillantezza dei colori e la sua incredibile bellezza.
Davvero fantastico.
Tutta la chiesa è così, solo che purtroppo non possiamo scavarla tutta. A malincuore ricopriamo i due leoni per preservarli e andiamo alla struttura che copre la chiesa di santo Stefano.
In realtà sono più chiese costruite in epoche diverse. Le prime due sono più piccole e più semplici, mentre le altre sono decisamente più ampie ed hanno un grandissimo mosaico a terra.
Purtroppo le figure umane e gli animali rappresentati hanno subito la censura. Quasi tutte sono state ricomposte ma senza che si possano riconoscere. Questo perché la legge islamica imponeva che non si potesse rappresentare nulla che avesse un’anima.
Zu ci dice che questo è l’iconoclasma, o iconoclastia.
Proseguiamo verso il castello di Karak, un’immensa fortificazione in cui è avvenuta la vicenda rappresentata nel film di Ridley Scott, “Le crociate”.
Già da fuori si vede che è immenso, molto più grande di quello di Ajlun, anche se non è così ben restaurato. In rapporto alle sue dimensioni ci sono poche parti visitabili: le stalle e alcune zone sotterranee.
Imponente è dir poco, le mura sono mostruose è inquietanti, peccato che siano ancora poco visitabili.
Terminato il rapido giro sotterraneo che dimostra però quanta gente ci dovesse vivere, probabilmente almeno un migliaio, ci muoviamo verso il villaggio della riserva naturale di Dana.
Ci aspetta l’ostello più spartano del viaggio e tutti siamo un po’ preoccupati per quello che potremmo trovare.
Durante il viaggio il cielo, fino a quel momento soleggiatissimo, si incupisce man mano che avanziamo. All'orizzonte è comparsa una nube bassa e scura. Anche il vento si sta alzando e in pochi minuti vediamo la sabbia volare in ogni direzione. Una tempesta di sabbia ci investe quasi in pieno, ma per fortuna noi giriamo verso ovest e ce la lasciamo alle spalle. Se fosse stata questa la sera che avremmo dovuto dormire nel campo tendato... meglio non pensarci.
Appena prima di arrivare a Dana scendiamo a dare un'occhiata alla valle dall’alto. La vista è molto bella ma c’è un vento fortissimo che riesce quasi a spostarci. Una specie di Bora.
Per avere un assaggio della giornata di domani scendiamo fino al piccolissimo villaggio a piedi lungo un sentiero per le capre.

Giunti a destinazione scopriamo finalmente le camere. Innanzitutto hanno tutte il bagno e poi sono solo doppie.
Sollevati dalla notizia ci dirigiamo a scaricare i bagagli. A noi capita una stanza tripla, non del tutto terminata, ma per compensare la cosa ci hanno fornito di un'ampia provvista di zanzare. Giusto per farci sentire come a casa.
Insomma, io che mi aspettavo qualcosa del tipo Bolivia, devo dire che sono stato contento, le zanzare pure. Chi è stato punto meno.
Dato che c'è il ramadan aspettiamo che il canto del muezzin permetta ai locali di mangiare, poi li seguiremo anche noi.
Nel frattempo ci godiamo il tramonto sui tetti del villaggio, salutati da una brezza rinfrescante.

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