giovedì 14 giugno 2018

Cena in terrazza con l'archeologo

Stasera usciamo a cena con gli altri, una volta tanto convinco Cassandra, che però mi lancia una delle sue profezie funeste sul cibo che troveremo, e purtroppo avrà ragione.

Il locale però è bello: una terrazza che dà sui tetti di Madaba, con la grande cupola ed i minareti della moschea, mentre in cielo una piccola mezzaluna e Giove brillano come dei fari nella notte.

Arriva la cena e per noi vegetariani ci sono insalate, salsine, pasta all'arrabbiata e verdure bollite. Io mi riempio di insalate, hummus e un po' di pasta, ma proprio perché avevo molta fame. Ne pagherò poi le conseguenze visitando il bagno urgentemente.

Subito dopo cena arriva Franco, l'archeologo romano che si siede accanto a Zu e Pier. Iniziando a fumare un po' di shisha, racconta qualche aneddoto sul suo lavoro.

Un archeologo a cena. Io e Cassandra ci spostiamo per sentire tutto quello che dice.

Racconta di come sono diventati bravi i suoi operai, che dal nulla hanno imparato a fare i restauri.

Intanto il muezzin della moschea inizia il suo canto e allora Franco ci racconta di come san Francesco un tempo, in un suo viaggio era andato a parlare con un sultano e aveva sentito il canto del muezzin. Si era fatto spiegare chi era e cosa diceva.

Quando tornò in Italia, pretendeva che i frati uscissero fuori ad urlare che era arrivata l'ora della preghiera. Oggi non sembra più così, ma se ci pensate le campane delle chiese servono proprio per chiamare a raccolta i fedeli.

Franco vive qui dal '94, parla un po' arabo, ma che va bene solo per questa zona. Come in tutto il mondo, i dialetti cambiano anche di pochi chilometri.

Parla poi delle donne giordane che sono gelosissime. Troppo gelose. Dice che nonostante il discorso religioso, alla fine a casa comandano le donne.

Lui si trova benissimo perché qui non succede mai nulla di male: puoi uscire da casa senza chiudere la porta che tanto non viene nessuno a rubare.

I casini scoppiano solitamente dal punto di vista tribale. Pare che una settimana fa ci sia stata una faida tra tribù, per causa di una donna, che è finita a cazzotti, per passare alle pistole e alle mitragliatrici. Lo stato giordano dice che questi problemi devono risolverseli tra loro, nel senso che lo stato interviene per far fare pace tra le tribù, ma a volte ci scappa il morto. Chiaro che poi se succede si va in prigione, ma prima di tutto devono riappacificarsi tra loro.

Parlando di cultura, a seconda della regione della Giordania (nord, sud, Amman), le cose cambiano in modo radicale, come se fossero quasi popoli diversi.

Come esempio parla della città di Ma'an, fatta tutta di fango e dove c'è il primo palazzo degli Hashemiti. Zu la definisce come la Napoli di Giordania, mentre Franco dice che è pure peggio. Si trova nel sud della Giordania e se la conosci sai come muoverti, altrimenti possono accaderti cose che nelle altre regioni non succederebbero mai, come quello che è successo ad un italiano. Questo andava in giro da solo per la Giordania dormendo nella tenda. Una notte si è fermato a Ma'an. Il giorno dopo si è svegliato in mutande. Non aveva più niente. È andato alla polizia che gli hanno dato una maglietta e l'hanno accompagnato in ambasciata così, in mutande.

Dice che è una città ricca di contrabbando di marjuana, di benzina e tutto quello che si può contrabbandare. La cosa assurda è che il contrabbando arriva dall'Arabia Saudita.

Questi sono sauditi e sia Zu che Franco ci tengono a dire che sono un'altra razza rispetto agli arabi.

Anche Zu ovviamente si sente diverso, né italiano, né giordano. Lui si definisce con un detto arabo: “io sono come il culo della mucca, non fa parte né della pelle, né della carne.”

Si chiacchiera e inevitabilmente si finisce a parlare di Petra, perché per gli italiani la Giordania è Petra, nonostante in questi giorni abbiamo già visto tantissimo che meriterebbe il viaggio anche senza Petra.

Dal punto di vista di Franco e Zu, Petra è un problema grandissimo, o meglio, i beduini che l'assediano e l'amministrazione giordana lo sono.

Secondo Franco fra qualche anno Petra non esisterà quasi più. Zu conferma.

Un po' spaventati veniamo a sapere che i beduini fino al 2000 vivevano proprio dentro il sito. Poi il governo li ha fatti uscire, ma la città antica è ancora in mano loro.

Va da sé che a loro delle rovine importa solo per farci soldi, indifferentemente dal modo. Capita infatti che spacchino la pietra colorata della città per venderla ai turisti.

Anche se è vietato, si fanno pagare per accompagnare i turisti su un sentiero che porta sopra al Tesoro, solo per farsi i selfie. Sentiero pericoloso perché la roccia è molto friabile e la montagna rischia di rimanere danneggiata irrimediabilmente.

Noi abbiamo la nostra guida che è Zu, e se lui non si ferma con il gruppo a determinate bancarelle all'interno del sito, la volta successiva non lo fanno più rientrare.

Franco ha appena restaurato un tempio a Petra e racconta che il proprietario del terreno è arrivato mostrandogli l'atto di proprietà e dicendogli che lui non poteva toccare nulla. Fortunatamente l'archeologo gli ha fatto capire che se non restaurava il tempio, nel giro di pochissimo tempo con quel foglio di carta ci si poteva pulire il ...

L'amministrazione pare che non faccia nulla, anzi. Il Siq, la via d'accesso alla città, ha continuamente bisogno di manutenzione, ma se non lo fanno le fondazioni straniere, non lo fa nessun altro.

Insomma, la serata è stata bella e istruttiva, oltre che allegra, ma ci salutiamo pensando che dobbiamo correre alla svelta verso Petra...

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