Stasera
usciamo a cena con gli altri, una volta tanto convinco Cassandra, che
però mi lancia una delle sue profezie funeste sul cibo che
troveremo, e purtroppo avrà ragione.
Il
locale però è bello: una terrazza che dà sui tetti di Madaba, con
la grande cupola ed i minareti della moschea, mentre in cielo una
piccola mezzaluna e Giove brillano come dei fari nella notte.
Arriva
la cena e per noi vegetariani ci sono insalate, salsine, pasta
all'arrabbiata e verdure bollite. Io mi riempio di insalate, hummus e
un po' di pasta, ma proprio perché avevo molta fame. Ne pagherò poi
le conseguenze visitando il bagno urgentemente.
Subito
dopo cena arriva Franco, l'archeologo romano che si siede accanto a
Zu e Pier. Iniziando a fumare un po' di shisha, racconta qualche
aneddoto sul suo lavoro.
Un
archeologo a cena. Io e Cassandra ci spostiamo per sentire tutto
quello che dice.
Racconta
di come sono diventati bravi i suoi operai, che dal nulla hanno
imparato a fare i restauri.
Intanto
il muezzin della moschea inizia il suo canto e allora Franco ci
racconta di come san Francesco un tempo, in un suo viaggio era andato
a parlare con un sultano e aveva sentito il canto del muezzin. Si era
fatto spiegare chi era e cosa diceva.
Quando
tornò in Italia, pretendeva che i frati uscissero fuori ad urlare
che era arrivata l'ora della preghiera. Oggi non sembra più così,
ma se ci pensate le campane delle chiese servono proprio per chiamare
a raccolta i fedeli.
Franco
vive qui dal '94, parla un po' arabo, ma che va bene solo per questa
zona. Come in tutto il mondo, i dialetti cambiano anche di pochi
chilometri.
Parla
poi delle donne giordane che sono gelosissime. Troppo gelose. Dice
che nonostante il discorso religioso, alla fine a casa comandano le
donne.
Lui
si trova benissimo perché qui non succede mai nulla di male: puoi
uscire da casa senza chiudere la porta che tanto non viene nessuno a
rubare.
I
casini scoppiano solitamente dal punto di vista tribale. Pare che una
settimana fa ci sia stata una faida tra tribù, per causa di una
donna, che è finita a cazzotti, per passare alle pistole e alle
mitragliatrici. Lo stato giordano dice che questi problemi devono
risolverseli tra loro, nel senso che lo stato interviene per far fare
pace tra le tribù, ma a volte ci scappa il morto. Chiaro che poi se
succede si va in prigione, ma prima di tutto devono riappacificarsi
tra loro.
Parlando
di cultura, a seconda della regione della Giordania (nord, sud,
Amman), le cose cambiano in modo radicale, come se fossero quasi
popoli diversi.
Come
esempio parla della città di Ma'an, fatta tutta di fango e dove c'è
il primo palazzo degli Hashemiti. Zu la definisce come la Napoli di
Giordania, mentre Franco dice che è pure peggio. Si trova nel sud
della Giordania e se la conosci sai come muoverti, altrimenti possono
accaderti cose che nelle altre regioni non succederebbero mai, come
quello che è successo ad un italiano. Questo andava in giro da solo
per la Giordania dormendo nella tenda. Una notte si è fermato a
Ma'an. Il giorno dopo si è svegliato in mutande. Non aveva più
niente. È andato alla polizia che gli hanno dato una maglietta e
l'hanno accompagnato in ambasciata così, in mutande.
Dice
che è una città ricca di contrabbando di marjuana, di benzina e
tutto quello che si può contrabbandare. La cosa assurda è che il
contrabbando arriva dall'Arabia Saudita.
Questi
sono sauditi e sia Zu che Franco ci tengono a dire che sono un'altra
razza rispetto agli arabi.
Anche
Zu ovviamente si sente diverso, né italiano, né giordano. Lui si
definisce con un detto arabo: “io sono come il culo della mucca,
non fa parte né della pelle, né della carne.”
Si
chiacchiera e inevitabilmente si finisce a parlare di Petra, perché
per gli italiani la Giordania è Petra, nonostante in questi giorni
abbiamo già visto tantissimo che meriterebbe il viaggio anche senza
Petra.
Dal
punto di vista di Franco e Zu, Petra è un problema grandissimo, o
meglio, i beduini che l'assediano e l'amministrazione giordana lo
sono.
Secondo
Franco fra qualche anno Petra non esisterà quasi più. Zu conferma.
Un
po' spaventati veniamo a sapere che i beduini fino al 2000 vivevano
proprio dentro il sito. Poi il governo li ha fatti uscire, ma la
città antica è ancora in mano loro.
Va
da sé che a loro delle rovine importa solo per farci soldi,
indifferentemente dal modo. Capita infatti che spacchino la pietra
colorata della città per venderla ai turisti.
Anche
se è vietato, si fanno pagare per accompagnare i turisti su un
sentiero che porta sopra al Tesoro, solo per farsi i selfie. Sentiero
pericoloso perché la roccia è molto friabile e la montagna rischia
di rimanere danneggiata irrimediabilmente.
Noi
abbiamo la nostra guida che è Zu, e se lui non si ferma con il
gruppo a determinate bancarelle all'interno del sito, la volta
successiva non lo fanno più rientrare.
Franco
ha appena restaurato un tempio a Petra e racconta che il proprietario
del terreno è arrivato mostrandogli l'atto di proprietà e
dicendogli che lui non poteva toccare nulla. Fortunatamente
l'archeologo gli ha fatto capire che se non restaurava il tempio, nel
giro di pochissimo tempo con quel foglio di carta ci si poteva pulire
il ...
L'amministrazione
pare che non faccia nulla, anzi. Il Siq, la via d'accesso alla città,
ha continuamente bisogno di manutenzione, ma se non lo fanno le
fondazioni straniere, non lo fa nessun altro.
Insomma,
la serata è stata bella e istruttiva, oltre che allegra, ma ci
salutiamo pensando che dobbiamo correre alla svelta verso Petra...
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