martedì 12 giugno 2018

Giorno 3 – Uhm Quais – Ajilun - Jerash

Anche oggi ce la prendiamo comoda per partire, ci aspetta una lunghissima giornata ma non ci facciamo scoraggiare dalla prospettiva. Con Avventure abbiamo fatto quasi tutti di peggio, per cui la prendiamo come viene e saliamo sul pullman diretti verso la periferia di Amman e oltre.
Uhm Qais, la prima tappa di oggi era una città tolomea, quindi greca, poi ebrea e romana. Il suo vero nome era Gadara. Visitando le sue rovine, nel nord della Giordania, essendo stata costruita su un'altura, vi si possono vedere tre stati: la Siria, la Giordania e Israele, con le sponde del lago di Tiberiade. Se non ci fosse tanta foschia potremmo perfino scorgere il Libano, ma purtroppo c’è e quindi ci dobbiamo fidare della parola di Zu, oltre che della cartina.

Della città romana non c’è rimasto molto se non il cardo, il ninfeo, un tempio, e un cenno di un altro tempio. La maggior parte delle rovine giace ancora sottoterra in attesa di uno scavo archeologico. Nel frattempo i locali, “conservano” i reperti disputandovi sopra un campionato di calcio.

A causa della conformazione del terreno dove sorse la città, il cardo venne fatto lunghissimo, mentre il decumano invece rimase corto. Come spesso accadeva in questi casi però i romani ne costruivano più di uno ad intersecare la strada principale.

Purtroppo a parte pezzi di colonne di marmi pregiati adagiate sul cardo davanti al ninfeo, non c’è molto altro da vedere, solo il piccolo anfiteatro, quasi del tutto integro, in basalto nero. È particolare, non ricordo di averne visto uno di questo colore e materiale.


Accaldati e sudati per il sole a picco, riprendiamo posto sul pullman e andiamo a vedere un castello fantastico, quello di Ajlun. Fatto costruire da Saladino su un'altura, dominava tutto ciò che si vedeva fino all’orizzonte. Restaurato recentemente, da fuori ha un aria possente, circondato da un grandissimo fossato proprio come se fossimo in Europa. Dentro poi è ancora meglio con le sue sale ampie e scale intricate che portano verso l’alto, da dove si gode una spettacolare vista. 

Tra le sale ci sono anche una chiesa bizantina e una moschea. In una troviamo diverse palle da catapulta, ma la cosa che lascia più sbalorditi è il senso di solidità che questo castello trasmette. Le mura sono larghissime e sembra che non possano mai essere abbattute.


Purtroppo abbiamo poco tempo da dedicare a questa meraviglia medievale, dobbiamo andare a Jerash. Per cui di nuovo sul pullman e alé, verso la prossima tappa.

La grande città romana non è proprio dietro l'angolo e ci arriviamo poco prima delle quattro. Dal punto di vista climatico è un bene perché siamo in una piana completamente esposta al sole. Di contro c'è che abbiamo i tempi stretti. Zu ci anticipa che nonostante dovremo correre su e giù, ci metteremo almeno tre ore. Quasi una gara? Ed eccoci al tappone marmoreo della città di Jerash. Centro greco romano, era una città d’élite, che nel suo massimo momento di splendore ed espansione, raggiunse un numero quantificabile sui 30000 abitanti.



Come tutte le città romane aveva la via principale che era il cardo e alcuni decumani che lo incrociavano.

La prima cosa che vediamo è la grande porta celebrativa di Adriano, che l’imperatore fece erigere in proprio onore quando morì Traiano e fu nominato suo successore. Adriano in quel momento si trovava proprio a Jerash.

Quindi passiamo di fianco all’ippodromo e arriviamo alla porta vera e propria della città, che poi era quella di uscita. Difatti noi entriamo da sud, mentre la porta d'ingresso, quella nella direzione di Roma, era a nord.

Appena entrati ci imbattiamo nelle fondazioni del tempio di Giove dove entriamo a vedere il piccolo museo con alcuni suoi resti che hanno ancora l’intonaco bianco e colorato.

Purtroppo il tempo è poco e non possiamo indugiare troppo, quindi partiamo subito e saliamo sul sancta sanctorum del tempio di Giove/Zeus, dove c’era l’altare sacrificale, poi da lì saliamo al teatro. Un po' a sorpresa veniamo accolti da un giordano che suona le corna muse. Che c’entrano le corna musa? Beh diciamo che il re di Giordania è in parte inglese. E ho detto tutto.


Il teatro è molto bello, non grande, ma molto ben conservato, ha perfino mantenuto interamente il palco, cosa molto rara visto che i teatri e gli stadi erano le prime strutture che venivano smantellate per recuperare materiali di costruzione. Dopo la dimostrazione dell’ottima acustica fatta da Franca che ci ostenta le sue doti drammaturgiche urlando, saliamo verso la chiesa bizantina dei santi Cosma e Damiano, originari proprio di Jerash.
Dall’alto ammiriamo quasi tutto il pavimento a mosaico. Bellissimo, davvero. Si è salvato e conservato così bene per la grande quantità di macerie che lo hanno ricoperto, lasciandolo indisturbato fino ai giorni nostri. La città infatti è esistita fino al 749 d.C., quando lo stesso terribile terremoto che distrusse Uhm Al Jimal, rase al suolo anche Jerash.

Continuiamo e arriviamo al tempio di Diana, o Artemide. Era grandissimo e in parte è ancora in piedi. A giudicare dalle sue dimensioni doveva rivaleggiare con quello di Giove/Zeus. A tal proposito Zu ci spiega che i due culti erano i maggiormente seguiti in questo luogo.

Le colonne che ci fanno ombra sono immense e, nonostante siano pesantemente provate dagli eventi e dagli anni, stanno ancora là, a sorreggere un tetto che non c’è più, ma che tutti cerchiamo disperatamente di immaginare.

Saliamo fino in cima e assistiamo alla dimostrazione della perfezione ingegneristica che sta dietro a questa struttura. Zu prende un cucchiaio di metallo e ne infila l'estremità tra un blocco e l'altro di una delle grandi colonne che si erge ancora fino ai capitelli. Prende un volontario e gli dice di spingere sulle colonne.
Non succede nulla. Ma poi interviene un venditore di the del luogo e con una sola mano premuta nel punto giusto, vediamo il cucchiaio ondeggiare. Questo perché gli incastri delle colonne posate a secco, sono uno concavo e l'altro convesso. In questo modo, in caso di terremoto, la struttura ondeggia senza cadere.

Dopo la lezione di scienze scendiamo ai piedi del tempio dove c’era l’altare sacrificale e Zu ci indica col dito verso est dove iniziava il tempio. Doveva essere incredibile, probabilmente più grande di quello di Zeus, il padre, con cui era continuamente in competizione per le dimensioni, del tempio ovviamente. Che cosa avete capito?

Proseguiamo ed arriviamo ad un altro teatro, stavolta usato per la poesia e la prosa. Molto bello anche questo. Anzi per un attimo mi ha tratto in inganno perché appena mi affaccio dall’alto vedo l’intero pavimento di marmi colorati integro. Fantastico. Sì, ma poi mi accorgo che solo poche parti sono originali. Va bene lo stesso, in questo modo hanno reso l’idea di cosa doveva essere.

Scendiamo su un decumano calpestando i basolati posati in modo obliquo. Zu ci dice che indicavano la loro funzione di autostrada. In alcuni punti, i basolati sono orizzontali, questi sono gli attraversamenti pedonali, in pratica le strisce. Camminiamo fino ad intercettare il cardo. Quando queste due strade si incrociavano, veniva costruita una grande struttura a quattro archi che sormontava l’incrocio. Il tetraplano.

Il cosa?

Zu lo ripete: il tetraplano.

Aspetta, 'sta cosa non mi torna. Io ricordo un altro termine, così sembra un incrocio tra il cartone del latte e un deltaplano.

Com’era il termine esatto?

Tetrapalo? Si va be, tetratraversa e tetraincrocio.

Tetrapolo? Nord o sud?

Tetrapelo? Questo è sicuramente superfluo.

Tetrapulo? Tetrapulo tua sorella!

Tetrapilo? Era tetrapilo!!!!

Nessun problema, già stiamo sfinendo Zu, mica può ricordarsi tutti i termini alla perfezione.

Prendiamo la via dello struscio, il cardo, che corre lungo tutta la città da una porta all’altra.

Una fila infinita di colonne ancora in piedi testimonia quello che doveva essere la città, con tutti i suoi portici coperti, sia da una parte che dall’altra, con negozi, templi e chissà che altro.

Siamo di fretta, il sito in teoria è già chiuso perché abbiamo sforato coi tempi, per fortuna abbiamo Zu altrimenti ci avrebbero già cacciato.

Continuiamo a percorrere il cardo velocemente e ci fermiamo solo ad ammirare il magnifico ninfeo e la porta del tempio di Diana con il propileo dall’altra parte del cardo. Proprio lì accanto intravedo la cattedrale, la più vecchia chiesa bizantina della città. Come ultima tappa ci fermiamo in un ambiente esagonale con qualcosa al centro che somiglia a delle fontane. È il mercato della carne, il macello. Ai lati ci sono le botteghe dei macellai e su alcune pietre si intravede ancora qualche iscrizione che indicava il proprietario della bottega.

Terminiamo di percorrere il cardo nella grande piazza ovale, utilizzata solo come punto di incontro.

L’abbraccio delle colonne è unico: tutte quelle strutture ancora in piedi dopo tutti questi secoli, anche se sono sicuramente state rimesse una sopra l’altra, rende molto bene l’idea di che città meravigliosa e ricca doveva essere.

Per cercare di dare una continuità di lusso a questo meraviglioso luogo, un mese fa in questa stessa piazza si è tenuto un concerto di Andrea Bocelli. Costo minimo del biglietto 500 Jod, ovvero 600 euro. A saperlo...

Termina così la nostra visita, uscendo dal sito, passando sulla pista dell’ippodromo e infine dagli archi della porta di Adriano.


Nessun commento:

Posta un commento