Il
piano di volo questa volta non è il massimo, anzi... Purtroppo può
capitare. Invece di svegliarci alle tre di notte come negli ultimi
due viaggi, la partenza è fissata per le 19:45, quindi si farà
scalo ad Istanbul dove alle 02:00 si ripartirà per Amman.
Nella
capitale turca ritroviamo il capogruppo Pier, già condottiero del
Safari Australe Ovest, e il mitico fotomane Roberto con cui abbiamo
viaggiato in Perù e Bolivia. Con lui e il suo umorismo dovremmo
avere divertimento assicurato, nonché freddure per contrastare il
gran caldo del deserto. Il resto della ciurma a cui si sono aggiunti
due nuovi componenti all'ultimo minuto, non li conosco ancora. Quindi
saremo in 17. Dopo l’Islanda è il viaggio più numeroso che
facciamo.
Subito
dopo essere saliti a bordo sull'aereo per la Giordania si manifesta
un problema tecnico. Nonostante il sonno non riesco a dormire a causa
del caldo, anche l’aria condizionata non funziona. Il vero guaio
però è accanto a me: un tizio a dir poco invadente che pensa di
avere diritto ad occupare, oltre al suo, anche parte del mio spazio.
Il colmo lo raggiunge quando cerca ostinatamente di impossessarsi
della mia cintura di sicurezza tirandola insistentemente. La cinta,
già chiusa, risponde come può resistendogli e stringendomi sempre
di più al sedile. Quando cerco di spiegarglielo sembra stranito, poi
capisce che la sua era sotto il suo sedere e smette di garrotarmi
senza una parola di scusa.
Finalmente
dopo un'ora di riparazioni, il meccanico chiude il cofano dell'aereo
e partiamo. Di colpo anche l’aria condizionata riprende e si sfoga
congelandoci come pinguini.
Per
fortuna il viaggio durerà poco.
Verso
le quattro sto finalmente dormendo, ma un profumino mi richiama alla
luce e al freddo: si mangia! Come nel primo volo, dove avevamo cenato
alle 23:30 circa, si rimangia.
Esco
dalle braccia di Morfeo e divoro la frittatina con verdure e
contorno. Turkish Air promossa, almeno per quanto riguarda il
servizio che ci hanno riservato con il piatto vegetariano.
Tento
di rimettermi a dormire ma riesco solo a chiudere gli occhi senza
addormentarmi.
Atterriamo
e alle sei ci avviamo verso l’hotel dove scendiamo dai furgoni alle
7.
Le
camere non ci sono ovviamente, e alle 8:30 arriverà la guida per
portarci in giro, come se ci fossimo appena svegliati, pronti per una
giornata piena di visite turistiche...
Siamo
tutti sfiniti e così ci buttiamo nella hall, chi sui divani, chi per
terra. Io mi addormento per qualche minuto, ma poi arriva Zuhair, per
gli amici Zu, una guida giordana che parla un ottimo italiano. Ci
spiega subito che ha studiato architettura in Italia dove è vissuto
per 33 anni. Dopo di che è tornato in Terra Santa (anche la
Giordania lo è), ma senza resuscitare.
Come
delle perfette comparse della serie The walking dead, ci imbarchiamo
sul pullman e andiamo a visitare la cittadella di Amman, su una
collina non molto lontana dall’hotel.
Qui
si sono succedute tantissime civiltà a partire dall’età del ferro
fino ad oggi, passando dai nabatei, hamuniti, persiani, greci,
romani, mameluki e ottomani.
È
un sito abbastanza grande dove riusciamo a vedere i resti di un
grande tempio greco, il palazzo di un governatore ottomano e un
piccolo, ma ricchissimo, museo dove tra le altre cose ci sono le
statue antropomorfe più antiche del mondo. Trovate proprio qui,
risalgono ad un periodo tra il 4000 e l’8000 a.C., praticamente
hanno diecimila e cinquecento anni.
Tra
una spiegazione e l’altra Zu ci dice che la Giordania è stata
sempre terra di conquista di tutti, probabilmente perché la via
della seta la attraversava.
O
forse perché sono un popolo ospitale. Lo sono così tanto che su
dieci milioni di abitanti, più del 50% sono immigrati. Non saprei
dire se Salvini ci andrebbe a nozze, o gli verrebbe la bava alla
bocca.
Zu
ci spiega che conosce queste cifre perché suo fratello, poco fuori
Amman, gestisce il più grande campo profughi del mondo, dove ci
dovrebbero essere circa diecimila persone. I profughi arrivano
dall’Iraq, dalla Siria, dall'Iran, dall'Egitto, dallo Yemen e
chissà quali altri posti. La cosa che potrebbe sembrare strana è
che le persone che ci arrivano, non sono prigioniere: possono andare
e venire come gli pare e appena trovano lavoro levano letteralmente
le tende.
Usciti
dalla cittadella risaliamo sull’autobus per andare in un altro
sito.
Il
viaggio è lungo a causa del traffico infernale di Amman, così io e
Cassandra ci addormentiamo più volte lungo il tragitto.
Mi
accorgo appena di una manovra che dura circa dieci minuti per far
passare il pullman in uno stretto vicolo bloccato dalle auto
parcheggiate un po’ a cavolo. Manco fossimo a Roma. Zu ci dice che
siamo nel quartiere della tribù più testarda della Giordania.
Difatti solo dopo che tutte le possibili manovre del pullman sono
state fatte, i proprietari delle auto decidono di spostare il loro
veicolo per permetterci il passaggio.
Un’ora
e mezza più tardi siamo in una valle verdeggiante attraversata da un
fiume che da sempre rende questo territorio ricco di acqua. Manca
poco alla sosta ma veniamo svegliati da un colpo secco.
Dei
ragazzini che stavano ai lati della strada hanno tirato un sasso e
frantumato uno dei finestrini. Per fortuna c'era il doppio vetro...
Anche l'autista rimane sconcertato, ma come diceva Zu, in questa zona
c'è poco da fare, così riprendiamo il cammino senza andare a
cercare i responsabili.
Al
nuovo sito, che si chiama Iraq al Hemreif, troviamo un enorme
palazzo, ancora parzialmente in piedi, con alcune sculture di leoni
davvero molto belle. Nel sito non c’è nessuno, l’ingresso è
libero e così entriamo anche all’interno del palazzo, cosa che
probabilmente in Italia non avremmo potuto fare.
Anche
se spoglio, ha un fascino non indifferente, forse per i muri esterni
che hanno un aspetto molto solido, o forse perché si possono ancora
intuire gli ambienti del palazzo.
Giriamo
attorno alla struttura, davvero molto grande, e troviamo altri due
leoni, anche più belli e meglio conservati dei primi, quindi
ritorniamo in hotel. In un'ora e mezza mi addormento diverse volte,
il sonno ormai è ingestibile e mi basta socchiudere gli occhi un
attimo per ritrovarmi addormentato.
Prima
di giungere in hotel, dato che non abbiamo pranzato, ci facciamo
scaricare davanti ad un paninaro giordano. Tutti si sbizzarriscono,
chi col kebap, chi con i falafel. Io e Cassandra rimaniamo in
disparte, diffidenti del cibo troppo speziato.
Purtroppo
io non ho ancora la stessa integrità di Cassandra. Un passo alla
volta mi avvicino ai mangiatori di panini vegetariani e affamato come
un Triceratopo mi faccio convincere da poche semplici parole. Prendo
un panino con hummus e patatine.
Buono
e per niente pesante. Sarei potuto tornarci se non fosse che senza Zu
che ci faceva da interprete, non so cosa avrei trovato nel mio
panino.
Proseguiamo
a piedi, non siamo lontani, attraversando bancarelle disseminate
ovunque sui marciapiedi e sotto i portici. La città è un mercatino
unico senza soluzione di continuità di ogni genere di cose,
soprattutto usate.
Giunti
finalmente in albergo ci riposiamo un attimo e poi usciamo per
procacciarci il cibo appena sufficiente per una cena frugale. Anche
se è la prima sera proprio non abbiamo le energie per uscire.
Seguiamo la strada fino al vicino ninfeo, molto bello anche se
ricostruito. Purtroppo sembra non sia visitabile, lo possiamo vedere
solo da fuori.
Proprio
lì accanto scorgiamo dei banchi di frutta che si insinuano in un
vicolo affollatissimo. Ci giriamo attorno titubanti, poi ci buttiamo
dentro. Un mercato rionale di Napoli dove tutti i venditori urlano
non è molto diverso, sembra che cambi solo la lingua. Giriamo per
nulla intimoriti dalle facce arabe, che tra l'altro non ci
restituiscono alcuno sguardo stranito o sospettoso. Ora siamo così a
nostro agio che nonostante la stanchezza e il sonno, ci spingiamo in
ogni vicolo e strada con i banchetti esposti, quindi prendiamo la
nostra frutta e verdura e andiamo in pasticceria a prendere il pane
per domani e qualche pasticcino. Ottimi entrambi.
La
sera mangiamo in camera alle 19 e poco dopo stiamo finalmente
dormendo, chiudendo questa prima infinita giornata di viaggio.
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