giovedì 14 giugno 2018

Giorno 5 – Madaba scavi archeologici e chiesa san Giorgio - Monte Nebo - Chiesa bizantina san Procopio - chiesa san Giovanni decollato


Dopo una notte di riposo, accompagnata più volte dal canto del muezzin, ci svegliamo un po’ più tardi del solito. Oggi saremmo dovuti andare alle cascate, ma pare che l'acqua in questo periodo sia troppo calda e abbondante, per cui cambiamo itinerario. Usciamo a piedi e in pochi passi siamo dentro degli scavi dove un manipolo internazionale di archeologi sta lavorando su un gruppo di case del 1800 costruite su fondamenta bizantine, romane e su una grande chiesa bizantina con magnifici mosaici. Tra gli altri ci sono anche archeologi italiani che ci spiegano il loro intento di musealizzare la zona mostrando i vari strati.
È ancora un cantiere con muratori e operai, per cui siamo proprio in mezzo al trambusto, anche se la maggior parte di essi non ha molto da fare, forse a causa del ramadan. Stiamo quasi per andarcene quando arriva Franco, un altro archeologo italiano amico di Zu. È molto simpatico e aperto. In due minuti ci racconta come, con pochissimi spiccioli, recupera le strutture scavate consolidandole e formando la gente del luogo insegnando loro a restaurare i muri e perfino i mosaici. Dice che qui gli archeologi stranieri vengono, ma si fanno al massimo dieci giorni, poi scappano perché non hanno la possibilità di fare spettacolo e recuperare così montagne di soldi. Fondi che poi spenderebbero in minimissima parte per gli scavi. L’italiano è uno alla mano, anzi lavora proprio con le mani, in quasi totale assenza di attrezzi, cosa che, per esempio gli americani, non fanno: Franco racconta che certi personaggi se non hanno la particolare spatola speciale della determinata forma e misura non si azzardano a fare nulla.
Dopo qualche battuta lasciamo libero il nostro nuovo amico di usare le sue mani in cantiere e ci mettiamo a girare per gli scavi mentre la gente riprende a lavorare. Ecco perché stavano fermi, aspettavano solo che ci togliessimo dalle scatole.
Oltre le strutture della chiesa bizantina e delle case, c’è anche una parte di cardo romano. Chissà che bel museo ne uscirà una volta completato.
Torniamo alla chiesa ortodossa greca che sta accanto al nostro hotel, quella di san Giorgio. Qui per terra ci sono i resti di un grandissimo mosaico che rappresenta la Terra Santa, di cui fa parte ovviamente anche la Giordania.
Fuori di lì prendiamo il bus e ce ne andiamo al monte Nebo, dove Mosè arrivò e vide la Terra Santa, ma non ci poté entrare. Rimase a vivere i suoi ultimi giorni in una grotta, proprio sotto la destra del monte Nebo, dove con il tocco del suo bastone fece scaturire un fonte di acqua fresca.
Dal monte in lontananza si vedono i grattaceli di Amman a nord. A ovest invece, tra la foschia, che qui pare sia molto peggio del solito, si intravedono delle montagne e ai loro piedi la città di Jericho, quella che si dice sia la più vecchia del mondo coi suoi diecimila anni di storia.
Quindi la terra promessa. Roberto fa la sua battuta: ma poi la promessa l’hanno mantenuta?
Noi ridiamo, e di gusto anche, ma nessuno sa dare veramente una risposta.

Entriamo a vedere la chiesa in cui un gruppo di indiani sta celebrando messa, ma noi siamo turisti e veniamo subito attirati dai grandissimi e fantastici mosaici della grande chiesa bizantina che un tempo sorgeva qui assieme ad un monastero.
Scattiamo una miriade di foto, giusto per non farci scappare neanche una tessera di mosaico e torniamo al pullman.
Dopo pranzo il nostro potente mezzo si arrampica su una stradina sterrata fino alla cima di una collina. Entriamo dentro una semplice casa e troviamo un altro gigantesco mosaico che si stende su tutto il pavimento. Pare che qui vivesse una famiglia di beduini e che una sera, mentre una donna faceva pulizia per togliere la cenere del focolare, vide qualcosa: era un pezzo del grandissimo mosaico su cui sorgeva una chiesa bizantina. 
Era dedicata a san Procopio e ora la famiglia di quella signora è la custode di questo sito. Anche se sperduto, è uno dei più bei mosaici visti finora.

Torniamo a Madaba per una pausa, anche perché oggi è il primo giorno di ramadan e il nostro autista appare già piuttosto provato. Un paio d’ore più tardi siamo in strada verso la chiesa di san Giovanni decollato che, come spiego a Rita, non ha fatto il check-in e poi si è imbarcato, ma gli hanno tagliato la testa. Poi la gente si lamenta delle code in aeroporto...
La chiesa è costruita su altri resti e scendendo nei sotterranei si può vedere qualcosina, ma proprio qualcosina ina. Con questa dovrebbe essere già la terza chiesa cristiana che vediamo oggi. Considerando che non è una città grande come Amman, la cosa testimonia ancora meglio quanto in questa nazione non ci siano problemi di coesistenza tra le diverse religioni.
Dopo il giro nei sotterranei ci manca quello sulla cima. Dalle stalle alle stelle: saliamo in cima al campanile. Una lunga e intricata scalata tra cavi, travi d’acciaio, ripidissime scalette di legno e metallo, sperando che qualcuno non si metta a suonare le campane a cui passiamo rasenti. Arriviamo fino alla ringhiera che gira tutta attorno al campanile e da cui si gode una bellissima vista della città e delle terre che la circondano.
Mappata la zona con fotografie come solo google maps saprebbe fare, scendiamo.
Stasera abbiamo ospiti a cena e dobbiamo prepararci.

Nessun commento:

Posta un commento