martedì 19 giugno 2018

Giorno 10 – Petra - Wadi Rum

Oggi salutiamo Petra. La sera prima, mentre noi scorrazzavamo per la città, alcuni hanno voluto andare a vedere Petra by night. Il giudizio di Roberto è quello che mi è piaciuto più di tutti: “Una cagata pazzesca”. Effettivamente Zu ci aveva avvertito che se fatto dopo la visita di giorno a Petra, di sera non sarebbe più stata la stessa cosa. Meglio così, 17 dinari risparmiati.
Ora però ci aspetta un viaggetto fino al deserto dove passeremo la notte.
Prima di lasciare la città però abbiamo un piccolo inconveniente. Ad un incrocio un telone enorme ci blocca la strada. Un negozio lo ha steso coprendo le due intere carreggiate. Purtroppo il forte vento di stamane lo ha in parte strappato e col pullman è pericoloso passarci: il telo è legato anche ai pali di legno della luce... Se li tiriamo giù potremmo far saltare la corrente in mezza città, oltre che rischiare di rimanere fulminati.
Stiamo aspettando che qualcuno stacchi il telone quando il pullman inizia a gemere di dolore. Prima piano piano, poi la sua sofferenza si trasforma in un urlo lancinante che poco a poco si spegne in una fumata grigia.
La gran puzza di bruciato ci annuncia che si è rotta la cinghia.
Scendiamo a vedere cosa si può fare, l’autista prova la riparazione volante, ma non è così semplice. Come pensavo il pullman è andato.
Per fortuna siamo ancora a Petra, così Zu fa arrivare un altro mezzo e si riparte. Il viaggio non è lungo, in mattinata arriviamo alle porte del famoso deserto rosa, dove prendiamo solo uno zaino per la notte e saliamo sulle jeep. Inizia così l’esplorazione del Wadi Rum, il grande deserto dove Mosè, in fuga dall'Egitto, si è perso per 40 anni.
Bello, bellissimo, quasi magico.
Corriamo con le jeep sulla sabbia circondati da alte montagne colorate, ma più avanziamo e più mi sembra di essere da un’altra parte: invece di un deserto ho la sensazione di essere sul fondo di un oceano.
Le montagne infatti sono così colorate e hanno forme talmente strane, quasi a terrazze, che mi ricordano dei giganteschi coralli.
Ogni tanto compare qualche dromedario a farmi tornare nel deserto, ma se lo vedo da lontano c’è pericolo che lo scambi per un cavalluccio marino.
Ci inoltriamo sulla sabbia per un po’, di tanto in tanto vediamo gli accampamenti di tende che si appoggiano alle pareti delle montagne. Ce ne sono tanti, anche il nostro probabilmente è simile.
Dopo un’ora circa ci fermiamo all’ombra di una di queste grandi rocce e su due grandi tappeti pranziamo con dei panini e un'anguria per dessert.
Là, in mezzo al deserto, a ridosso della roccia, qualcuno si stende sui tappeti per un riposino veloce. Ora fa troppo caldo per muoversi e gli autisti, osservanti del ramadan, a quest’ora dormono.
Si chiacchiera e si ride un po’, quindi Zu ci porta a fare una passeggiata. Camminiamo per qualche minuto sulla sabbia in piano, poi iniziamo a salire. Come avevo sperimentato in Namibia, non è facile scalare una duna. Anche qui è lo stesso, solamente che alla Duna 45 erano le 6 di mattina e faceva freddo, qui fa caldo, molto.
Il posto è bello, ma per ora non vale lo sforzo. Per farci riposare Zu ci fa fare un po’ di tiro al bersaglio cercando di centrare un buco nel muro con dei sassi, poi continuiamo a salire finché arriviamo in un posto meraviglioso: una terrazza naturale da cui si ammira un gran bel pezzo di deserto.
Da togliere il fiato. I colori della sabbia sfumano dal grigio al bruno, al rosso, arancione e rosa. Le montagne frastagliate spuntano come isole selvagge.
So che Mosè ci si è perso per 40 anni e avrebbe preferito uscirne prima, però c'è da ammettere una cosa: il paesaggio che ha avuto a disposizione è spettacolarmente biblico.
Ipnotizzati come nabatei, stiamo il più possibile a fare foto, poi ritorniamo al campo dove gli autisti hanno finito la siesta.
L'ultima tappa del giorno è una piccola duna di sabbia dal colore così magico e magnetico che scalarla diventa un piacere.
La luce del pomeriggio inoltrato crea una strana atmosfera, molto bella e pacifica. La sabbia è così arancione e delicata che non si riesce a resistere dall’affondarvi le mani dentro.
Ci sediamo sul crinale ad osservare il panorama, in silenzio, ammirando questo spettacolo, provando a contare quante migliaia di anni ci sono volute per farlo.
Verso sera arriviamo al nostro campo tendato, circa un’ora prima del tramonto. Prendiamo possesso delle tende, quindi ci sediamo attorno ai resti di un falò, rilassandoci alla calma e pace del deserto fino all’ora di cena. Ci hanno preparato un piatto tipico, il pollo cotto sotto la sabbia.
Ovviamente noi vegetariani lo saltiamo, io mi butto sulle verdure, lei ritorna ad essere un personaggi de “Gli impossibili” e attinge alle nostre scorte personali.
Dopocena ci mettiamo ancora attorno al fuoco a chiacchierare e ridere, con gli occhi al cielo per cercare le stelle. Purtroppo la mezza luna e qualche nuvola ci impediscono di vederne tante, ma è comunque molto bello e rilassante.
Uno alla volta ce ne torniamo in tenda per dormire, solo uno rimane all’aperto, Michele il cassiere, che sfida il fresco del deserto.
In tenda però non fa freddo come temevo, anzi, fa quasi caldo. Si riesce a dormire benissimo, come testimonia Cassandra che russa beatamente alla mia destra, e il beduino nella grande tenda alla mia sinistra. Per lo meno loro hanno dormito bene.

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