giovedì 9 luglio 2015

Islanda - Sognando ad occhi aperti


Quando ero piccolo mia nonna, volendo profetizzare il futuro mio e di mia sorella, dipinse due quadri. Nel primo c'ero io in cui sarei diventato una specie di scienziato, tutto casa e lavoro, mentre nell'altro mia sorella veniva raffigurata come una giramondo, sempre in viaggio ad esplorare i più reconditi angoli del pianeta, e anche dello spazio.

Leggendo la sua sfera di cristallo ci ha preso, solo che l'ha letta al contrario. Nonna non è colpa tua, sfido chiunque a trovare il lato giusto in una sfera di cristallo!

Fu così che mia sorella, dopo un promettente inizio come interprete, divenne una splendida madre di famiglia, oltre che traduttrice.

Io invece, che già alle elementari guardavo con invidia il quadro di mia sorella, gettai alle ortiche la carriera di scienziato nonché di studioso. Sin da allora ho cercato di fare mia l'immagine dell'altro quadro, se non come viaggiatore, almeno come sognatore.

Quando ebbi finalmente la possibilità di iniziare a viaggiare, riuscii perfino ad elevare alla massima potenza la mia indole sognatrice, vivendo ad occhi aperti il miracolo e la bellezza di terre lontane, a volte così simili, ma anche così diverse, da quelle in cui trascorriamo la nostra vita.

L'Islanda in particolare sembra fatta su misura per sognare: un mondo a parte, alieno, fantastico, apocalittico, di rinascita, di resistenza, di desolazione e di meraviglie.

Al solo pensiero di quest'isola vulcanica inizio davvero a sognare ad occhi aperti.

Questa meta non rientra nella tipologia di viaggio che ho cercato di fare negli ultimi anni, è qualcosa di più selvaggio, più naturalistico, insomma, una destinazione che ha sempre solleticato le corde della mia sensibilità per la natura.

Non è un viaggio economico, anzi, avendo il braccino corto per me è un po' fuori budget, ma non ho saputo resistere. Con tutti i suoi vulcani, il freddo, e il clima bizzarro che potrebbe far vivere la sensazione delle quattro stagioni in un solo giorno, il sole di mezzanotte, i prezzi proibitivi per qualunque oggetto, alimento o divertimento, qualcuno potrebbe pensare: "ma chi te lo fa fare?"

È la stessa domanda che Cassandra mi fa ogni volta che torno da lei tutto stremato dalla corsa, indipendentemente dal fatto che abbia corso solo dieci chilometri, o perfino una maratona intera.

Cassandra però è a sua volta animata dallo stesso folle desiderio di visitare un'isola vicina al polo nord e che sta su il cosiddetto punto caldo, la vera porta dell'inferno: un canale di magma che dal centro della terra spinge la crosta in continuazione e ciclicamente genera eruzioni e disastri naturali quasi della portata di un livello di estinzione.

"Cassandra, a te chi te lo fa fare?"

Non fatele mai questa domanda o vi risponderà:

Questo è il Mio viaggio!”

Non importa se facciamo parte di un gruppo di diciotto persone, per lei siamo tutti parte del “suo” viaggio.

A me basta essere qui in Islanda. Con lei ovviamente.

Dormiremo in ostelli, scuole e dove capiterà di trovare posto.

Guideremo per 2900 chilometri su strade asfaltate, sterrate bene e meno bene, circondati da fiumi, laghi, montagne, ghiacciai e deserti.

Mangeremo quello che ci porteremo. Io e Cassandra essendo vegetariani abbiamo stipato nei nostri bagagli talmente tanta roba da mangiare, che non credo soffriremo la fame.

Ok, dovremo cucinare, in compenso vedremo l'Islanda.

Poca storia umana, ma molta di quella geologica.

Uno dei luoghi meno popolati del pianeta che dovrebbe aver conservato il fascino quasi incontaminato del nord.

Altro che Milano.

La terra del ghiaccio e del fuoco, dei geyser, dei vulcani, del sole a mezzanotte, della faglia visibile, quella americana e quella europea che si stanno staccando.

La terra di Erik il rosso, che dall'Islanda e' partito alla conquista della terra verde, Greenland, meglio conosciuta oggi come Groenlandia. Tra l'altro gli islandesi odierni parlano ancora il norreno, ovvero il vichingo di 1000 anni fa.

E le cascate? Dove le mettiamo le cascate? Questo è il paese dalle mille cascate (temo che non ce la farò mai a contarle tutte in due settimane). Pure i ghiacciai eh, ci sono anche quelli.

Ho sentito tanto parlare di questo paese, e finalmente stiamo per togliere il velo mitologico che lo ricopre.



Questa mattina sono partito da Milano, Cassandra da Roma.

la sveglia era fissata per le quattro del mattino.... Che levataccia eh? Non c'è problema, non c'è stata alcuna levataccia, solo una nottataccia completamente in bianco. La mia caotica mente quando mi devo alzare presto per un viaggio, o anche una maratona, è solita combinarmi questi scherzi. Invece di svuotarsi i pensieri l'anno ingolfata di mille inutili e ansie. Sara' che in questo periodo sto correndo poco e non riesco a scaricare la tensione, mah speriamo di riuscire a correre almeno un pochino in Islanda.

Atterriamo a FRANCOFORTE e ci mettiamo in attesa del resto del gruppo che arriva da Venezia, Bologna e Roma.

In breve arrivano tutti tranne i romani che si fanno attendere. Finalmente riabbraccio Cassandra, ma nemmeno il tempo di due chiacchiere e ci dobbiamo imbarcare. Sull'aereo questa volta sono ultimo, praticamente la prima porta accanto ai bagni in coda.

Contrariamente a quanto avevo capito il volo non è di un ora: per arrivare ce ne vorranno ben quattro. In ogni caso atterriamo alle 12:30 perché dobbiamo togliere due ore dal fuso orario.





Con un pulmino veniamo portati subito all'ostello, attraversando 50 rilassanti chilometri di paesaggi vulcanici spazzati dal vento e illuminati da un sole incredibilmente luminoso. Alla faccia delle previsioni che davano pioggia tutta settimana.



Reykjavik è si la capitale, ma conta solo 300.000 abitanti e non ha per niente le caratteristiche di una metropoli. A decine di chilometri la si vede quasi tutta e spicca in mezzo alle case basse, la forma della cattedrale che sembra un missile. In realtà non è poi così grande, solo una grossa chiesa.

Avvicinandoci ci accorgiamo che sembra sia una città costituita quasi esclusivamente da zone residenziali di periferia, prevalentemente case in stile nordico e in una strana lamiera. A volte coloratissime, anche in centro non è raro vedere dei giardini, angoli verdi e primaverili che ti fanno scordare di essere quasi al polo nord.

Dopo l'assegnazione delle camere, dodici persone nella prima e sei nell'altra, partiamo per esplorare la città.

Ci dirigiamo verso il centro e la troviamo piuttosto scarna a livello di traffico. Dopo un giro veloce per prendere confidenza localizziamo un ristorante per la cena, alla quale io e Cassandra non parteciperemo, e poi ci dirigiamo verso il museo nazionale.

Io e Cassandra però preferiamo visitare il museo Vichingo e salutiamo gli altri.

Entrambi i gruppi verranno delusi dalle visite: Il museo nazionale infatti chiude dopo mezz'ora e quindi quasi nessuno lo visiterà, mentre quello vichingo, aperto fino alle otto di sera, è veramente poca cosa. La mostra verte sulle fondamenta di una casa vichinga rinvenute nei pressi del porto. Tutto il resto sono cartelli e qualche luce ed ologramma che ricostruisce la vita dei vichinghi.

Ci sono anche dei libri antichi che narrano la storia dai primi abitanti dell'Isola.

Sarà il viaggio, sarà che non ho dormito, sarà la delusione per la carissima e scarna mostra, ma ho un improvviso cedimento.





Mi devo sedere per riprendermi dieci minuti mentre Cassandra finisce avidamente di cercare qualcosa di interessante nel museo, non trovandolo.

Usciamo e facendoci una passeggiata all'aria aperta mi riprendo un pochino, arriviamo fino al porto dove c'è il teatro moderno ed una serie curiosa di cartine dell'Islanda in cui dall'inizio del secolo ad oggi, per ogni decennio indica quante navi sono affondate sulle coste islandesi, indicandone anche i punti precisi.

Per cena io e Cassandra torniamo in ostello, voglio cucinarle qualcosa di buono per festeggiare l'inizio del viaggio.

Con sorpresa scopriamo che non ci sono ne fornelli ne pentole.

Per fortuna Cassandra fa la profetessa ed aveva previsto questa evenienza, così consumiamo le prime razioni di muscolo di grano. Non male come cena d'emergenza.

Dopo cena usciamo ancora, ormai mi sono ripreso completamente. In cielo il sole è sempre alto, sembrano le sei di pomeriggio ed invece sono le dieci.

Scorrazziamo per la via principale dei negozi e dei locali, sperando di vedere lo spettacolo dei ragazzi islandesi che ubriachi fino allo svenimento vengono caricati di peso dai tassisti. Sarà costui a scoprire dove portarli guardando sui documenti nel portafoglio. E' normale in Islanda che dopo aver scaricato l'ubriaco sullo zerbino di casa i tassisti prendano la carta di credito, la striscino e se ne vadano in cerca di qualche altro “cliente”.

Purtroppo non ne troviamo nessuno. Sarà anche sabato sera, ma è ancora troppo presto e io sento tornare il sonno in modo feroce.







Meteo & Guest house 1° giorno



Da quando ho rivelato di essere in partenza per l'Islanda, la prima osservazione che mi hanno fatto è stata: “Ma non fa freddo?”, la seconda, “Dove dormite?”, la terza “Cosa mangiate in Islanda?”

Ebbene, per sfatare questo mito di terra ghiacciata, Iceland significa terra di ghiaccio, ho pensato di aggiungere in appendice ad ogni giorno trascorso al 66° parallelo un piccolo meteo e una descrizione degli alloggi.



Il primo giorno a Reykjavik il tempo è spettacolare: quando usciamo dall'aeroporto il sole domina su tutta l'isola e la città, devo ammettere che non fa freddo, sembra di essere in primavera. Certo, rispetto al caldo che c'è in Italia in questo momento sentiamo molto la differenza. Per fortuna siamo partiti ben attrezzati.

La Guest house invece è un grande ostello in cui dormiamo in una stanza da sei e in una da dodici.

I bagni sono abbastanza per tutti, ma la cucina invece e' incredibilmente sprovvista di pentole e fornelli. Per fortuna sarà l'unica di tutto il viaggio ad avere questa lacuna.

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