Quando
ero piccolo mia nonna, volendo profetizzare il futuro mio e di mia
sorella, dipinse due quadri. Nel primo c'ero io in cui sarei
diventato una specie di scienziato, tutto casa e lavoro, mentre
nell'altro mia sorella veniva raffigurata come una giramondo, sempre
in viaggio ad esplorare i più reconditi angoli del pianeta, e anche
dello spazio.
Leggendo
la sua sfera di cristallo ci ha preso, solo che l'ha letta al
contrario. Nonna non è colpa tua, sfido chiunque a trovare il lato
giusto in una sfera di cristallo!
Fu
così che mia sorella, dopo un promettente inizio come interprete,
divenne una splendida madre di famiglia, oltre che traduttrice.
Io
invece, che già alle elementari guardavo con invidia il quadro di
mia sorella, gettai alle ortiche la carriera di scienziato nonché di
studioso. Sin da allora ho cercato di fare mia l'immagine dell'altro
quadro, se non come viaggiatore, almeno come sognatore.
Quando
ebbi finalmente la possibilità di iniziare a viaggiare, riuscii
perfino ad elevare alla massima potenza la mia indole sognatrice,
vivendo ad occhi aperti il miracolo e la bellezza di terre lontane, a
volte così simili, ma anche così diverse, da quelle in cui
trascorriamo la nostra vita.
L'Islanda
in particolare sembra fatta su misura per sognare: un mondo a parte,
alieno, fantastico, apocalittico, di rinascita, di resistenza, di
desolazione e di meraviglie.
Al
solo pensiero di quest'isola vulcanica inizio davvero a sognare ad
occhi aperti.
Questa
meta non rientra nella tipologia di viaggio che ho cercato di fare
negli ultimi anni, è qualcosa di più selvaggio, più naturalistico,
insomma, una destinazione che ha sempre solleticato le corde della
mia sensibilità per la natura.
Non
è un viaggio economico, anzi, avendo il braccino corto per me è un
po' fuori budget, ma non ho saputo resistere. Con tutti i suoi
vulcani, il freddo, e il clima bizzarro che potrebbe far vivere la
sensazione delle quattro stagioni in un solo giorno, il sole di
mezzanotte, i prezzi proibitivi per qualunque oggetto, alimento o
divertimento, qualcuno potrebbe pensare: "ma chi te lo fa fare?"
È
la stessa domanda che Cassandra mi fa ogni volta che torno da lei
tutto stremato dalla corsa, indipendentemente dal fatto che abbia
corso solo dieci chilometri, o perfino una maratona intera.
Cassandra
però è a sua volta animata dallo stesso folle desiderio di visitare
un'isola vicina al polo nord e che sta su il cosiddetto punto caldo,
la vera porta dell'inferno: un canale di magma che dal centro della
terra spinge la crosta in continuazione e ciclicamente genera
eruzioni e disastri naturali quasi della portata di un livello di
estinzione.
"Cassandra,
a te chi te lo fa fare?"
Non
fatele mai questa domanda o vi risponderà:
“Questo
è il Mio viaggio!”
Non
importa se facciamo parte di un gruppo di diciotto persone, per lei
siamo tutti parte del “suo” viaggio.
A
me basta essere qui in Islanda. Con lei ovviamente.
Dormiremo
in ostelli, scuole e dove capiterà di trovare posto.
Guideremo
per 2900 chilometri su strade asfaltate, sterrate bene e meno bene,
circondati da fiumi, laghi, montagne, ghiacciai e deserti.
Mangeremo
quello che ci porteremo. Io e Cassandra essendo vegetariani abbiamo
stipato nei nostri bagagli talmente tanta roba da mangiare, che non
credo soffriremo la fame.
Ok,
dovremo cucinare, in compenso vedremo l'Islanda.
Poca
storia umana, ma molta di quella geologica.
Uno
dei luoghi meno popolati del pianeta che dovrebbe aver conservato il
fascino quasi incontaminato del nord.
Altro
che Milano.
La
terra del ghiaccio e del fuoco, dei geyser, dei vulcani, del sole a
mezzanotte, della faglia visibile, quella americana e quella europea
che si stanno staccando.
La
terra di Erik il rosso, che dall'Islanda e' partito alla conquista
della terra verde, Greenland, meglio conosciuta oggi come
Groenlandia. Tra l'altro gli islandesi odierni parlano ancora il
norreno, ovvero il vichingo di 1000 anni fa.
E
le cascate? Dove le mettiamo le cascate? Questo è il paese dalle
mille cascate (temo che non ce la farò mai a contarle tutte in due
settimane). Pure i ghiacciai eh, ci sono anche quelli.
Ho
sentito tanto parlare di questo paese, e finalmente stiamo per
togliere il velo mitologico che lo ricopre.
Questa
mattina sono partito da Milano, Cassandra da Roma.
la
sveglia era fissata per le quattro del mattino.... Che levataccia eh?
Non c'è problema, non c'è stata alcuna levataccia, solo una
nottataccia completamente in bianco. La mia caotica mente quando mi
devo alzare presto per un viaggio, o anche una maratona, è solita
combinarmi questi scherzi. Invece di svuotarsi i pensieri l'anno
ingolfata di mille inutili e ansie. Sara' che in questo periodo sto
correndo poco e non riesco a scaricare la tensione, mah speriamo di
riuscire a correre almeno un pochino in Islanda.
Atterriamo
a FRANCOFORTE e ci mettiamo in attesa del resto del gruppo che arriva
da Venezia, Bologna e Roma.
In
breve arrivano tutti tranne i romani che si fanno attendere.
Finalmente riabbraccio Cassandra, ma nemmeno il tempo di due
chiacchiere e ci dobbiamo imbarcare. Sull'aereo questa volta sono
ultimo, praticamente la prima porta accanto ai bagni in coda.
Contrariamente
a quanto avevo capito il volo non è di un ora: per arrivare ce ne
vorranno ben quattro. In ogni caso atterriamo alle 12:30 perché
dobbiamo togliere due ore dal fuso orario.
Con
un pulmino veniamo portati subito all'ostello, attraversando 50
rilassanti chilometri di paesaggi vulcanici spazzati dal vento e
illuminati da un sole incredibilmente luminoso. Alla faccia delle
previsioni che davano pioggia tutta settimana.
Reykjavik
è si la capitale, ma conta solo 300.000 abitanti e non ha per niente
le caratteristiche di una metropoli. A decine di chilometri la si
vede quasi tutta e spicca in mezzo alle case basse, la forma della
cattedrale che sembra un missile. In realtà non è poi così grande,
solo una grossa chiesa.
Avvicinandoci
ci accorgiamo che sembra sia una città costituita quasi
esclusivamente da zone residenziali di periferia, prevalentemente
case in stile nordico e in una strana lamiera. A volte coloratissime,
anche in centro non è raro vedere dei giardini, angoli verdi e
primaverili che ti fanno scordare di essere quasi al polo nord.
Dopo
l'assegnazione delle camere, dodici persone nella prima e sei
nell'altra, partiamo per esplorare la città.
Ci
dirigiamo verso il centro e la troviamo piuttosto scarna a livello di
traffico. Dopo un giro veloce per prendere confidenza localizziamo un
ristorante per la cena, alla quale io e Cassandra non parteciperemo,
e poi ci dirigiamo verso il museo nazionale.
Io
e Cassandra però preferiamo visitare il museo Vichingo e salutiamo
gli altri.
Entrambi
i gruppi verranno delusi dalle visite: Il museo nazionale infatti
chiude dopo mezz'ora e quindi quasi nessuno lo visiterà, mentre
quello vichingo, aperto fino alle otto di sera, è veramente poca
cosa. La mostra verte sulle fondamenta di una casa vichinga rinvenute
nei pressi del porto. Tutto il resto sono cartelli e qualche luce ed
ologramma che ricostruisce la vita dei vichinghi.
Ci
sono anche dei libri antichi che narrano la storia dai primi abitanti
dell'Isola.
Sarà
il viaggio, sarà che non ho dormito, sarà la delusione per la
carissima e scarna mostra, ma ho un improvviso cedimento.
Mi
devo sedere per riprendermi dieci minuti mentre Cassandra finisce
avidamente di cercare qualcosa di interessante nel museo, non
trovandolo.
Usciamo
e facendoci una passeggiata all'aria aperta mi riprendo un pochino,
arriviamo fino al porto dove c'è il teatro moderno ed una serie
curiosa di cartine dell'Islanda in cui dall'inizio del secolo ad
oggi, per ogni decennio indica quante navi sono affondate sulle coste
islandesi, indicandone anche i punti precisi.
Per
cena io e Cassandra torniamo in ostello, voglio cucinarle qualcosa di
buono per festeggiare l'inizio del viaggio.
Con
sorpresa scopriamo che non ci sono ne fornelli ne pentole.
Per
fortuna Cassandra fa la profetessa ed aveva previsto questa
evenienza, così consumiamo le prime razioni di muscolo di grano. Non
male come cena d'emergenza.
Dopo
cena usciamo ancora, ormai mi sono ripreso completamente. In cielo il
sole è sempre alto, sembrano le sei di pomeriggio ed invece sono le
dieci.
Scorrazziamo
per la via principale dei negozi e dei locali, sperando di vedere lo
spettacolo dei ragazzi islandesi che ubriachi fino allo svenimento
vengono caricati di peso dai tassisti. Sarà costui a scoprire dove
portarli guardando sui documenti nel portafoglio. E' normale in
Islanda che dopo aver scaricato l'ubriaco sullo zerbino di casa i
tassisti prendano la carta di credito, la striscino e se ne vadano in
cerca di qualche altro “cliente”.
Purtroppo
non ne troviamo nessuno. Sarà anche sabato sera, ma è ancora troppo
presto e io sento tornare il sonno in modo feroce.
Meteo
& Guest house 1° giorno
Da
quando ho rivelato di essere in partenza per l'Islanda, la prima
osservazione che mi hanno fatto è stata: “Ma non fa freddo?”, la
seconda, “Dove dormite?”, la terza “Cosa mangiate in Islanda?”
Ebbene,
per sfatare questo mito di terra ghiacciata, Iceland significa terra
di ghiaccio, ho pensato di aggiungere in appendice ad ogni giorno
trascorso al 66° parallelo un piccolo meteo e una descrizione degli
alloggi.
Il
primo giorno a Reykjavik il tempo è spettacolare: quando usciamo
dall'aeroporto il sole domina su tutta l'isola e la città, devo
ammettere che non fa freddo, sembra di essere in primavera. Certo,
rispetto al caldo che c'è in Italia in questo momento sentiamo molto
la differenza. Per fortuna siamo partiti ben attrezzati.
La
Guest house invece è un grande ostello in cui dormiamo in una stanza
da sei e in una da dodici.
I
bagni sono abbastanza per tutti, ma la cucina invece e'
incredibilmente sprovvista di pentole e fornelli. Per fortuna sarà
l'unica di tutto il viaggio ad avere questa lacuna.
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