lunedì 13 luglio 2015

Akureyri - Godafoss - Husavik - Asbyrgi – Raufarhos - 5° giorno


Mi alzo ancora stanco e fiacco, ma un pochino meglio di ieri. Oggi fa più freddo e per essere sicuro di non peggiorare la mia condizione mi vesto più pesante.

La prima tappa di questa intensa giornata è Godafoss, o meglio conosciuta come cascata degli dei. Venne chiamata così quando intorno all'anno mille il parlamento islandese decise che in Islanda dovevano convertirsi al cristianesimo. Per rendere concreta questa sua decisione vennero raccolte tutte le statue dei vecchi dei e le gettarono in questa cascata.

Scendo un po' titubante dal minivan, sperando di non perdere energie subito. Ad ogni passo che faccio invece mi sento meglio, il cocktail farmaceutico che la dottoressa Anna mi ha somministrato sembra aver fatto il suo effetto.





La cascata è molto bella anche se decisamente affollata, me l'aspettavo più alta, ma è effettivamente molto grande. La fotografiamo da tutte le possibili angolazioni e poi riprendiamo la strada per Husavik, la capitale islandese delle balene. Qui c'è il museo delle balene, ma io e Cassandra non ci andiamo. Sapendo che gli islandesi praticano ancora dichiaratamente la caccia alle balene, come Norvegia e Giappone, non ci va di condividere la loro filosofia. Anche se si tratta solo di un museo mi darebbe la sensazione di accettare la pratica della caccia, accettare la loro cultura. No, mi dispiace ma io non l'accetto.

All'uscita dal museo gli altri ci raccontano che l'esposizione è incentrata principalmente sulle balene, sulla caccia c'è solo una piccola sala. Mi viene da dire solo: bene ma non benissimo.

La cittadina è piccola, ma leggermente più carina e viva rispetto alla media islandese. C'è un bella chiesetta di legno, molto colorata, che trasmette molto calore, si intuisce facilmente che possa essere usata, oltre che per la messa, anche per riunire i cittadini in svariate occasioni.

Da Husavik partono moltissime imbarcazioni per l'avvistamento delle balene, c'è perfino un vecchio veliero, ma non oso pensare per cosa fosse utilizzato al momento della sua costruzione.

Al porto trovo un baracchino che vende hot dog, normali, ma anche vegetariani e vegani. Non resisto e ne prendo uno. Molto buono, ma Cassandra mi trita perché mi ha fatto venire un alitone... Va be, ci ho provato.

Ovviamente lo spuntino non era abbastanza per placare la mia fame, così ci buttiamo su un tavolino e consumiamo il mio arrosto di muscolo di grano. Ne abbiamo portate diverse razioni, Cassandra, da brava profetessa dell'ordine delle Trite Cariatidi, aveva previsto questa necessità e devo dire che una volta tanto le sue previsioni si sono rivelate azzeccate. Brava Cassandra, vedi che quando ti applichi e non triti le tue profezie sono buone e positive?

Dopo l'ottimo pranzo riprendiamo l'esplorazione in direzione Asbyrgi, una valle a forma di ferro di cavallo. Secondo il mito è stata creata da Slipnir, il cavallo ad otto zampe di Odino, che avrebbe accidentalmente messo uno zoccolo sulla terra, dando così forma alla valle. Secondo i geologi invece un'imponente eruzione, travolgendo qualunque cosa sul suo cammino, avrebbe provocato l'erosione della valle in soli te giorni. Alla faccia delle normali valli che ci mettono milioni di anni per farlo.



Non ci fermiamo alla valle, una guida ci consiglia di scendere verso il fiume e fare un po' di trekking. Dopo circa quarantacinque minuti di sterrato arriviamo al parcheggio. Anche se ho le gambe un pochino traballanti mi butto sul sentiero, sperando di togliere loro l'incertezza del convalescente. 
 

Il sentiero ci porta su un circuito ricchissimo di formazioni vulcanica dette canne d'organo. Alcune sono davvero spettacolari e uniche. Sembrano opere d'arte studiate ed ispirate, ma in realtà sono eruzioni che si sono solidificate velocemente per l'intenso freddo. A ben pensarci un artista c'è davvero: è il vulcano.

A sera ci dirigiamo a Raufarhos, la città più a nord dell'Islanda. Sembra anche una delle città più silenziose e quieti, per non dire di peggio, incontrate finora. Ci sarebbero da visitare il faro arancione e il sito in cui si vede il tramonto di mezzanotte attraverso una serie di strutture allineate, ma il cielo plumbeo è talmente fitto di nuvole che non si vede nemmeno un raggio di sole.

Inoltre ho una casa da mandare avanti: assieme alle donne del gruppo preparo la cena: pasta al pomodoro, peperoncino e basilico per sei/sette persone e risotto ai carciofi per le altre dodici. Il tutto condito con un ottima insalatona ricca di ogni ben di dio vegetariano.

Non è semplice coordinare l'esercito di aspiranti cuochi, ma alla fine ci riusciamo. Solo dopo cena, ottima tra l'altro, scoppia il primo litigio.

Tu non fai niente, io faccio tutto”. Le solite cose. Insomma, in diciotto persone doveva pur capitare prima o poi... Spero di non essere mai coinvolto In alterchi simili, altrimenti non so proprio come reagirei...



Meteo e Guest house



Il quinto giorno il tempo è sempre freddo e coperto, molto più islandese rispetto ai primi giorni. Diciamo che la temperatura è attorno ai 9/10 gradi.

La casa a Raufarhorn, che da fuori sembra un container, all'interno sembra la brutta copia di quella della famiglia Bradford.


All'esterno c'è perfino una vecchia cadillac che Alessandra e Domenico tentano di rubare. Per fortuna il nostro Starsky Alesssio li ha fermati prima che potessero mettere in moto.

Anche qui le camere sono di diverse misure. Nuovamente privilegiati siamo io e Cassandra, a cui viene assegnata la doppia. Non credo ci ricapiterà un'altra volta, altrimenti potremmo essere i prossimi bersagli delle lamentele di qualcuno.

La cucina grande ci permette di organizzarci in ben tre portate: lavoriamo tutti, sempre sotto l'occhio attento di Arianna.

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