Mi
alzo ancora stanco e fiacco, ma un pochino meglio di ieri. Oggi fa
più freddo e per essere sicuro di non peggiorare la mia condizione
mi vesto più pesante.
La
prima tappa di questa intensa giornata è Godafoss, o meglio
conosciuta come cascata degli dei. Venne chiamata così quando
intorno all'anno mille il parlamento islandese decise che in Islanda
dovevano convertirsi al cristianesimo. Per rendere concreta questa
sua decisione vennero raccolte tutte le statue dei vecchi dei e le
gettarono in questa cascata.
Scendo
un po' titubante dal minivan, sperando di non perdere energie subito.
Ad ogni passo che faccio invece mi sento meglio, il cocktail
farmaceutico che la dottoressa Anna mi ha somministrato sembra aver
fatto il suo effetto.
La
cascata è molto bella anche se decisamente affollata, me l'aspettavo
più alta, ma è effettivamente molto grande. La fotografiamo da
tutte le possibili angolazioni e poi riprendiamo la strada per
Husavik, la capitale islandese delle balene. Qui c'è il museo delle
balene, ma io e Cassandra non ci andiamo. Sapendo che gli islandesi
praticano ancora dichiaratamente la caccia alle balene, come Norvegia
e Giappone, non ci va di condividere la loro filosofia. Anche se si
tratta solo di un museo mi darebbe la sensazione di accettare la
pratica della caccia, accettare la loro cultura. No, mi dispiace ma
io non l'accetto.
All'uscita
dal museo gli altri ci raccontano che l'esposizione è incentrata
principalmente sulle balene, sulla caccia c'è solo una piccola sala.
Mi viene da dire solo: bene ma non benissimo.
La
cittadina è piccola, ma leggermente più carina e viva rispetto alla
media islandese. C'è un bella chiesetta di legno, molto colorata,
che trasmette molto calore, si intuisce facilmente che possa essere
usata, oltre che per la messa, anche per riunire i cittadini in
svariate occasioni.
Da
Husavik partono moltissime imbarcazioni per l'avvistamento delle
balene, c'è perfino un vecchio veliero, ma non oso pensare per cosa
fosse utilizzato al momento della sua costruzione.
Al
porto trovo un baracchino che vende hot dog, normali, ma anche
vegetariani e vegani. Non resisto e ne prendo uno. Molto buono, ma
Cassandra mi trita perché mi ha fatto venire un alitone... Va be, ci
ho provato.
Ovviamente
lo spuntino non era abbastanza per placare la mia fame, così ci
buttiamo su un tavolino e consumiamo il mio arrosto di muscolo di
grano. Ne abbiamo portate diverse razioni, Cassandra, da brava
profetessa dell'ordine delle Trite Cariatidi, aveva previsto questa
necessità e devo dire che una volta tanto le sue previsioni si sono
rivelate azzeccate. Brava Cassandra, vedi che quando ti applichi e
non triti le tue profezie sono buone e positive?
Dopo
l'ottimo pranzo riprendiamo l'esplorazione in direzione Asbyrgi, una
valle a forma di ferro di cavallo. Secondo il mito è stata creata da
Slipnir, il cavallo ad otto zampe di Odino, che avrebbe
accidentalmente messo uno zoccolo sulla terra, dando così forma alla
valle. Secondo i geologi invece un'imponente eruzione, travolgendo
qualunque cosa sul suo cammino, avrebbe provocato l'erosione della
valle in soli te giorni. Alla faccia delle normali valli che ci
mettono milioni di anni per farlo.
Non
ci fermiamo alla valle, una guida ci consiglia di scendere verso il
fiume e fare un po' di trekking. Dopo circa quarantacinque minuti di
sterrato arriviamo al parcheggio. Anche se ho le gambe un pochino
traballanti mi butto sul sentiero, sperando di togliere loro
l'incertezza del convalescente.
Il
sentiero ci porta su un circuito ricchissimo di formazioni vulcanica
dette canne d'organo. Alcune sono davvero spettacolari e uniche.
Sembrano opere d'arte studiate ed ispirate, ma in realtà sono
eruzioni che si sono solidificate velocemente per l'intenso freddo. A
ben pensarci un artista c'è davvero: è il vulcano.
A
sera ci dirigiamo a Raufarhos, la città più a nord dell'Islanda.
Sembra anche una delle città più silenziose e quieti, per non dire
di peggio, incontrate finora. Ci sarebbero da visitare il faro
arancione e il sito in cui si vede il tramonto di mezzanotte
attraverso una serie di strutture allineate, ma il cielo plumbeo è
talmente fitto di nuvole che non si vede nemmeno un raggio di sole.
Inoltre
ho una casa da mandare avanti: assieme alle donne del gruppo preparo
la cena: pasta al pomodoro, peperoncino e basilico per sei/sette
persone e risotto ai carciofi per le altre dodici. Il tutto condito
con un ottima insalatona ricca di ogni ben di dio vegetariano.
Non
è semplice coordinare l'esercito di aspiranti cuochi, ma alla fine
ci riusciamo. Solo dopo cena, ottima tra l'altro, scoppia il primo
litigio.
“Tu
non fai niente, io faccio tutto”. Le solite cose. Insomma, in
diciotto persone doveva pur capitare prima o poi... Spero di non
essere mai coinvolto In alterchi simili, altrimenti non so proprio
come reagirei...
Meteo
e Guest house
Il
quinto giorno il tempo è sempre freddo e coperto, molto più
islandese rispetto ai primi giorni. Diciamo che la temperatura è
attorno ai 9/10 gradi.
La
casa a Raufarhorn, che da fuori sembra un container, all'interno
sembra la brutta copia di quella della famiglia Bradford.
All'esterno
c'è perfino una vecchia cadillac che Alessandra e Domenico tentano
di rubare. Per fortuna il nostro Starsky Alesssio li ha fermati prima
che potessero mettere in moto.
Anche
qui le camere sono di diverse misure. Nuovamente privilegiati siamo
io e Cassandra, a cui viene assegnata la doppia. Non credo ci
ricapiterà un'altra volta, altrimenti potremmo essere i prossimi
bersagli delle lamentele di qualcuno.
La
cucina grande ci permette di organizzarci in ben tre portate:
lavoriamo tutti, sempre sotto l'occhio attento di Arianna.
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