La
sveglia nella casetta del bosco arriva presto, per fortuna. Il divano
è troppo scomodo per due, almeno per me. Cassandra ha dormito grazie
alla sua magia di tramutarsi in sasso appena si corica.
La
destinazione di oggi è il Landmannalauger, le montagne colorate.
Partiamo
presto per evitare inconvenienti, ma subito sbagliamo strada. Già da
qui si poteva intuire che la giornata non prometteva bene, nonostante
il sole abbagliante.
Dopo
un conciliabolo tra i vari navigatori su quale sia la strada giusta
da prendere, ogni cartina indica un numero diverso, sono costretto a
riesumare il navigatore garmin di Lorenzo, che mi avevano fatto
prepensionare troppo presto.
Ripartiamo
e dopo nemmeno un ora di strada giungiamo all'hotel, che poi non è
l'hotel. È solo l'ultimo distributore nel raggio di 250 chilometri.
Ci indicano una strada e troviamo la struttura a soli due chilometri
e mezzo nel nulla del deserto islandese.
Alla
nuova reception però ci avvisano che, oltre a non avere le camere
pronte, le camere non le avremo nemmeno quando saranno pronte. Non
c'è la prenotazione, probabilmente abbiamo sbagliato hotel.
Torniamo
al distributore a farci ridare indicazioni. Ci rimandano da dove
siamo venuti. Riprendiamo i negoziati e con un po' di fatica viene
trovata la prenotazione. I nostri alloggi sono in una struttura bassa
e brutta infondo alla strada chiusa. La chiamano Hellhouse.
Oddio,
non
so cosa voglia dire Hellhouse in islandese, ma se il significato è
simile all'inglese, casa dell'inferno, siamo fritti.
La
casa è un agglomerato di minuscole stanze doppie con una grande
cucina e servizi. Dentro non è poi così male, peccato che siamo
condannati a passarci la giornata senza poter fare nulla.
La
strada per il Landmannalaugher infatti è chiusa per impraticabilità.
Gli unici mezzi che sono abilitati a transitare sulle piste sterrate
in quella zona sono dei monster truck. Per rendere l'idea delle
proporzioni vi basti sapere che una ruota di questi mostri meccanici
è alta come la mia personcina, quindi più di Cassandra. I padroni
dei mostri ci offrono un passaggio per la modica cifra di 200 €uri
a persona.
Decliniamo
gentilmente l'invito con il gesto dell'ombrello.
Demoralizzati
dalla prospettiva, una parte del gruppo propone di andare subito a
Reykjavik, ma poi scopriamo che ci perderemmo i soldi dell'alloggio.
Rimaniamo decidendo di provare ad esplorare i dintorni del luogo.
Con
la macchina ci rechiamo fin dove la strada è chiusa dalle catene,
poi proseguiamo a piedi lungo un torrente, scoprendo una bella
cascata nascosta e salendo sopra una diga. Il vento è fortissimo e
toglie quel poco di calore che un sole accecante cerca di
trasmetterci. In cielo non c'è una nuvola e l'azzurro si riflette
nel verde dei laghi artificiali, creando un contrasto con il grigio
del deserto di cenere e sassi.
Cerchiamo
di resistere come dei mulini a vento, ma veniamo ben presto fiaccati
dall'aria fredda e così torniamo alla Hellhouse, stasera si comincia
presto a cucinare.
Meteo
& Guest house
La
HellHouse, dopo tutto non era malissimo. Tutti hanno avuto una camera
doppia. Anche se piccola era comunque una comodità non da poco in un
viaggio così.
A
cena oltre al solito menu collaudato c'è stata l'occasione, che le
cuoche aspettavano tanto: cucinare il cavolfiore.
Erano
giorni che guardavamo con timore e sospetto quella testa di cavolo
diavolo, convinti che avrebbe riempito la casa di strani odori. Alla
fine ce lo siamo mangiato tutto, chi più e chi meno.
Il
vero problema della HellHouse invece è stata la mancanza anche qui
del WiFi. Per avere una connessione ci si doveva spostare di poche
decine di metri, all'esterno. Con quel vento fortissimo e gelido
l'unica soluzione è stata quella di prendere il furgone, pieno di
gente e spostarlo quel tanto che bastava per potercisi collegare.
Un'altra pietosa azione per poter ricevere il collegamento con
internet.
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