martedì 21 luglio 2015

Hella – Lago Ljotipollur – Hrauneyar - 13° giorno


La sveglia nella casetta del bosco arriva presto, per fortuna. Il divano è troppo scomodo per due, almeno per me. Cassandra ha dormito grazie alla sua magia di tramutarsi in sasso appena si corica.

La destinazione di oggi è il Landmannalauger, le montagne colorate.

Partiamo presto per evitare inconvenienti, ma subito sbagliamo strada. Già da qui si poteva intuire che la giornata non prometteva bene, nonostante il sole abbagliante.

Dopo un conciliabolo tra i vari navigatori su quale sia la strada giusta da prendere, ogni cartina indica un numero diverso, sono costretto a riesumare il navigatore garmin di Lorenzo, che mi avevano fatto prepensionare troppo presto.

Ripartiamo e dopo nemmeno un ora di strada giungiamo all'hotel, che poi non è l'hotel. È solo l'ultimo distributore nel raggio di 250 chilometri. Ci indicano una strada e troviamo la struttura a soli due chilometri e mezzo nel nulla del deserto islandese.

Alla nuova reception però ci avvisano che, oltre a non avere le camere pronte, le camere non le avremo nemmeno quando saranno pronte. Non c'è la prenotazione, probabilmente abbiamo sbagliato hotel.

Torniamo al distributore a farci ridare indicazioni. Ci rimandano da dove siamo venuti. Riprendiamo i negoziati e con un po' di fatica viene trovata la prenotazione. I nostri alloggi sono in una struttura bassa e brutta infondo alla strada chiusa. La chiamano Hellhouse.

Oddio, non so cosa voglia dire Hellhouse in islandese, ma se il significato è simile all'inglese, casa dell'inferno, siamo fritti.

La casa è un agglomerato di minuscole stanze doppie con una grande cucina e servizi. Dentro non è poi così male, peccato che siamo condannati a passarci la giornata senza poter fare nulla.

La strada per il Landmannalaugher infatti è chiusa per impraticabilità. Gli unici mezzi che sono abilitati a transitare sulle piste sterrate in quella zona sono dei monster truck. Per rendere l'idea delle proporzioni vi basti sapere che una ruota di questi mostri meccanici è alta come la mia personcina, quindi più di Cassandra. I padroni dei mostri ci offrono un passaggio per la modica cifra di 200 €uri a persona.

Decliniamo gentilmente l'invito con il gesto dell'ombrello.

Demoralizzati dalla prospettiva, una parte del gruppo propone di andare subito a Reykjavik, ma poi scopriamo che ci perderemmo i soldi dell'alloggio. Rimaniamo decidendo di provare ad esplorare i dintorni del luogo.





Con la macchina ci rechiamo fin dove la strada è chiusa dalle catene, poi proseguiamo a piedi lungo un torrente, scoprendo una bella cascata nascosta e salendo sopra una diga. Il vento è fortissimo e toglie quel poco di calore che un sole accecante cerca di trasmetterci. In cielo non c'è una nuvola e l'azzurro si riflette nel verde dei laghi artificiali, creando un contrasto con il grigio del deserto di cenere e sassi.

Cerchiamo di resistere come dei mulini a vento, ma veniamo ben presto fiaccati dall'aria fredda e così torniamo alla Hellhouse, stasera si comincia presto a cucinare.

Meteo & Guest house

La HellHouse, dopo tutto non era malissimo. Tutti hanno avuto una camera doppia. Anche se piccola era comunque una comodità non da poco in un viaggio così.

A cena oltre al solito menu collaudato c'è stata l'occasione, che le cuoche aspettavano tanto: cucinare il cavolfiore.

Erano giorni che guardavamo con timore e sospetto quella testa di cavolo diavolo, convinti che avrebbe riempito la casa di strani odori. Alla fine ce lo siamo mangiato tutto, chi più e chi meno.

Il vero problema della HellHouse invece è stata la mancanza anche qui del WiFi. Per avere una connessione ci si doveva spostare di poche decine di metri, all'esterno. Con quel vento fortissimo e gelido l'unica soluzione è stata quella di prendere il furgone, pieno di gente e spostarlo quel tanto che bastava per potercisi collegare. Un'altra pietosa azione per poter ricevere il collegamento con internet.

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