venerdì 17 luglio 2015

Modrudalur - Hofn – Mjofiordur - 9° giorno

Mattinata fredda, molto fredda. Finalmente lasciamo il camping loculo e i suoi incubi notturni.
Direzione fiordi orientali, attraverso una terra di nessuno che oggi sembra ancora più inospitale grazie alle nuvole basse che si confondono con la nebbia.

Ad interrompere il transito ci imbattiamo in un micro paese formato da qualche casa di torba, un distributore di torba, un caffè di torba e una micro chiesa.
Dopo un veloce e pessimo caffè, in Islanda un caffè decente è una rarità, riguadagniamo la strada per i fiordi orientali. Il paesaggio cambia sensibilmente: le vallate sembrano allargarsi poco alla volta acquistando le fattezze dei canyon. Anche le montagne in certi punti appaiono più alte e talvolta verdi. In alcuni tratti mi ricordano le coste delle Hawai, solo che qui fa un freddo tremendo, nonostante oggi sia il 21 Giugno, il primo giorno d'estate.
La tappa di destinazione sarebbe Borgafjordur, ma dopo un velocissimo giro in cui non troviamo nulla degno di visita, proseguiamo fino alla fine della strada: ad Hofn.


E' un piccolo porticciolo molto pittoresco. Sugli scogli che lo sormontano vive una colonia di Puffin, la pulcinelle di mare, animale simbolo dell'Islanda. Ci sono moltissimi pulcinella che si fanno gli affari loro e noi le possiamo osservare veramente da vicino, a volte arrivando anche solo ad un paio di metri di distanza.
I pulcinella, animale simbolo dell'Islanda, sono coloratissimi e buffi uccelli che sembrano un incrocio tra un pinguino ed un tucano.


Affascinati dalla tenerezza e dai colori di questi simpatici pennuti, sfidiamo l'intenso freddo finché non sentiamo più le mani, quindi, dopo aver fatto loro almeno un centinaio di fotografie, forse anche 150, riprendiamo il viaggio. Destinazione finale Mjofjordur. La strada per quello che è il più bel fiordo d'Islanda si preannuncia come 70 chilometri di sterrato, molti dei quali in salita. La carreggiata si arrampica ripidamente verso il passo che porta dall'altra parte della valle, al fiordo. Il fondo non è dei migliori, ma poco alla volta saliamo dove la neve è ancora molto alta: ai lati delle strade ci sono punti in cui si superano i due metri d'altezza. In cima al passo c'è anche un lago semi ghiacciato e le nuvole basse coprono le vette delle montagne come un tetto di neve.


Siamo sospesi in questo passaggio quasi fosse un passo, oltre che per la valle sottostante, anche per una valle immaginaria sopra le nostre teste. L'unica nota di colore in tutto questo abbagliante candore è l'azzurro verde del lago e la strada sterrata.
La discesa è ancora più emozionante: completamente affogati nella nebbia delle nuvole scendiamo lentamente sulla strada che arriva a toccare il 18% di pendenza. In alcuni punti dobbiamo procedere a passo d'uomo perché le curve sembrano finire nel vuoto. Quando accade, Atanasio rallenta fino a fermarsi, innesta la prima e, con una calma olimpica, scendiamo lo sterrato che somiglia sempre più ad una scarpata. In questi momenti il silenzio che si impossessa del furgone è tale da fare invidia ad un convento di frati cistercensi che hanno fatto voto di silenzio.


In discesa l'unico rumore che si sente è il grido del freno motore che chiede pietà al suo carnefice, ma Atanasio non si fa impietosire dai lamenti meccanici e continua fino a portare il minivan a pendenze più consone alla nostra tolleranza sbucando finalmente dal tetto di nuvole nel fiordo. Subito all'inizio veniamo accolti da una serie di cascate meravigliose che adornano tutto il costone. Uno spettacolo.
Guardando verso il mare non si vede il fondo del fiordo, il tetto di nuvole è sceso a coprire l'orizzonte, quasi ad indicarci che la strada da seguire non è finita. Oltre al verde del fiordo spicca solo una casina con il tetto rosso. La raggiungiamo e andiamo avanti su una stradina, sempre sterrata, sulla parte sinistra del fiordo, quasi a livello del mare.
Pace assoluta.
Forse un po' troppa.
Procedendo sempre sullo sterrato per altri tredici chilometri giungiamo finalmente a destinazione: il paese più piccolo d'Islanda.
Qui dormiremo in una scuola che è perfettamente attrezzata di camere, cucina e servizi, ma soprattutto di una cosa che non vedevamo da quando abbiamo lasciato casa: un ampio divano e qualche poltrona.
La crisi d'astinenza da divano non si era ancora manifestata, ma l'apparizione per alcuni di noi è stata come trovare la pentola d'oro in fondo all'arcobaleno. Chi era libero dagli obblighi di cucina si è immediatamente trasformato in un esemplare di uomo divano, adagiandovisi per non rialzarsi, se non in caso di estremo bisogno: cibo e bagno.
Gli altri, mentre lavoravano, sono stati colti dal prurito dell'astinente.
Grande cena anche questa sera a base di pasta al pesto vegano, frittatona di cipolle e patate, zuppe, insalata.
Dopo mangiato, libero dalle catene della cucina, finalmente anche io mi sono trasformata in un uomo divano.

Meteo & Guest house
Tempo variabile ma non piove, solo qualche sprazzo di sole, almeno finché non arriviamo al passo per accedere a Mjofjordur, dove ci immergiamo nelle nuvole basse da cui usciremo solo al livello del mare, lasciando le nubi a coprire tutto il fiordo.
La casa e' una scuola: nel paese più piccolo d'Islanda, l'unica struttura in grado di ospitarci. Io e Cassandra vinciamo ancora la camera doppia. Stavolta però qualcuno storce il naso perché vede preferenze nei nostri confronti. Va be, non avendo deciso io le camere, non entro nel merito della polemica.
La cena è ancora una volta un successo in grande stile: minestrone, pasta al pesto vegano, insalatona e frittata di patate e cipolle

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