martedì 14 luglio 2015

Raufarhos - Asbyrgi - Dettifoss - Krafla – Myvatn - 6° giorno


Ci svegliamo nella terribile casa della famiglia Bradford islandese, ben contenti di andarcene. Nessuno però immagina che la rimpiangeremo amaramente.
La prima tappa del giorno è la valle a forma di ferro di cavallo che non siamo riusciti a vedere ieri, Asbyrgi. Per tornarci faremo una strada diversa da quella di ieri: tutta sterrata. Molto rumorosa e vibrante, ma attraversiamo paesaggi ancora più insoliti e sperduti rispetto a quelli visti finora. Più di una volta ci siamo dovuti fermare per colpa di pecore che avevano preso possesso della strada.
Giunti alla valle il trekking è molto breve, ma pittoresco e naturalistico. Molte sono le specie di piante e uccelli che incontriamo sul nostro percorso nonostante il clima rigido.
Ripartiamo alla volta della cascata di Dettifoss. Questa si che è la più grande e potente d'Europa. Ha una portata di 400 metri cubi al secondo.

Mentre siamo vicinissimi al salto di quarantasei metri, un pilastro di basalto si stacca dalla parete di fronte a noi e finisce tra le fauci della cascata con il fragore di un tuono. Rimaniamo ipnotizzati dalle dimensioni ed i suoni del frastuono, ci riempiono di timore ed emozione, ma ci affascinano anche. Qui hanno girato una scena del film Prometeus. Lo so, il film non era granché, ma la cascata merita davvero.
La prossima fermata sarebbe Sellfoss ma il giro per arrivarci è troppo complicato e lungo, per cui dobbiamo rinunciare.
Oramai la costa è lontana, finalmente ci siamo addentrati nell'interno dell'isola. Il vero aspetto dell'Islanda comincia ad emergere. Colate laviche a perdita d'occhio si stendono in ogni direzione. Sembra davvero di essere atterrati su un altro pianeta.
È un misto di paesaggi a volte lunari, a volte marziani, molto simili alle immagini trasmesse dai robottini esploratori inviati sul pianeta rosso. La differenza sta nei colori, invece del rosso e arancione qui dominano il marrone, il grigio, il nero e il giallo dei licheni che lottano tra loro per avere la supremazia della superficie.
Arrivati nei pressi del vulcano Krafla, passiamo attraverso la centrale geotermica che trae energia dal vulcano e la distribuisce in mezza isola. L'Islanda infatti è una super potenza nella produzione dell'energia.


Qui ci sono crateri grandi e piccoli, uno in particolare è abbastanza grande da eguagliare uno stadio di baseball, solo che al posto del prato verde c'è un acqua smeraldina coronata dal ghiacciaio invernale che per la maggior parte dell'anno la ricopre.
Lo giriamo tutto, fino ad arrivare a colorate fumarole che emanano gas dall'odore di uova sode. Anche qui bene ma non benissimo.


Attraversiamo un piccolo ghiacciaio e poi ridiscendiamo dall'altra parte del vulcano. È il primo impatto con un vulcano e ho sempre più la sensazione di stare camminando su un altro mondo. Colori e odori che non ho mai incontrato in natura. Tutto mischiato in un unica ricetta che sa di Islanda.
Subito dopo essere discesi dal vulcano ci spostiamo di poche centinaia di metri per incamminarci verso un altro sito di solfatare e bollitori.
Fa freddo, pioviggina e c'è anche vento, finalmente vediamo un assaggio di quello che potrebbe essere il "normale" clima islandese.
Per arrivarci dobbiamo attraversare diverse lingue di neve, un'operazione che si rivela più faticosa del previsto. Alla fine delle traversate troviamo una passerella che ci porta su un lungo percorso immerso tra le nuvole e i vapori delle solfatare. Il tempo a nostra disposizione non è molto, così dobbiamo scegliere tra un percorso e l'altro.

Prendiamo quello di sinistra e più si avanza tra le nuvole, più diventa un percorso in salita, ma anche maggiormente costellato di strane forme e colori. Si ha quasi la sensazione di entrare in un portale per il mondo degli inferi.


Per fortuna dopo la nebbia sbuchiamo non all'inferno, ma alla base della montagna, sul ghiaccio. Riattraversato le distese di neve riprendiamo il cammino verso l'ultima destinazione, il camping in riva al lago Myvatn.
Stavolta non ci è andata molto bene, anzi, considerando che in questo nuovo posto ci staremo tre giorni, direi che ci è andata molto male.
I container di Santiago mi tornano subito alla mente per il loro livello spartano. Molto simili. La cucina è grande e funzionale, ma serve per tanta gente, forse sarà una dura lotta riuscire a cucinare qualcosa di buono.

Meteo & Guest house
Il sesto giorno il tempo è coperto e freddo, ma per lo meno non piove. Estate islandese piena: noi in giro con cappello e giacca a vento, mentre gli islandesi indossano tranquillamente solo una maglietta, bermuda e infradito.
Il loculo è quello che è: io e Cassandra finiamo in camera con altre tre donne, la prima notte proviamo a dormire nello stesso letto, ma è stretto e scomodo, impossibile dormire.
La cucina invece è grande. In pochi secondi la invadiamo come delle cavallette e ci mettiamo all'opera. Non ce ne è per nessuno, la nostra macchina organizzativa ormai è uno schiaccia sassi e in meno di un ora abbiamo apparecchiato e fatto mettere con le gambe sotto al tavolo diciotto persone. Lasciando la cucina perfettamente in ordine e utilizzabile dagli altri ospiti. Il menu prevede zuppa di cereali e porcini, risotto allo zafferano, contorno megainsalata.

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