Ci
svegliamo nella terribile casa della famiglia Bradford islandese, ben
contenti di andarcene. Nessuno però immagina che la rimpiangeremo
amaramente.
La
prima tappa del giorno è la valle a forma di ferro di cavallo che
non siamo riusciti a vedere ieri, Asbyrgi. Per tornarci faremo una
strada diversa da quella di ieri: tutta sterrata. Molto rumorosa e
vibrante, ma attraversiamo paesaggi ancora più insoliti e sperduti
rispetto a quelli visti finora. Più di una volta ci siamo dovuti
fermare per colpa di pecore che avevano preso possesso della strada.
Giunti
alla valle il trekking è molto breve, ma pittoresco e naturalistico.
Molte sono le specie di piante e uccelli che incontriamo sul nostro
percorso nonostante il clima rigido.
Ripartiamo
alla volta della cascata di Dettifoss. Questa si che è la più
grande e potente d'Europa. Ha una portata di 400 metri cubi al
secondo.
Mentre
siamo vicinissimi al salto di quarantasei metri, un pilastro di
basalto si stacca dalla parete di fronte a noi e finisce tra le fauci
della cascata con il fragore di un tuono. Rimaniamo ipnotizzati dalle
dimensioni ed i suoni del frastuono, ci riempiono di timore ed
emozione, ma ci affascinano anche. Qui hanno girato una scena del
film Prometeus. Lo so, il film non era granché, ma la cascata merita
davvero.
La
prossima fermata sarebbe Sellfoss ma il giro per arrivarci è troppo
complicato e lungo, per cui dobbiamo rinunciare.
Oramai
la costa è lontana, finalmente ci siamo addentrati nell'interno
dell'isola. Il vero aspetto dell'Islanda comincia ad emergere. Colate
laviche a perdita d'occhio si stendono in ogni direzione. Sembra
davvero di essere atterrati su un altro pianeta.
È
un misto di paesaggi a volte lunari, a volte marziani, molto simili
alle immagini trasmesse dai robottini esploratori inviati sul pianeta
rosso. La differenza sta nei colori, invece del rosso e arancione qui
dominano il marrone, il grigio, il nero e il giallo dei licheni che
lottano tra loro per avere la supremazia della superficie.
Arrivati
nei pressi del vulcano Krafla, passiamo attraverso la centrale
geotermica che trae energia dal vulcano e la distribuisce in mezza
isola. L'Islanda infatti è una super potenza nella produzione
dell'energia.
Qui
ci sono crateri grandi e piccoli, uno in particolare è abbastanza
grande da eguagliare uno stadio di baseball, solo che al posto del
prato verde c'è un acqua smeraldina coronata dal ghiacciaio
invernale che per la maggior parte dell'anno la ricopre.
Lo
giriamo tutto, fino ad arrivare a colorate fumarole che emanano gas
dall'odore di uova sode. Anche qui bene ma non benissimo.
Attraversiamo
un piccolo ghiacciaio e poi ridiscendiamo dall'altra parte del
vulcano. È il primo impatto con un vulcano e ho sempre più la
sensazione di stare camminando su un altro mondo. Colori e odori che
non ho mai incontrato in natura. Tutto mischiato in un unica ricetta
che sa di Islanda.
Subito
dopo essere discesi dal vulcano ci spostiamo di poche centinaia di
metri per incamminarci verso un altro sito di solfatare e bollitori.
Fa
freddo, pioviggina e c'è anche vento, finalmente vediamo un assaggio
di quello che potrebbe essere il "normale" clima islandese.
Per
arrivarci dobbiamo attraversare diverse lingue di neve, un'operazione
che si rivela più faticosa del previsto. Alla fine delle traversate
troviamo una passerella che ci porta su un lungo percorso immerso tra
le nuvole e i vapori delle solfatare. Il tempo a nostra disposizione
non è molto, così dobbiamo scegliere tra un percorso e l'altro.
Prendiamo
quello di sinistra e più si avanza tra le nuvole, più diventa un
percorso in salita, ma anche maggiormente costellato di strane forme
e colori. Si ha quasi la sensazione di entrare in un portale per il
mondo degli inferi.
Per
fortuna dopo la nebbia sbuchiamo non all'inferno, ma alla base della
montagna, sul ghiaccio. Riattraversato le distese di neve riprendiamo
il cammino verso l'ultima destinazione, il camping in riva al lago
Myvatn.
Stavolta
non ci è andata molto bene, anzi, considerando che in questo nuovo
posto ci staremo tre giorni, direi che ci è andata molto male.
I
container di Santiago mi tornano subito alla mente per il loro
livello spartano. Molto simili. La cucina è grande e funzionale, ma
serve per tanta gente, forse sarà una dura lotta riuscire a cucinare
qualcosa di buono.
Meteo
& Guest house
Il
sesto giorno il tempo è coperto e freddo, ma per lo meno non piove.
Estate islandese piena: noi in giro con cappello e giacca a vento,
mentre gli islandesi indossano tranquillamente solo una maglietta,
bermuda e infradito.
Il
loculo è quello che è: io e Cassandra finiamo in camera con altre
tre donne, la prima notte proviamo a dormire nello stesso letto, ma è
stretto e scomodo, impossibile dormire.
La
cucina invece è grande. In pochi secondi la invadiamo come delle
cavallette e ci mettiamo all'opera. Non ce ne è per nessuno, la
nostra macchina organizzativa ormai è uno schiaccia sassi e in meno
di un ora abbiamo apparecchiato e fatto mettere con le gambe sotto al
tavolo diciotto persone. Lasciando la cucina perfettamente in ordine
e utilizzabile dagli altri ospiti. Il menu prevede zuppa di cereali e
porcini, risotto allo zafferano, contorno megainsalata.
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