giovedì 25 luglio 2019

Giorno 8 - Valdez - Crociera al ghiacciaio Columbia



Giornata fredda, rispetto alle precedenti almeno. Ci aspetta la crociera sul catamarano, che poi è una grande barca da 150 passeggeri. Le nuvole oggi sono così basse che sembra ci sia la nebbia. Speriamo che uscendo in mare si sollevi altrimenti mi sembrerà di navigare sul laghetto della Decima a L'Oca di Trevi.
Ci mettiamo in coda per essere imbarcati, con tutti gli altri passeggeri che rimangono abbastanza silenziosi, una partenza in sordina per questa escursione marittima.
Partendo dal fondo del fiordo di Valdez, ci fermiamo quasi subito per vedere un nido di aquila. La proprietaria di casa è un po' schiva, come tutte le vip, e rimane nascosta.
Proseguiamo allora e troviamo alcune simpatiche otarie che si stanno rilassando a pancia all’aria e mani congiunte. Neanche fossero immerse in un’acqua glaciale, si lasciano trasportare dalla corrente come se si stessero godendo il refrigerio che noi potremmo sperimentare nuotando in una piscina estiva... invece siamo in Alaska e si gela anche qui sul ponte della nave.
Il prossimo avvistamento sono dei delfini, ma erano troppo lontani per essere fotografati. Usciti dal fiordo, verde e bellissimo, ci dirigiamo al largo. Non passa molto tempo prima che venga avvistata una balena! Soffia laggiù! Due o tre respiri con la schiena ricurva che spunta e si immerge e poi ci mostra la coda, segnale che sta per scomparire. Punto il cronometro a quattro minuti e aspetto. È il tempo medio che di solito impiegano per riemergere e prendere fiato. In realtà i minuti potrebbero essere anche 5, ma così io mi preparo con la macchina fotografica.

La balena riappare, ma ovviamente non nello stesso punto, costringendoci all'inseguimento per tre volte. Tra un pedinamento e l'altro passiamo davanti alla spiaggia dei leoni marini che si rilassano prendendo il sole.
La maggior parte sono ammassati vicino alla riva, altri invece si sono arrampicati un po' troppo in alto. Temo che quando vorranno scendere non sarà così indolore...
Quando la balena riemerge riprendiamo l'inseguimento finché non è ora di andare verso il ghiacciaio Columbia.
Prima però avvistiamo qualche foca che riposa sui piccoli iceberg galleggianti.
Man mano che ci addentriamo nell'altro fiordo il catamarano rallenta per schivare i pezzi di ghiaccio che, da pochi e distanti, sono sempre più numerosi e grandi. Giusto per evitare di fare un seguito al film “Titanic”, che poi i seguiti non vengono mai bene.

Resisto sul ponte da solo e quasi mi sento come Di Caprio quando si è congelato. Ma io non cedo e rimango piantato per terra a godermi il ghiaccio che crepita come se stesse bollendo e rompendo per l'alta temperatura. Solo ora mi accorgo che oltre a me sul ponte sono rimasti i ragazzi della nave, che indossano una semplice polo e un giubbino antivento.
Io invece sono coperto il più possibile e nonostante non dovrebbe passare un filo d'aria, mi sto gelando.
Probabilmente per loro non fa così freddo. Non oso immaginare come potrebbe essere l'inverno da queste parti.
Avanziamo finché il ghiaccio lo permette, quindi fermiamo i motori ed inizia la mattanza fotografica. Faccio appena in tempo a fare qualche scatto in solitaria quando il mio bonus scade e vengo circondato da un gruppo di coreani che con una serie infinita di selfie, si prende la maggior parte del palcoscenico, e delle imprecazioni. 
Semple li moltacci lolo.
Dal 1998 il ghiacciaio si è ridotto tantissimo e, se prima ricopriva parte del fiordo che abbiamo navigato, ora si è diviso in due e lo strato vero e proprio inizia quasi dalla terra ferma.
Anche se siamo lontani, come già visto al St. Elias, quando il ghiaccio non è sporcato dalle rocce nere delle montagne che ha sgretolato, appare bianco con un cuore azzurro che fa pensare alla sua purezza incontaminata. In realtà è un effetto ottico: il ghiaccio, così compresso e compattato, assorbe tutti i colori tranne l’azzurro.
A dimostrazione di questa tesi i ragazzi del catamarano hanno appena pescato un iceberg da una decina di chili e lo passano tra i tavoli. Essendo pulito da qualunque residuo appare completamente trasparente.
Durante il ritorno scorgiamo, lontanissime su una parete, delle capre di Dall. Nemmeno con lo zoom a 80x si vedono benissimo, ma i ragazzi della barca ci assicurano che sono loro.
Ci imbattiamo poi in un altro branco di otarie che riposano su dei piccoli iceberg. Quando ci avviciniamo le onde fanno sobbalzare il ghiaccio che inizia ad ondeggiare.
Inevitabilmente le otarie si voltano verso di noi per vedere chi è arrivato a rompere.... il ghiaccio.
Sarà che il ponte è infestato dai coreani, ma gli si legge chiaro in faccia che stanno dicendo: Eccallà! Altli lompi cojoni! 
Quindi si tuffano.
All’uscita del fiordo cerchiamo le orche assassine, ma vediamo solo, si fa per dire, un'altra balena.
Delle Killer whale neanche l’ombra. La nostra delusione è tangibile, anche perché la vera preda, rara da fotografare, era proprio l’orca, difficile quasi quanto il leopardo in Africa. Ci consoliamo con le divertenti storie di Alessandro sui salbanei: dei piccoli folletti veneti e dispettosi che ti nascondono le tue cose sotto gli occhi e non te le fanno più trovare. 
Era dall'inizio del viaggio infatti che sentivamo Alessandro imprecare contro questi salbanei quando cercava qualcosa.
Questa mattina per esempio, quando si è svegliato è andato in bagno, appena uscito non ha più trovato le calze.
- O porca miseria i salbanei! I ma frega’ i calzeti!
Alessandro si è messo a cercarli per tutta la stanza mettendola a soqquadro. Nel frattempo Alberto ha iniziato a guardarlo con crescente terrore. Dopo l’ennesimo ribaltamento di cuscini, zaini e piumone, nonché imprecazioni ai salbanei, Alberto finalmente capisce cosa è successo:
- Ma stai cercando dei calzini?
Alessandro lo fissa con quello sguardo deciso, come se volesse chiedere: “Mi prendi in giro?”
Alberto allora va a prendere il sacchetto dei suoi panni sporchi... Dove ha infilato i calzini puliti di Alessandro, pensando che fossero i suoi.
Altro che salbanei: ora ci sono anche i sardanei!
Solo allora Alberto, come richiamato dal racconto di Alessandro, ricompare finalmente dopo essere stato per tutto il viaggio all'aperto sul ponte. Che tempra.
Rientrati in porto diciamo che, nonostante le orche, mi posso ritenere più che soddisfatto per quello che ho visto, poteva andare molto peggio, potevano piovere salbanei.

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