Poco lontano da Pitigliano c’è
Sovana, piccolissimo borgo, ovviamente in tufo, raccolto attorno al centro in
un'unica lunga via che, passando per la Chiesa di Santa Maria Maggiore,
va alla Rocca Aldobrandesca in restauro. Al centro c'è anche un ufficio
postale molto carino con il suo orologio. Dall’altra parte del borgo invece si
arriva alla Concattedrale di San Pietro.
La nostra meta odierna erano le
necropoli che stanno poco fuori del borgo. Prima però ci soffermiamo ad
ammirare gli affreschi Santa Maria Maggiore e poi l’interno della Concattedrale,
molto belle entrambe. Meritavano.
Mentre stiamo per andare a vedere
anche il Museo di San Mamiliano (accanto alla Chiesa di Santa Maria
Maggiore), sentiamo un barista del posto che discute con un vecchietto.
- Oggi hanno messo pioggia.
- Eh un po’ di pioggia che vvoi
cchessia?
- Ma dice che piove a brutto muso
proprio, più brutto del tuo, questo è il problema!
Le previsioni fatte da gente del
posto non sono mai da sottovalutare, soprattutto perché il vecchietto era
davvero brutto.
Senza perdere altro tempo
saltiamo in auto e andiamo subito alla Necropoli etrusca di Sovana, museo
all’aperto. Un paio di minuti di auto e siamo lì.
Nota dolente: nonostante il biglietto
d’ingresso, (rigorosamente cash, no bancomat!) al museo non ci sono bagni.
Nemmeno una fontanella. Al massimo vendono le bottiglie da mezzo litro alla biglietteria
(viva l’ecologia!).
La mancanza del bagno, bancomat e
fontanella, è sopperita dalle indicazioni che riesco ad estorcere alla
bigliettaia: oltre a questa necropoli ce ne sono almeno altre tre sparse
attorno a Sovana. Una ce la sconsiglia perché non si vede molto ed è difficile
da raggiungere. Le altre invece dovrebbero meritare e sono anche ad ingresso
libero.
Per prima cosa saliamo a vedere
le tombe di questa necropoli musealizzata.
La prima che incontriamo è quella
dei Demoni Alati. Nonostante non sia più nella forma originale, dietro
una grata si vede una nicchia con all’interno il sarcofago di una donna
adagiata sul suo giaciglio. Si notano ancora molto bene i residui di colore.
Al lato c’è una statua di donna
con quella che doveva essere un leone, proprio davanti a lei. Adagiati a terra
ci sono i demoni alati che dovevano costituire il timpano decorativo sopra la
tomba.
Delle decorazioni che ricordo
aver visto di persona, queste sono tra le più belle e meglio conservate.
Perfino meglio delle Tombe Doriche di Norchia, sebbene devo ammettere
che quelle sono ancora al loro posto.
Proseguiamo verso sinistra dove
ci sono altre tombe. Arriviamo a ciò che rimane della grande Tomba Pola,
sepoltura monumentale ormai crollata sotto il proprio peso. Anche il grande
ingresso scavato molto in profondità è crollato ed è transennato.
Non c’è in giro nessuno, quindi
scavalco. Giusto per dare un'occhiatina, dai.
All’interno è molto spaziosa, non
saprei nemmeno quantificare per quante sepolture era stata costruita. Forse è
la più grande in cui sia mai entrato.
Torniamo indietro e andiamo alla
cosiddetta Tomba Ildebranda, la più famosa della zona.
Anche questa monumentale in parte
ancora integra. Per lo meno se ne intuisce la forma che doveva avere un tempo.
Purtroppo quando sono state
scoperte erano tutte molto più integre, specie quelle protette dal terreno che
le aveva ricoperte. Via vai di turisti, scavi non sempre (meglio dire quasi
mai) “archeologici”, soprattutto elementi come aria e in particolar modo acqua,
ne hanno segnato il destino inesorabilmente riducendole letteralmente ai minimi
termini.
In ogni caso oggi le vediamo
così, chissà per quanto tempo ancora reggeranno.
Ai piedi dell’Ildebranda
ci sono alcune camere sepolcrali che, scendendo gli scalini scavati nel tufo,
si possono visitare.
Ora ci restano solo le vie cave.
La prima è corta ma molto bella,
la seconda invece molto più lunga e usurata. Essendo così grande probabilmente
è stata usata come strada anche in tempi relativamente recenti.
Mentre scendiamo da questa via
cava il cielo inizia ad oscurarsi riportandomi alla mente il brutto muso del
vecchietto di Sovana.
Acceleriamo il passo e andiamo
alla necropoli che si trova a cinquecento metri più in giù sulla strada.
Saliamo un sentiero e decidiamo
di andare a destra, verso la prima via cava. Altissima, verdissima,
etruschissima.
Facciamo appena in tempo ad
arrivare in fondo alla salita che inizia a piovere. Piove proprio a brutto
muso.
Saliamo gli scalini di ferro che
dovrebbero portare ad un piccolo oratorio, poi vedremo cosa fare.
La piccola camera scavata nel
tufo diventa per noi un riparo dalla pioggia, giusto qualche metro quadro con
una finestrella e un affaccio altissimo sulla via cava sottostante. È così alto
che anche sporgendomi non ne vedo bene il fondo.
All’interno un paio di nicchie e
croci appena scolpite sui muri, unico segno rimasto della vita trascorsa qui da
qualche eremita.
Fuori la pioggia è sempre più
forte e un po’ comincia ad entrare e accumularsi sul pavimento. Chissà nella
via cava quanta acqua sta convogliando...
Rimaniamo quasi mezz’ora in
attesa che spiova. Non succede. Al primo cenno di diminuzione decidiamo la
sortita.
Ci affacciamo alla via cava e
fortunatamente non sembra preda di un’inondazione, per cui scendiamo fino al
sentiero e poi alla strada dove troviamo un gruppo di motociclisti tedeschi
raggomitolati sotto la grondaia del cartellone illustrativo della zona.
Ormai siamo mezzi zuppi.
Decidiamo di proseguire fino alla macchina. Quando arriviamo abbiamo completato
l'opera infradiciando l’altra nostra metà e, ovviamente, appena entriamo in
auto la pioggia smette.
La giornata è ancora lunga.
Scendiamo e sotto un cielo ancora plumbeo e carico di acqua andiamo a vedere
l’altra necropoli indicataci dalla bigliettaia. Si trova a pochi passi al di
sopra del piccolo parcheggio ed è coperta dagli alberi. Non c'è neppure un
cartello. Se non ci fossimo fatti spiegare dov'era, difficilmente l'avremmo
trovata perché dalla strada non si vede nulla.
Il sentiero che costeggia la
montagna è disseminato da numerose tombe, più o meno grandi, ma tutte spoglie e
quasi inaccessibili. Solo in un paio di occasioni troviamo anche dei cartelli
esplicativi e l’accesso ad esse non è ostruito.
Man mano che proseguiamo la
necropoli si rivela sempre più estesa. Nonostante continuiamo a camminare,
ancora non incontriamo la Tomba Pisa, la più grande che ci avevano
indicato. Solo dopo altri dieci minuti di cammino finalmente ci arriviamo.
Anche questa è una delle tombe
più ampia in cui sia mai entrato, molto differente dalla Pola dove c'era
un unico grande ambiente: all'interno di questa infatti sono state scavate ben
nove stanze collegate tra loro senza però rispettare una pianta simmetrica,
come se avessero scavato una nuova stanza all’interno della montagna solo
quando ne avevano bisogno.
Ovviamente non troviamo i
sarcofagi che sono stati portati via da chissà quanto, ma ci sono ancora degli
enormi blocchi di pietra sopra cui questi erano posizionati.
Ispezioniamo le cavità con la
luce dei cellulari perché il buio è totale. Qualcosa si riesce a vedere. Servirebbe una vera torcia, peccato l’abbia
dimenticata a casa...
Usciti gironzoliamo ancora un
pochino in cerca di un colombario, di cui troviamo pochissimi resti.
Torniamo indietro per vedere se
riusciamo a finire di vedere le tombe che prima ci siamo persi causa pioggia.
Il cielo è ancora minaccioso.
Stavolta regge e troviamo le tombe a dado e la Tomba della Sirena.
In realtà mi sembra lo stesso
tipo di demone alato visto questa mattina, anche se più piccolo e peggio
conservato.
In teoria la parte turistica di
Sovana sarebbe finita, ma questa mattina mi sono fatto spiegare dalla
bigliettaia anche come fare per andare a vedere la Tomba del Fauno.
Sebbene ce l'abbia sconsigliata, insistiamo. Prendiamo la macchina, torniamo
dall’altra parte del borgo e parcheggiamo nei pressi di un'ennesima necropoli,
un'altra ancora che non conoscevo e per di più corredata di una bella via cava.
Va beh, ci andiamo dopo.
Imbocchiamo il sentiero
indicatoci dalla bigliettaia e iniziamo a scendere. Per un po’ la via cava è
abbastanza fattibile, poi scompare. Sappiamo che dobbiamo scendere fino al
torrente, attraversarlo e risalire la collina che abbiamo di fronte. Il
torrente lo troviamo, più o meno. Lo attraversiamo con qualche difficoltà e
cerchiamo una via. Purtroppo la troviamo sbarrata da grossi massi franati e non
si vede nemmeno un passaggio. Ci tocca tornare indietro e, con un po’ di fatica
e qualche puntura di ortica, arriviamo alla macchina.
Nonostante tutto io mi butterei
nell'esplorazione dell’altra necropoli, ma Cassandra non ne può più e inizia a
lanciare profezie funeste su quello che potrebbe accaderci se ci addentriamo
ancora nella selva sconosciuta. Cose tipo che moriremo tutti e NON andrà tutto
bene.
Desisto, meglio ascoltare gli dèi
e, dato che le previsioni mettono pioggia a brutto muso anche per i prossimi
giorni in queste zone, torniamo indietro verso Viterbo.