Dopo questa settimana in giro per siti archeologici, la maggior parte confezionati e conservati nella cenere dell'eruzione vulcanica del 79 d.C., lasciamo per ultimo proprio il responsabile: il Vesuvio.
Saliamo in auto fino ad un certo punto, ovvero un parcheggio da dove una navetta carica i turisti e li porta fino all'inizio del sentiero turistico per la modifica cifra di due euro a persona. Sono solo due chilometri da percorrere e io e Cassandra decidiamo di camminare, giusto per scaldarci le gambe in vista della salita.
Arrivati al cancello con tanto di tornello per verificare il pagamento del biglietto di accesso (come il 90% dei biglietti in area vesuviana, da fare rigorosamente on line!), ci avvisano che da qui in poi non ci saranno bagni (ma perché prima dove erano? Forse c’era il “fai da te”?). L’unico bagno chimico che si intravede è solo per i lavoratori locali. Quindi sul Vesuvio è tassativamente vietato sentirsi male da quel punto in poi! Stiamo tutti bene? Perfetto, allora per la modica cifra di quasi 12 euro a testa, e senza possibilità di usufruire di servizi igienici, entriamo praticamente con la testa tra le nuvole basse che circondano la cima del vulcano.
Il sentiero è ampio e tranquillo, si sale senza problemi immersi nelle nuvole e arriviamo al primo avamposto delle guide. Breve sosta in attesa che si formi un gruppo, quindi inizia la visita guidata.
Ci si affaccia alla bocca del vulcano e la guida spiega la storia del sito. Anche se al momento è tranquillissimo, essendo una giornata umida, le fumarole sono ben visibili, anzi, sembra che il vulcano sia in procinto di fare qualcosa di più eclatante. In realtà viene spiegato che la camera magmatica non è al livello di eruzione, difatti il Vesuvio oggi è considerato come livello di attenzione “verde” nonostante le ultime eruzioni siano state puntuali con un periodo di tregua tra una e l'altra di circa quarant'anni. L'ultima è stata nel 1944, direi che siamo un po' in ritardo... La guida invece sostiene che non dovrebbe essere imminente. È sicuro che avverrà, ma non si sa quando.
Il problema è un altro: in tutto questo tempo l'uomo si è abituato ad un vulcano tranquillo e apparentemente spento. Quindi ha cominciato a costruire abusivamente edifici sulle sue pendici, cosa che in passato non era mai avvenuta. Se il Vesuvio eruttasse oggi, non potremmo nemmeno immaginare il disastro che provocherebbe.
In ogni caso è più probabile che eruttino prima i Campi Flegrei, che sono a livello “giallo”. Per tranquillizzare tutti, sembra che anche lì ci vorrà ancora un po' di tempo.
Mentre osserviamo la bocca, notiamo sul fondo diverse centinaia di metri sotto di noi, che ci sono cresciute delle piante, a riprova della calma apparente.
Ci spostiamo, sempre immersi tra le nuvole, un pochino più in là sul ciglio del vulcano dove c'è un'altra casupola e delle grandi basi di cemento. Qui, fino agli inizi del secolo scorso c'era una funicolare e proprio da qui nasce la famosa canzone Funiculì funiculà. Qualcuno del gruppo fa notare che la canzone potrebbe essere riferita alla funicolare di Capri, la guida replica che era la canzone di inaugurazione della funicolare che portava i turisti a questo livello: camminando si entrava nella bocca del Vesuvio, molto più in alto rispetto ad oggi, e si arrivava fino ad una piccola bocca dove usciva un costante rivolo di lava. Ci indica il bordo del cono interno, dove c'è un deciso cambiamento nel colore e nella composizione. Si trova poco sotto al livello di calpestio ed è dove arrivava agli inizi del ‘900, quando con la Funiculì funiculà si andava a passeggiare sulla bocca del vulcano.
Continuiamo a camminare lungo il ciglio e si arriva ad una sorta di rifugio, verso cui scende dall'altro versante un gruppo di turisti che ha fatto un’escursione guidata ad anello. Per curiosità chiedo quanto ci hanno messo e pagato: un'ora per circa 29 euro a testa. Mi sembra un po' troppo, ma effettivamente io non l'ho fatta, magari merita, anche se non credo che lo scoprirò.
Finisce qui questa prima settimana di ferie post Covid, tra impreviste chiusure e incazzature, ma anche siti semi deserti e molto più fruibili di quando ci sono le masse.