Ricordo
che quando ero piccolo avevo sentito parlare di una fitta rete di
cunicoli scavati sotto Roma dai cristiani per sfuggire alla
persecuzione: le catacombe. Fin dal primo momento che l'ho sentito,
questo nome mi ha suscitato un ché di arcaico, allo stesso tempo
affascinante e archeologico.
Fino
a pochi giorni fa le ho sempre immaginate come delle città
sotterranee. Ora so che non sono proprio così.
Le
prime catacombe che Cassandra mi porta a visitare sono quelle dei
santi Marcellino e Pietro.
Siamo
nel quartiere Torpignattara, così detta perché qui c'è una torre
antica, che altro non è se non il mausoleo di Sant'Elena, la madre
dell'imperatore Costantino. Tale torre è ancora in piedi, anche se
non completamente integra. Proprio perché non è intera, si vedono
molto bene che nelle mura ci sono delle anfore chiamate Pignatte.
Furono inserite dai romani durante la costruzione per alleggerire il
peso delle grandi strutture a volta. Da qui deriva il nome del
quartiere. Pare che questo metodo di costruzione sia ancora
largamente diffuso qui a Roma.
Per
accedere alla catacomba la prenotazione è obbligatoria e si viene
accompagnati dalla guida. Arriviamo puntuali per l'ultimo giro del
giorno e scopriamo che saremo solo noi due con la guida.
La
notizia ci coglie di sorpresa, ma Cassandra, essendo un profetessa,
ha una premonizione.
Difatti
le basta uno solo sguardo alla guida, poi una percezione l'assale e
inizia a vaneggiare risposte di un esame di storia dell'arte. Io,
pensando che sia un rituale delle Trite cariatidi, faccio finta di
niente. Solo quando usciremo dalle catacombe Cassandra mi rivelerà
di aver avuto una visione: ha riconosciuto nella guida una
professoressa universitaria di storia dell'arte che l'aveva quasi
bocciata. L'ho sempre detto io che lo shock ed i danni che la scuola
può provocare, a volte sono irreparabile.
Dopo
aver aperto il pesante portone, la guida ci conduce in un corridoio
molto pittoresco fatto di pezzi di lapidi, mausolei e chissà
cos'altro. Tutti reperti ritrovati nella zona li attorno che ne è
ricchissima.
Scendiamo
gli scalini e arriveremo fino ad una profondità di sedici metri. I
cubiculi dove i cristiani venivano a seppellire i morti, furono
scavati nel tufo. Questa è una pietra molto morbida che una volta
scavata e modellata, a contatto con l'aria si indurisce. Proprio come
le città sotterranee della Turchia.
In
pratica le catacombe non erano altro che dei cimiteri, situati fuori
dalle mura della città, dove i cristiani venivano a seppellire i
propri morti. Infatti non li bruciavano come facevano i pagani.
Le
catacombe quindi non erano dei rifugi, e per di più erano conosciute
da tutti i romani, cristiani e non. Va da sé che se fossero stati
dei rifugi i romani non avrebbero fatto molta fatica per trovare i
cristiani da perseguitare.
Esplorando
i livelli visitabili, le tombe sono tutte aperte e non ci sono le
ossa, però si possono vedere i tre tipi di sepolture: quelle
semplici, ovvero la fossa che conteneva giusto il corpo del defunto e
poi veniva chiusa con una lapide con inciso sopra il nome. C'erano
poi gli Arcosoli, che oltre alla fossa avevano una arco sempre
scavato nella roccia, che poteva essere affrescato con le varie
figure tipiche delle sepolture cristiane di quei tempi: l'orante,
figura che accompagna verso l'altro mondo, il battesimo, oppure
l'eucaristia, la pesca miracolosa, una fonte miracolosa, Gesù, gli
angeli e molte altre.
C'erano
poi i cubicula: le cosiddette tombe di famiglia che altro non erano
se non delle stanza in cui venivano scavate nelle pareti le fosse per
i vari membri della famiglia che di volta in volta venivano a
riempire lo stanzino. I più ricchi avevano stanze più grandi, con
arcosoli e anche affreschi. Alcuni erano davvero molto belli.
Devo
dire che percorrendo i lunghi corridoi non sento mai il senso di
claustrofobia che, anche se in rari casi, mi è capitato di
sperimentare nelle città sotterranee della Cappadocia. Il percorso è
piuttosto tortuoso e la voce rassicurante della guida ci conduce fino
alla cappella dove un tempo erano conservati i resti dei santi che
danno il nome alla catacomba.
Durante
i secoli infatti le catacombe divennero superflue perché ormai tutti
erano diventati cristiani e quindi non c'era più bisogno di
seppellire i morti qui. Lo si poteva fare nelle tombe in superficie.
Le
catacombe divennero allora mete di pellegrinaggio in quanto in ognuna
di esse c'era stato sepolto un santo. Questo fino a prima del medio
evo, dopo di ché vennero dimenticate e riscoperte solo nel
diciannovesimo e ventesimo secolo.
Oggi
sono solo sei le catacombe visitabili, ognuna di esse con
un'estensione minima di una decina di chilometri, ma pare che ce ne
siano circa sessanta sotto Roma.
Altro
particolare che elimina del tutto l'idea del rifugio era l'odore.
Nonostante ci fossero delle prese d'aria, qui sotto ci doveva essere
un tremendo odore di putrefazione. Terribile.
Chi
gestiva questi cimiteri? I fossori. Erano loro che scavavano le
tombe, le affrescavano e, forse più spesso di quanto si creda, le
riutilizzavano per seppellire altri morti nelle tombe già scavate.
Bastava girare la lapide e scrivere un nuovo nome.
Usciamo
soddisfatti e torniamo all'aria aperta un pochino più consapevoli,
anche se Cassandra insiste che non è abbastanza e che vuole tornare
a casa per studiare storia dell'arte...
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