sabato 21 febbraio 2015

LE CATACOMBE DI SAN MARCELLINO E PIETRO

Ricordo che quando ero piccolo avevo sentito parlare di una fitta rete di cunicoli scavati sotto Roma dai cristiani per sfuggire alla persecuzione: le catacombe. Fin dal primo momento che l'ho sentito, questo nome mi ha suscitato un ché di arcaico, allo stesso tempo affascinante e archeologico.
Fino a pochi giorni fa le ho sempre immaginate come delle città sotterranee. Ora so che non sono proprio così.
Le prime catacombe che Cassandra mi porta a visitare sono quelle dei santi Marcellino e Pietro.
Siamo nel quartiere Torpignattara, così detta perché qui c'è una torre antica, che altro non è se non il mausoleo di Sant'Elena, la madre dell'imperatore Costantino. Tale torre è ancora in piedi, anche se non completamente integra. Proprio perché non è intera, si vedono molto bene che nelle mura ci sono delle anfore chiamate Pignatte. Furono inserite dai romani durante la costruzione per alleggerire il peso delle grandi strutture a volta. Da qui deriva il nome del quartiere. Pare che questo metodo di costruzione sia ancora largamente diffuso qui a Roma.
Per accedere alla catacomba la prenotazione è obbligatoria e si viene accompagnati dalla guida. Arriviamo puntuali per l'ultimo giro del giorno e scopriamo che saremo solo noi due con la guida.
La notizia ci coglie di sorpresa, ma Cassandra, essendo un profetessa, ha una premonizione.
Difatti le basta uno solo sguardo alla guida, poi una percezione l'assale e inizia a vaneggiare risposte di un esame di storia dell'arte. Io, pensando che sia un rituale delle Trite cariatidi, faccio finta di niente. Solo quando usciremo dalle catacombe Cassandra mi rivelerà di aver avuto una visione: ha riconosciuto nella guida una professoressa universitaria di storia dell'arte che l'aveva quasi bocciata. L'ho sempre detto io che lo shock ed i danni che la scuola può provocare, a volte sono irreparabile.
Dopo aver aperto il pesante portone, la guida ci conduce in un corridoio molto pittoresco fatto di pezzi di lapidi, mausolei e chissà cos'altro. Tutti reperti ritrovati nella zona li attorno che ne è ricchissima.
Scendiamo gli scalini e arriveremo fino ad una profondità di sedici metri. I cubiculi dove i cristiani venivano a seppellire i morti, furono scavati nel tufo. Questa è una pietra molto morbida che una volta scavata e modellata, a contatto con l'aria si indurisce. Proprio come le città sotterranee della Turchia.
In pratica le catacombe non erano altro che dei cimiteri, situati fuori dalle mura della città, dove i cristiani venivano a seppellire i propri morti. Infatti non li bruciavano come facevano i pagani.
Le catacombe quindi non erano dei rifugi, e per di più erano conosciute da tutti i romani, cristiani e non. Va da sé che se fossero stati dei rifugi i romani non avrebbero fatto molta fatica per trovare i cristiani da perseguitare.
Esplorando i livelli visitabili, le tombe sono tutte aperte e non ci sono le ossa, però si possono vedere i tre tipi di sepolture: quelle semplici, ovvero la fossa che conteneva giusto il corpo del defunto e poi veniva chiusa con una lapide con inciso sopra il nome. C'erano poi gli Arcosoli, che oltre alla fossa avevano una arco sempre scavato nella roccia, che poteva essere affrescato con le varie figure tipiche delle sepolture cristiane di quei tempi: l'orante, figura che accompagna verso l'altro mondo, il battesimo, oppure l'eucaristia, la pesca miracolosa, una fonte miracolosa, Gesù, gli angeli e molte altre.
C'erano poi i cubicula: le cosiddette tombe di famiglia che altro non erano se non delle stanza in cui venivano scavate nelle pareti le fosse per i vari membri della famiglia che di volta in volta venivano a riempire lo stanzino. I più ricchi avevano stanze più grandi, con arcosoli e anche affreschi. Alcuni erano davvero molto belli.
Devo dire che percorrendo i lunghi corridoi non sento mai il senso di claustrofobia che, anche se in rari casi, mi è capitato di sperimentare nelle città sotterranee della Cappadocia. Il percorso è piuttosto tortuoso e la voce rassicurante della guida ci conduce fino alla cappella dove un tempo erano conservati i resti dei santi che danno il nome alla catacomba.
Durante i secoli infatti le catacombe divennero superflue perché ormai tutti erano diventati cristiani e quindi non c'era più bisogno di seppellire i morti qui. Lo si poteva fare nelle tombe in superficie.
Le catacombe divennero allora mete di pellegrinaggio in quanto in ognuna di esse c'era stato sepolto un santo. Questo fino a prima del medio evo, dopo di ché vennero dimenticate e riscoperte solo nel diciannovesimo e ventesimo secolo.
Oggi sono solo sei le catacombe visitabili, ognuna di esse con un'estensione minima di una decina di chilometri, ma pare che ce ne siano circa sessanta sotto Roma.
Altro particolare che elimina del tutto l'idea del rifugio era l'odore. Nonostante ci fossero delle prese d'aria, qui sotto ci doveva essere un tremendo odore di putrefazione. Terribile.
Chi gestiva questi cimiteri? I fossori. Erano loro che scavavano le tombe, le affrescavano e, forse più spesso di quanto si creda, le riutilizzavano per seppellire altri morti nelle tombe già scavate. Bastava girare la lapide e scrivere un nuovo nome.
Usciamo soddisfatti e torniamo all'aria aperta un pochino più consapevoli, anche se Cassandra insiste che non è abbastanza e che vuole tornare a casa per studiare storia dell'arte...

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