mercoledì 28 agosto 2024

Medina di Marrakech

Oggi è già l'ultimo giorno di questo viaggio.  L’ultima colazione poteva essere la migliore di tutte, se non fosse stata per la totale disorganizzazione dell’hotel.

Sarà una giornata intensa come il caldo che ci accoglie in piazza mentre siamo in attesa della nostra guida, Faisal.

Con il tipico ritardo marocchino, che va da mezzora a due ore, si presenta con il minimo sindacale di un’ora dopo l'appuntamento. Un signore...

Sembra simpatico, tra l'altro è sposato con un'italiana e vive qui da anni assieme a lei, per cui parla molto bene la nostra lingua.

Racconta un sacco di cose, devo ammettere qualcuna me la sono persa, per cui cercherò di riprendere il discorso della definizione del luogo in cui stiamo per entrare: la medina, significa centro storico. Marrakech venne fondata nell’undicesimo secolo, prima era solo un luogo di transito dove le carovane passavano per andare verso il mare.

Marra, passare, kech, via.

La gente si fermava qui per il baratto approfittando del riparo dei caravanserragli.

In realtà Faisal afferma che in principio era tutto il Marocco a chiamarsi mareakech. Oggi conosciamo l'area del nord Africa, quindi Marocco, Algeria, Libia e Tunisia, come Maghreb, che significa tramonto.

Quando gli arabi hanno iniziato ad espandersi, la parte est del Maghreb la chiamarono Mashreb, noi Medioriente.

È facile rendersi conto che della storia di questa parte di Africa non ne so quasi nulla perché per Faisal sono tutte informazioni base sparate a raffica una dopo l'altra, come se le stesse ripetendo ad un bambino delle elementari. Per me sono completamente nuove e alcune inevitabilmente me le perdo.

Fino al 1800 il Marocco era grandissimo, arrivava addirittura fino al Sudan.

Col tempo si è andato rimpicciolendo e perfino ora anche la parte del Sahara Occidentale è contestata dall’Algeria. È un territorio grandissimo che faceva parte delle conquiste imperiali della Spagna di Franco, poi venne liberato. Ora i due terzi del Sahara occidentale sono sotto il controllo del Marocco, mentre un terzo è occupato dal Fronte Polisario che, grazie agli aiuti militari dell'Algeria lotta contro il Marocco per il diritto di autodeterminazione del territorio.

In realtà in questa fascia di deserto abbandonata ci sono importanti giacimenti che entrambe le parti vorrebbero sfruttare...

E per Maroc TG 24 è tutto, a voi studio.

Il Marocco era meta delle carovane che arrivavano da Timbuktu e andavano a Zagora. Tutto questo movimento commerciale lo mantenne importante soprattutto per la sua vicinanza con l'Europa.

Quando finisce la lezione di storia siamo ancora nella Piazza degli impiccati e il caldo sta aumentando sensibilmente. È ora di spostarci nel suk delle olive e della menta, nella medina. Mentre si prosegue Faisal tiene a ricordare che il famoso the alla menta è stato inventato qui in Marocco.

Subito dopo il suk delle olive incontriamo una piazzetta dove ci sono tanti carretti, ognuno con una persona che aspetta il lavoro.


Effettivamente nella medina ne abbiamo visti tanti di quei carretti.

Riprendiamo a camminare, ci chiede se sappiamo cosa significa riad.

Hotel?

No, paradiso.

Be’, quello dove abbiamo dormito a Meknes era più il purgatorio...

In ogni caso in un riad tutte le stanze sono rivolte all’interno e hanno finestre affacciate all’interno, un po' come le domus romane. 


Faisal a questo punto espone un bel concetto:

“Ci sono tanti pregiudizi sui paesi maghrebini specialmente sul Marocco. Vi svelo il segreto per sgretolare non solo i preconcetti su di noi, ma su qualunque cosa: l’unico modo per eliminarli è viaggiare.”

Sono d'accordo, bisogna viaggiare e non credere a ciò che raccontano in televisione, sui giornali, su internet.

“Per poterlo comprendere si deve vedere con i propri occhi in che mondo viviamo.”

Parole sante.


Usciamo un attimo dalla medina ed entriamo in un museo nuovissimo, fatto all'interno di una antica casa lussuosissima, quella di un Visir. Entrati nel grande cortile ci sono sempre le stanze che si affacciano sul giardino centrale.

 

Trattandosi di un Visir le stanze sono di un livello decisamente elevato. Questo sì che poteva essere definito un riad, ovvero paradiso. Le decorazioni geometriche che adornano ogni parete, colonna, porta, soffitto, sono coloratissime e molto varie.

C'è da perdersi ore a cercare di scattare la fotografia perfetta. Effettivamente non so quanto rimaniamo nel museo, il tempo sembra volare.


Dopo questo bellissimo sito torniamo a perlustrare la medina. Vediamo alcune moschee, da fuori, arriviamo al quartiere degli artigiani di metallo che abbiamo intravisto ieri sera io e Cassandra.

Mentre siamo fermi in una piazzetta ascoltando da Faisal il resoconto del recente terremoto, una signora marocchina che sta trasportando due sacchi di lattine e barattoli, ci vede e li sbatte sonoramente a terra.

Mi giro pensando che sia inciampata. Mentre stiamo per andarcene per non ingolfare la piazzetta, questa inizia a urlare qualcosa contro di noi.

Ossignur... na matta!

Faisal interviene e dice che qualcuno del gruppo le ha scattato una foto.

Sapendo che ho sempre la fotocamera in mano, in diversi mi guardano con disapprovazione, fortunatamente in quel frangente avevo riposto l'attrezzo nella fondina, difatti la sciura punta il dito contro Franchina. Lei ovviamente nega.

Tra le urla di indignazione della sciura marocchina, Faisal con calma si fa dare il telefono da Franchina per mostrare alla sciura che non ci sono foto sue. Per fortuna è così.

Incidente diplomatico rientrato.

Concludiamo la visita con il richiestissimo giro al negozio di cosmetici, dove Cassandra si trasforma in miss carta di credito 2024.

Ad ognuno viene dato un cestino in cui potrà mettere uno dei prodotti che i negozianti ci mostrano.

Neanche a dirlo, Cassandra avrà il cestino pieno e, come sospettavamo, l'olio di Argan che abbiamo visto nella piazza del mercato aveva un colore del tutto diverso da questo perché tagliato almeno al 70% con olio di girasole.

Che girasola! 

Mentre ci salutiamo, la moglie di Faisal che nel frattempo ha raggiunto il consorte, raccomanda vivamente di fare attenzione a dove andiamo a mangiare. Non c'è problema, rido sotto i baffi, non mi prenderanno vivo.

C'era poco da ridere... Solo quando siamo tornati a Roma abbiamo saputo che quel giorno erano morte 8 persone e altre ventotto intossicate, sempre per il cibo...

Subito dopo pranzo abbiamo prenotato la visita ad uno dei posti segnalati come assolutamente da vedere a Marrakesh: i Giardini di Majorelle.

Dopo essere tornati di corsa in hotel dove Yussef ci aspettava per farci da taxi, scopriamo che manca Daniela, che si era addormentata in camera che abbiamo dovuto andare a svegliare…

Durante il percorso di andata, qualcuno leggendo una Lonely l’ha definito uno dei luoghi più instagrammati di Marrakech.

Già qui mi è suonato un campanello d’allarme.

Ammiraglio Akbar, che dice?

Ancora non si esprime.

Per chiarire a chi non mi conosce, sono appassionato della trilogia originale di Guerre stellari. Quando mi accorgo che sto per fare una cavolata, come entrare in un museo o un ristorante che non fanno per me, risuonano nella mia testa le parole di un personaggio del film “Il ritorno dello Jedi”, l’ammiraglio Akbar che, con la sua parlata ciancicata da uomo calamaro, rivela a tutta la flotta spaziale ribelle che sono caduti in un tranello.

Il quartiere dove arriviamo è lussuoso, europeo oserei dire. Del resto era la casa di Yves Sant Laurent.

Ci mettiamo in fila e alle 16:30 entriamo speranzosi di vedere chissà quali meraviglie architettoniche e botaniche. Già di botanica non capisco molto, difatti Akbar inizia ad agitarsi sulla sedia dell'ammiraglia… 

Al primo punto “instagrammabile”, un portico affacciato su una terrazza sopra una parte di giardino, con tutte le parte in muratura di colore blu, Akbar sembra voglia aprire bocca, ma poi ci ripensa. Non è ancora sicuro.

Quando però entriamo nel giardino segreto, che mi ricorda molto un minigolf ben fatto, eccolo che si desta:

“È una chtrappola!”

Eh, grazie al'...alla Forza! Come sempre il suo tempismo è pessimo.

Il giardino segreto è molto ben curato, comunque sembra un minigolf, anzi peggio perché mancano le palline e le buche.

Cerchiamo di scrutare quello che di bello c’è... Anche impegnandoci non troviamo granché.

Pure il resto del gruppo non apprezza questa visita, me ne accorgo dal fatto che prima della metà del giro sono rimasto tra i pochissimi ancora in cerca di qualche scorcio instagr.... decente.

Verso la fine del giro c’è però un ponte blu cobalto che porta ad un laghetto e all’edificio del Museo berbero. La casa è bella, difatti chiunque abbia una macchina fotografica o un telefono ci gira attorno come un nugolo di api attirate dal miele. Qualche foto in grazia riesco a farla ma c'è davvero troppa gente, così cerco rifugio nel museo che, sebbene piccolo, è molto bello e vi si respira un’atmosfera berbera. Oggetti, utensili, gioielli e vestiti. Purtroppo le spiegazioni sono quasi tutte in francese. Lingua che non conosco e non riesco a leggere, è più forte di me, il francese mi è ostico... Come quando Fonzie non riusciva a pronunciare la frase “ho sbagliato”. Il francese mi blocca…

Comunque fuori dal museo giro attorno all’edificio e trovo altri angoli e scorci molto belli. C’è da picchiarsi per avere lo spazio giusto, alla fine dopo tre knock-out con delle turiste indiane trovo anche io il mio angolo.

Con calma esco, devo ammettere che la spesa per questo giardino non è giustificabile.

Sarà che ormai ho viaggiato un pochino e inizio ad avere un livello di “meraviglia” un pochino sopra la media. In Italia ci sono almeno quattro o cinque giardini botanici che sono moooolto meglio, per citarne un paio vicino Roma i giardini di Ninfa e Villa d’Este. Poi il parco Sigurtà sul lago di Garda, e molti altri.

In serata, non ancora paga dello shopping, Cassandra mi fa scarpinare per un chilometro e mezzo sotto il sole per arrivare ad un Carrefour in cerca di cosmetici a buon prezzo.

Non si scomodi ammiraglio, già lo sapevo prima di mettermi in marcia che era una chtrappola, ma ci vado lo stesso.

Va be’, almeno lei riuscirà a portare a casa qualcosa di utile da questo viaggio.

Per quanto mi riguarda non ho trovato nulla di veramente irrinunciabile.

C’era una specie di felpa con cappuccio, ma era invernale e con questo caldo mi mancava l’aria solo a guardarla.

Che dire, bello il Marocco, ne abbiamo visto troppo poco e tutto di corsa. Toccherà tornare, magari in una stagione più fresca e con più tempo a disposizione... Prima però vorrei visitare un posto più fresco, magari isolato... Ah no, la prossima tappa è già definita, mi devo solo preparare fisicamente.

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