Sarà una giornata intensa come il caldo
che ci accoglie in piazza mentre siamo in attesa della nostra guida, Faisal.
Con il tipico ritardo marocchino, che va
da mezzora a due ore, si presenta con il minimo sindacale di un’ora dopo
l'appuntamento. Un signore...
Sembra simpatico, tra l'altro è sposato
con un'italiana e vive qui da anni assieme a lei, per cui parla molto bene la
nostra lingua.
Racconta un sacco di cose, devo ammettere
qualcuna me la sono persa, per cui cercherò di riprendere il discorso della
definizione del luogo in cui stiamo per entrare: la medina, significa centro
storico. Marrakech venne fondata nell’undicesimo secolo, prima era solo un
luogo di transito dove le carovane passavano per andare verso il mare.
Marra, passare, kech, via.
La gente si fermava qui per il baratto
approfittando del riparo dei caravanserragli.
In realtà Faisal afferma che in principio
era tutto il Marocco a chiamarsi mareakech. Oggi conosciamo l'area del nord
Africa, quindi Marocco, Algeria, Libia e Tunisia, come Maghreb,
che significa tramonto.
Quando gli arabi hanno iniziato ad
espandersi, la parte est del Maghreb la chiamarono Mashreb, noi Medioriente.
È facile rendersi conto che della storia
di questa parte di Africa non ne so quasi nulla perché per Faisal sono tutte
informazioni base sparate a raffica una dopo l'altra, come se le stesse
ripetendo ad un bambino delle elementari. Per me sono completamente nuove e
alcune inevitabilmente me le perdo.
Fino al 1800 il Marocco era grandissimo,
arrivava addirittura fino al Sudan.
Col tempo si è andato rimpicciolendo e
perfino ora anche la parte del Sahara Occidentale è contestata dall’Algeria. È
un territorio grandissimo che faceva parte delle conquiste imperiali della
Spagna di Franco, poi venne liberato. Ora i due terzi del Sahara occidentale
sono sotto il controllo del Marocco, mentre un terzo è occupato dal Fronte
Polisario che, grazie agli aiuti militari dell'Algeria lotta contro il Marocco
per il diritto di autodeterminazione del territorio.
In realtà in questa fascia di deserto
abbandonata ci sono importanti giacimenti che entrambe le parti vorrebbero
sfruttare...
E per Maroc TG 24 è tutto, a voi studio.
Il Marocco era meta delle carovane che
arrivavano da Timbuktu e andavano a Zagora. Tutto questo movimento commerciale
lo mantenne importante soprattutto per la sua vicinanza con l'Europa.
Quando finisce la lezione di storia siamo
ancora nella Piazza degli impiccati e il caldo sta aumentando sensibilmente. È
ora di spostarci nel suk delle olive e della menta, nella medina. Mentre si
prosegue Faisal tiene a ricordare che il famoso the alla menta è stato
inventato qui in Marocco.
Subito dopo il suk delle olive incontriamo una piazzetta dove ci sono tanti carretti, ognuno con una persona che aspetta il lavoro.
Riprendiamo a camminare, ci chiede se
sappiamo cosa significa riad.
Hotel?
No, paradiso.
Be’, quello dove abbiamo dormito a Meknes
era più il purgatorio...
In ogni caso in un riad tutte le stanze sono rivolte all’interno e hanno finestre affacciate all’interno, un po' come le domus romane.
“Ci sono tanti pregiudizi sui paesi
maghrebini specialmente sul Marocco. Vi svelo il segreto per sgretolare non
solo i preconcetti su di noi, ma su qualunque cosa: l’unico modo per eliminarli
è viaggiare.”
Sono d'accordo, bisogna viaggiare e non
credere a ciò che raccontano in televisione, sui giornali, su internet.
“Per poterlo comprendere si deve vedere
con i propri occhi in che mondo viviamo.”
Parole sante.
Trattandosi di un Visir le stanze sono di
un livello decisamente elevato. Questo sì che poteva essere definito un riad,
ovvero paradiso. Le decorazioni geometriche che adornano ogni parete, colonna,
porta, soffitto, sono coloratissime e molto varie.
C'è da perdersi ore a cercare di scattare la fotografia perfetta. Effettivamente non so quanto rimaniamo nel museo, il tempo sembra volare.
Mentre siamo fermi in una piazzetta
ascoltando da Faisal il resoconto del recente terremoto, una signora marocchina
che sta trasportando due sacchi di lattine e barattoli, ci vede e li sbatte
sonoramente a terra.
Mi giro pensando che sia inciampata.
Mentre stiamo per andarcene per non ingolfare la piazzetta, questa inizia a
urlare qualcosa contro di noi.
Ossignur... na matta!
Faisal interviene e dice che qualcuno del
gruppo le ha scattato una foto.
Sapendo che ho sempre la fotocamera in
mano, in diversi mi guardano con disapprovazione, fortunatamente in quel
frangente avevo riposto l'attrezzo nella fondina, difatti la sciura punta il
dito contro Franchina. Lei ovviamente nega.
Tra le urla di indignazione della sciura
marocchina, Faisal con calma si fa dare il telefono da Franchina per mostrare
alla sciura che non ci sono foto sue. Per fortuna è così.
Incidente diplomatico rientrato.
Ad ognuno viene dato un cestino in cui
potrà mettere uno dei prodotti che i negozianti ci mostrano.
Neanche a dirlo, Cassandra avrà il
cestino pieno e, come sospettavamo, l'olio di Argan che abbiamo visto nella
piazza del mercato aveva un colore del tutto diverso da questo perché tagliato
almeno al 70% con olio di girasole.
Che girasola!
Mentre ci salutiamo, la moglie di Faisal che nel frattempo ha raggiunto il consorte, raccomanda vivamente di fare attenzione a dove andiamo a mangiare. Non c'è problema, rido sotto i baffi, non mi prenderanno vivo.
Subito dopo pranzo abbiamo prenotato la
visita ad uno dei posti segnalati come assolutamente da vedere a Marrakesh: i
Giardini di Majorelle.
Dopo essere tornati di corsa in hotel
dove Yussef ci aspettava per farci da taxi, scopriamo che manca Daniela, che si
era addormentata in camera che abbiamo dovuto andare a svegliare…
Durante il percorso di andata, qualcuno leggendo una Lonely l’ha definito uno dei luoghi più instagrammati di Marrakech.
Ammiraglio Akbar, che dice?
Ancora non si esprime.
Per chiarire a chi non mi conosce, sono appassionato della trilogia originale di Guerre stellari. Quando mi accorgo che sto per fare una cavolata, come entrare in un museo o un ristorante che non fanno per me, risuonano nella mia testa le parole di un personaggio del film “Il ritorno dello Jedi”, l’ammiraglio Akbar che, con la sua parlata ciancicata da uomo calamaro, rivela a tutta la flotta spaziale ribelle che sono caduti in un tranello.
Ci mettiamo in fila e alle 16:30 entriamo speranzosi di vedere chissà quali meraviglie architettoniche e botaniche. Già di botanica non capisco molto, difatti Akbar inizia ad agitarsi sulla sedia dell'ammiraglia…
Quando però entriamo nel giardino
segreto, che mi ricorda molto un minigolf ben fatto, eccolo che si desta:
“È una chtrappola!”
Eh, grazie al'...alla Forza! Come sempre il suo tempismo è pessimo.
Cerchiamo di scrutare quello che di bello
c’è... Anche impegnandoci non troviamo granché.
Pure il resto del gruppo non apprezza
questa visita, me ne accorgo dal fatto che prima della metà del giro sono
rimasto tra i pochissimi ancora in cerca di qualche scorcio instagr....
decente.
Verso la fine del giro c’è però un ponte
blu cobalto che porta ad un laghetto e all’edificio del Museo berbero. La casa
è bella, difatti chiunque abbia una macchina fotografica o un telefono ci gira
attorno come un nugolo di api attirate dal miele. Qualche foto in grazia riesco
a farla ma c'è davvero troppa gente, così cerco rifugio nel museo che, sebbene
piccolo, è molto bello e vi si respira un’atmosfera berbera. Oggetti, utensili,
gioielli e vestiti. Purtroppo le spiegazioni sono quasi tutte in francese.
Lingua che non conosco e non riesco a leggere, è più forte di me, il francese
mi è ostico... Come quando Fonzie non riusciva a pronunciare la frase “ho
sbagliato”. Il francese mi blocca…
Comunque fuori dal museo giro attorno
all’edificio e trovo altri angoli e scorci molto belli. C’è da picchiarsi per
avere lo spazio giusto, alla fine dopo tre knock-out con delle turiste indiane
trovo anche io il mio angolo.
Con calma esco, devo ammettere che la
spesa per questo giardino non è giustificabile.
Sarà che ormai ho viaggiato un pochino e
inizio ad avere un livello di “meraviglia” un pochino sopra la media. In Italia
ci sono almeno quattro o cinque giardini botanici che sono moooolto meglio, per
citarne un paio vicino Roma i giardini di Ninfa e Villa d’Este. Poi il parco
Sigurtà sul lago di Garda, e molti altri.
In serata, non ancora paga dello
shopping, Cassandra mi fa scarpinare per un chilometro e mezzo sotto il sole
per arrivare ad un Carrefour in cerca di cosmetici a buon prezzo.
Non si scomodi ammiraglio, già lo sapevo
prima di mettermi in marcia che era una chtrappola, ma ci vado lo stesso.
Va be’, almeno lei riuscirà a portare a
casa qualcosa di utile da questo viaggio.
Per quanto mi riguarda non ho trovato
nulla di veramente irrinunciabile.
C’era una specie di felpa con cappuccio,
ma era invernale e con questo caldo mi mancava l’aria solo a guardarla.
Che dire, bello il Marocco, ne abbiamo
visto troppo poco e tutto di corsa. Toccherà tornare, magari in una stagione
più fresca e con più tempo a disposizione... Prima però vorrei visitare un
posto più fresco, magari isolato... Ah no, la prossima tappa è già definita, mi
devo solo preparare fisicamente.
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